Crisi. Lacrimogeni contro i profughi siriani, Grecia blocca il passaggio dalla Turchia
Marta Ottaviani sabato 29 febbraio 2020
La polizia di Atene ha impedito l’ingresso di 4.000 sfollati “liberati” da Ankara. Bloccati nella terra di nessuno sono allo stremo
La Turchia alza i toni, il clima sul confine con la Grecia diviene sempre più violento e le isole elleniche rischiano di esplodere. Sono passate appena poche ore dalla decisione della Mezzaluna di riaprire le frontiere in risposta al dramma di Idlib. Dal punto di vista umanitario, siamo sull’orlo di una tragedia difficilmente gestibile, da quello diplomatico a pochi giorni dall’incontro fra Erdogan e Putin, si è ancora lontani da una de-escalation nel nord della Siria che freni anche il flusso migratorio verso il confine turco, e, di conseguenza, verso l’Europa. La frontiera greca, però, rimane blindata e si prepara a respingere un numero che supera già le 20mila persone. Tale cifra potrebbe aumentare esponenzialmente nelle prossime ore. I poliziotti hanno respinto a suon di cariche e lacrimogeni circa 4mila migranti che sognavano di passare sul territorio dell’Unione Europea. I quali hanno reagito lanciando pietre.
Non va meglio sulle isole di fronte alla Turchia, che, nonostante la stagione non sia delle migliori, da venerdì, hanno visto lo sbarco di circa 150 migranti, soprattutto a Lesbo, Samos e Leros.
Si tratta di territori già messi a dura prova dai flussi migratori, dove i rifugiati vivono in condizioni disumane e dove, nella notte, si sono verificati diversi scontri con la polizia, che fatica sempre di più a tenere la situazione sotto controllo. Non va meglio in Turchia, dove, nella città di Istanbul, i biglietti per gli autobus diretti verso il confine sono ormai oggetto di contrabbando, con famiglie intere disposte a pagare anche un prezzo maggiorato pur di partire. Fonti sul posto hanno rivelato ad Avvenire che alcuni pullman sono messi a disposizione direttamente dal governo di Ankara, ben felice di favorire lo spostamento di migranti, non solo siriani, ma anche afghani e pachistani. Il muro eretto al confine con la Siria, lungo oltre 700 chilometri, invece, rimane ermeticamente chiuso, tenendo fuori, in balìa della violenza e della guerra, migliaia di persone disperate, soprattutto donne e bambini che cercano di fuggire dalla morte. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, va avanti imperterrito con la sua linea.
Lacrimogeni contro i profughi – Ansa
Dopo aver annunciato che l’esercito della Mezzaluna ha ucciso 2.100 soldati di Assad e distrutto 300 mezzi dell’esercito lealista, il capo di Stato ha ribadito che la Turchia non può sopportare un’altra ondata di migranti. «Le nostre frontiere verso l’Europa resteranno aperte», ha affermato Erdogan, che ieri ha parlato al telefono con il premier ungherese Viktor Orban, il quale, dopo il colloquio, ha rafforzato la frontiera con la Serbia, segno che il panico sul confine greco è destinato a espandersi presto anche nel cuore dell’Europa. Il rischio, è che migliaia di persone, ammesso che riescano a passare, rimangano poi bloccate nei Balcani, in territori già poveri di loro, non in grado di fronteggiare un’emergenza del genere e in un periodo dell’anno in cui le temperature sono gelide. Tutti gli occhi sono puntati sul confronto fra Erdogan e Putin, previsto per la settimana prossima.
Il leader turco è pronto a fare pesare i 34 militari che hanno perso la vita nel bombardamento di venerdì notte, che si vanno ad aggiungere altri altri 17 morti in febbraio. Al capo del Cremlino ha detto chiaramente di farsi da parte in Siria e lasciargli fare con Assad «quello che si deve». La possibilità di un cessate il fuoco nel breve periodo diventa sempre più remota.
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