Documenti indiani scagionano i marò: proiettili diversi da quelli in dotazione
Le carte, consegnate al Tribunale del Mare di Amburgo, rischiano di diventare un boomerang per New Delhi: testimoniano che a uccidere i pescatori indiano sono state armi diverse da quelle italiane
Una svolta sul caso dei due marò potrebbe arrivare dalle carte depositate dall’India al Tribunale del Mare di Amburgo. Carte che dovevano avere lo scopo di provare la loro colpa e che ora rischiano invece di scagionarli. Secondo il Quotidiano Nazionale, infatti, tra i documenti c’è la relazione dell’autopsia. Dalla quale emerge che i proiettili che hanno ucciso i pescatori indiani sono diversi da quelli in dotazione ai marò.
Il referto autoptico parla infatti di un’ogiva, estratta dall’anatomopatologo K.S. Sasikala dal corpo di una delle vittime, lunga 31 millimetri, con una circonferenza di 20 millimetri alla base e di 24 nella parte più larga. Proiettili decisamente diversi dal calibro 5,56 Nato in dotazione ai marò, che utilizzano i fucili mitragliatori Beretta AR 70/90 e Minimi.
Inoltre, il Quotidiano Nazionale riferisce di testimonianze-fotocopia da parte dei testimoni, i tre pescatori sopravvissuti alla sparatoria del 15 febbraio 2012. “Le testimonianze – spiega il giornale – sono l’allegato numero 46 delle carte che l’India ha depositato ad Amburgo al Tribunale internazionale per il diritto del mare, e sono state raccolte il 30 luglio 2015. Il comandante del peschereccio Freddy Bosco, 34 anni, residente nello stato meridionale del Tamil Nadu, e il marinaio Kinserian, 47 anni, dichiarano ‘onestamente e con la massima integrità’ che alle 16,30 del 15 febbraio 2012 il natante ‘finì sotto il fuoco non provocato improvviso dei marinai Massimiliano Latorre e Salvatore Girone della Enrica Lexi’. Entrambi, guarda caso, sbagliano nello stesso modo il nome della petroliera, la Enrica Lexie. Entrambi aggiungono che i ‘tiri malvagi’ hanno provocato la ‘tragica morte dei cari amici e colleghi Valentine, alias Jelastin, e Ajesh Binke’. La loro vita dopo la presunta sparatoria è descritta nello stesso modo: ‘Indicibile miseria e una agonia della mente, una perdita di introiti’. ‘La nostra ordalia – concludono – non è finita’”.
Stesse dichiarazioni, sottolinea il QN, anche da parte del “terzo pescatore Michael Adimai, sentito il 4 agosto. Anche lui parla di spari ‘senza preavviso e provocazione’. Denuncia ‘Un’incommensurabile agonia mentale e un fardello finanziario che continua tuttora’. Come gli altri due testimoni denuncia la sua incapacità di portare avanti ‘le attività quotidiane'”.
Infine, rivela il quotidiano, “dalle carte depositate emerge anche l’ennesimo particolare incongruo. Il Gps del Saint Antony (il peschereccio indiano, ndr) non fu consegnato da Bosco alla polizia appena arrivò in porto, ma otto giorni dopo, il 23 febbraio, assieme a un computer malridotto. Insomma, volendo, ci fu tutto il tempo per manomettere i dati registrati dall’apparecchio”.