Gli emigranti di ieri i profughi di oggi

Gli emigranti di ieri i profughi di oggi accomunati da uguali sentimenti

migranti italiani verso il brasileEmigranti Italiani in viaggio verso il Brasile

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Profughi verso le coste Europee

I sentimenti di chi un giorno è partito dai porti italiani per sperare nelle opportunità offerte dall’America, la terra dei sogni, sono i sentimenti che vive oggi chi sbarca sulle nostre coste per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni. Migliaia sono stati i pontelandolfesi – 1800 nel solo decennio 1961-1971 – partiti in cerca di speranza nel “Nuovomondo”. Una speranza a volte premiata, qualche volta, purtroppo, disattesa. Quella stessa speranza che oggi inseguono i milioni di profughi delle guerre civili in Medio Oriente e della fame africana. Vedere le immagini dei barconi in mezzo al mare stracolmi di gente disperata, di bambini disorientati, è come vedere scorrere le immagini di quelle tristi e travagliate partenze dei nostri fratelli, della difficile traversata dell’oceano, una distesa d’acqua che non finisce mai per chi è abituato a leggere nella terra e nel cielo i passi del proprio cammino, stipati nella stiva maleodorante di una nave. L’arrivo ad Ellis Island, a pochi passi da Miss Liberty, un piccolo banco di sabbia nella baia di New York, meglio conosciuto come Isola dell’Inferno, dove tra il 1892 e il 1924 approdarono oltre 22 milioni di emigranti. E quanti di loro, tormentati dal freddo e dalle malattie, affamati e senza acqua, asfissiati dall’aria nauseabonda per il sudore, il vomito, il tanfo delle latrine, lungo un viaggio estenuante in compagnia di topi e pidocchi, giunsero cadaveri sull’isola. Uno spettacolo raccapricciante, drammatico messo in scena oggi dagli sbarchi della disperazione. I dati dei registri indicano che, dal 1900 al 1954, morirono ad Ellis Island più di 3500 persone, di cui 1400 bambini, che, più esposti al contagio nelle stive sovraffollate, si ammalavano di morbillo, di scarlattina, di difterite e di infezioni varie senza ricevere le necessarie cure. Non si contano oggi i cadaveri ingoiati dal mare dei profughi che con lucida consapevolezza affrontano l’infernale odissea l’uno all’altro incastrati su barconi della morte per fuggire dalle guerre, dalle dittature, dalla povertà.

Gabriele Palladino