C’è un paese appollaiato su una collina tra due torrenti, spazzato da venti gelidi d’inverno e da una fresca brezza d’estate, c’è una torre che domina, muta e silente sentinella, una grande piazza al cui centro c’è una fontana, c’è un lungo viale alberato che spazia sull’orizzonte. E’ un villaggio dove c’è tutto, la chiesa madre sulla sommità della collina del centro storico, la piazzetta con il fontanino accanto al municipio, la farmacia e il bar nella piazza. La grande piazza, quieta per la gran parte del tempo, risuona durante l’anno di briose musiche popolari e giovani del gruppo folcloristico calpestano a ritmo le secolari pietre riproponendo tarantelle con ai piedi gli scarpitti. Non manca nulla in questo ameno borgo abitato da gente tenace e seria ove ci si conosce tutti e tutti ci si saluta tuttavia, come in tutti i paesi dove bisogna andarci apposta oppure capitarci smarriti perché custodito tra boschi verdi e rigogliosi, ci sono personaggi che segnano il tempo e restano nella memoria collettiva, alcuni perché hanno avuto un carattere significativo altri perché geniali nella loro semplicità. Di loro vi racconteremo, di questi piccoli grandi personaggi che non devono essere dimenticati. Insieme a voi passeggeremo nel tempo e nella storia chiedendovi la pazienza di darci il tempo di ricordare poiché tutti i ricordi nascono e si alimentano concatenandosi ed intrecciandosi. Con tolleranza fateci indagare e ricostruire poiché questa ricerca ha bisogno di tempo e, con il tempo, siamo sicuri che vi ricorderemo di tanti che ora non ci sono più rendendovi fieri di essere parte di questa comunità e se, nel leggere i nostri fattarielli, vi verranno in mente episodi interessanti, non esitate a contattare la redazione, voi narrerete e noi ricostruiremo, scrivendo insieme, per preservare la memoria storica di questo storico borgo dal nome Scarpittopoli.
Carlo P. & Margherita C.
Nazzareno se ne va …
Nazzareno… se ne va…! Nazzareno… se ne va…!”, l’avvertimento diffuso dal megafono gracchiante, poteva avere un senso solo per noi giovinotti. “Nazzareno… se ne va…!”, nella notte si ripeteva l’invito estenuante a comprare le ultime “noccioline americane” dalla bancarella di Nazzareno, dopo che la festa del paese era già finita da un pezzo e gli ultimi perditempo restavano nella piazza a cazzeggiare e prendere il fresco.
Ma il vero prodotto buonissimo della bancarella di Nazzareno non erano tanto le noccioline americane ma la sua famosa copeta.
La copeta di Nazzareno era buonissima.
D’altra parte come poteva essere diversamente per un prodotto fatto di miele, zucchero, mandorle nocciole e pistacchi ? Nazzareno faceva la copeta che vendeva alla festa del paese con le sue mani. Abilmente e sapientemente riscaldando lo zucchero e il miele, aggiungendo albume di uova freschissime e poi mandorle nocciole e pistacchi a volontà. Il tutto racchiuso in una cialda fragrante e cosparsa di zucchero a velo.
Nazzareno faceva poi solidificare l’impasto in grosse lastre durissime in un procedimento che durava alcuni giorni, e poi, le copete venivano portate sulla bancarella in piazza in occasione delle feste del Santo Patrono. Nazzareno era tenuto nella massima considerazione da tutti i bambini e parecchi adulti, come il sacerdote custode dell’antichissima tradizione del “culto” della Copeta. Tutti si conservavano i soldi “da parte” nei lunghi mesi invernali per poter comprare almeno una scheggia della sua famosa Copeta alla Festa del Paese.
Per la vendita Nazzareno appoggiava la Copeta su un massiccio ripiano di legno e con un pesante martello a spacco ne ricavava le schegge che vendeva. Nazzareno era abilissimo a usare il martello per ricavare schegge più o meno grosse adatte alla capacità economica dell’acquirente che valutava, prima di dare il colpo, con occhio esperto.
Infatti la Copeta non poteva essere comprata ad un prezzo predeterminato perché veniva venduta in schegge piccole o grosse e pesate, singolarmente, allo scopo.
Poi, nel tempo, per diversificare la vendita, e per allargare il suo piccolo commercio, Nazzareno affiancò alla vendita della Copeta anche la vendita delle arachidi tostate o Noccioline Americane come venivano comunemente chiamate.
Le Noccioline Americane venivano tostate con una macchina di sua invenzione: in pratica un cestello rotante (a mano) su un fornellone a gas. All’epoca, l’applicazione di questa macchina destò molto scalpore in paese come la novità assoluta. Come e’ noto le Noccioline Americane devono essere gustate tostate e presto sbucciate ancora calde per emanare tutta la loro irresistibile fragranza.
L’invenzione di Nazzareno rappresentò una svolta epocale nella storia della vendita delle Noccioline Americane e la bancarella di Nazzareno, ben presto divenne la più importante della piazza.
Ma il genio commerciale di Nazzareno era inesauribile. Aveva capito che poteva sviluppare l’attività semplicemente scegliendo una postazione strategica per la sua bancarella.
Oltre che metterla in una posizione dove il passeggio dei compaesani era massimo: tra la piazza e il viale principale, lui sceglieva sapientemente di posizionare la bancarella sopravvento, a seconda della posizione del vento, rispetto alla piazza. Studiando accuratamente la direzione del vento, Nazzareno sceglieva dove sistemare la bancarella in modo che gli odori della Copeta e delle Noccioline Americane appena tostate potessero invadere la piazza e adescare il senso olfattivo di molti potenziali clienti. Ben presto, nella memoria collettiva, gli aromi irresistibili della bancarella di Nazzareno rappresentarono il senso stesso della Festa del Paese e le due cose divennero inscindibili.
Non poteva esserci la festa senza la bancarella di Nazzareno e il grido rauco nel megafono di “Nazzareno… se ne va…” divenne in breve tempo la sigla di chiusura della Festa e il preludio dell’attesa di un altro anno per la festa successiva, con un tempo lunghissimo da aspettare.
Ricordo quello che avvenne nel pomeriggio prima della festa del patrono, mentre la processione usciva dalla Chiesa Madre, più o meno.
Nazzareno aveva passato il pomeriggio a sistemare la sua bancarella e tutta la mercanzia. Aveva messo la sua macchina per tostare le noccioline in modo opportuno per diffondere l’aroma per tutta la piazza e il fornellone collegato alla bombola del gas in modo da rendere la tostatura perfetta secondo la sua antica sapienza. Io mi trovavo a passare di la per caso. Gironzolavo per la piazza guardando i preparativi per la festa. Mi è sempre piaciuta l’aria che tira durante i preparativi ancora di più della festa stessa. Non so perché. Nazzareno e la sua bancarella erano a pochi metri da me e lui era di spalle chino sul fornellone. Tentava di accenderlo, con un accendino che si rifiutava testardamente di funzionare.
Nazzareno era molto nervoso. Inveiva contro l’accendino che emetteva solo scintille e nessuna fiamma e nel frattempo il gas usciva dal fornellone con un sibilo leggero.
Nazzareno tentava disperatamente di far funzionare l’accendino scuotendolo ripetutamente e picchiandolo sul selciato della piazza, quando all’improvviso, a tradimento, l’accendino funzionò. Ma era troppo tardi. Il gas che era fuoriuscito dal fornellone aveva formato una nuvola consistente intorno a Nazzareno e alla sua macchina e la fiammata fu improvvisa e devastante, seguita da un suono profondo. Nazzareno che era accoccolato sul fornellone fece un salto all’indietro con una imprevista agilità, vista la posizione ( e la sua età) e quando si girò verso di me era una maschera nera impressionante, con i capelli e le sopraccigli completamente carbonizzati. Solo gli occhi e i suoi contorni erano rimasti di un colore rosa che spiccavano sulla maschera nera del suo volto bruciato. Nonostante la drammaticità della situazione, ricordo nitidamente di aver pensato che la faccia di Nazzareno fosse la maschera di un’antica divinità Incas. Lui era sotto shock. Muoveva la bocca senza emettere suono ma era in piedi.
Afferrai una sedia di plastica li vicino e lo feci sedere temendo che si abbattesse sul marciapiedi come un sacco morto. Mi chiese dell’ acqua. Almeno così capii dal suono gutturale che emise. Per fortuna qualcuno ci aveva già pensato, intanto la gente si assiepava per la curiosità, e quindi mi ritrovai tra le mani un bicchiere d’acqua da porgergli.
Dopo aver bevuto qualche sorso d’acqua Nazzareno si riprese un pochino. Intanto la gente intorno gli chiedeva premurosamente se dovevano chiamare un medico o un’ambulanza.
Nazzareno non appena razionalizzò, lanciò una fottutissima imprecazione. Si alzò dalla sedia e disse a tutti: “Stongu Bono !! Stongo Bonu !! Iatevenne, Iatevenne… “ Lui non poteva ovviamente vedere il suo volto annerito e bruciacchiato ma solo la prospettiva di essere portato dal medico o in ospedale lo terrorizzava. Chi avrebbe presidiato la bancarella nel frattempo? E il mancato incasso, proprio nella sera della festa del patrono? Nazzareno decise che non era proprio cosa.
Intanto restava in sospeso la questione con il fornellone: per fortuna,nel frattempo qualcuno aveva chiuso la bombola di gas.
Ora, il problema era una sfida tra lui e il fornellone: “a morte, a morte !” come disse digrignando i denti: anch’essi anneriti dalla fiammata”.
Alla fine riuscì ad accendere il fornellone e pose la tostatrice ruotante sulla fiamma. Ma ormai erano quasi le otto di sera e la festa stava per incominciare.
Non c’èra tempo per tornare a casa a lavarsi.
Nazzareno si sciacquò, molto approssimativamente, sotto la fontanella pubblica della piazza e tornò subito alla bancarella per incominciare le vendite.
Aveva il volto nero, Nazzareno, e non solo esternamente per le bruciacchiature della fiammata ma anche dentro la sua anima era nera.
La vita non era affatto semplice per lui, costretto com’era a vendere noccioline per campare la famiglia. E quando succedevano contrattempi così gravi non aveva nessuno ad aiutarlo. Solo la forza della disperazione, o forse la oscura volontà che ti spinge ad agire quando non hai nessuna altra possibilità davanti a te.
Nazzareno continuò a vendere noccioline e torrone, quella sera, senza porsi il problema di quello che era accaduto. Voleva solo dimenticarlo.
Mi ricordo di avere passeggiato sul viale, più tardi, e mentre camminavo per la piazza mi colpì la voce di un bambino che aveva una busta di noccioline in una mano e con l’altra strattonava la madre e diceva: “Mamma, mamma ! Ma perché quell’uomo nero vende le noccioline ?”
By C.Perugini & M. Coletta
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