Taglio a statali e università: adesso il Sud dice basta
No, non avviene nulla per caso. Non avviene per caso che il sindaco di Milano, Sala, tiri fuori il tentativo di ripristinare le gabbie salariali al Sud
Lino Patruno 17 Luglio 2020
Ripresa in Italia? Ma il Sud è escluso
No, non avviene nulla per caso. Non avviene per caso che il sindaco di Milano, Sala, tiri fuori il tentativo di ripristinare le gabbie salariali al Sud. Non avviene per caso che le università del Nord si ribellino all’iniziativa di quelle del Sud per far tornare a casa i ragazzi che studiano fuori. Non avviene per caso che il governatore dell’Emilia Romagna, Bonaccini, dica che dopo il virus bisogna solo pensare a far ripartire il Nord. Così come fa il nuovo presidente di Confindustria, Bonomi. Quando il Sistema del Nord si muove, si muove come un Partito Unico. Come un partito territoriale interessato solo a se stesso non all’Italia. E non avviene per caso che lo faccia alla vigilia dell’arrivo di aiuti europei mai così consistenti e sui quali bisogna mettere le mani. Destra o sinistra, prima il Nord.
Queste gabbie salariali. Secondo il sindaco Sala non è giusto che un dipendente pubblico di Milano sia pagato come uno di Bari. Perché il costo della vita nella capitale lombarda è più alto, quindi è diverso il potere di acquisto dei due lavoratori. Perciò si paghi di più il milanese. Le gabbie salariali hanno funzionato in Italia fino al 1969.
Una discriminazione che non fece crescere né il Sud né il Nord. Mentre ora lo stesso Sala ammette che in campo privato la busta paga al Nord è più pesante di un terzo rispetto al Sud. Senza, evidentemente, che ciò basti. A parte questo costo della vita: devi compare lo stesso chilo di pane, ma se compri pane diverso e in quartieri diversi il confronto non vale. E’ stato l’istituto di consulenza Nielsen a rilevarlo e non solo per il pane. Poi c’è al Sud un costo della vita <sommerso> di cui non si tiene mai conto. La maggior parte sono famiglie monoreddito, cioè lavora una sola persona. C’è al Sud una tale carenza di servizi pubblici (effetto della minore spesa dello Stato al confronto col Nord) che pesano sui conti dei cittadini. Pochi asili pubblici (e devi pagare tu). Trasporti pubblici insufficienti (e devi usare la tua macchina). Meno posti letto (e devi rivolgerti ai privati). Meno mense scolastiche, meno scuolabus, meno treni. E tasse locali più alte, altrimenti i Comuni meno ricchi non ce la fanno.
E più alti interessi bancari, e più alta l’assicurazione-auto. E gli stipendi pubblici del Sud non servono anche a comprare i prodotti del Nord? Sindaco Sala, visto che tutto costerebbe meno, vuol venire a vivere un po’ al Sud?
Singolare che si tenga conto di singoli stipendi e non del reddito medio di Milano al confronto con qualsiasi città del Sud. E singolare che invece di fare giustizia al Sud si pensi a cosa togliergli ancòra. Con uno Stato che investe per ogni cittadino del Nord 4 mila euro all’anno in più rispetto a uno del Sud, insomma figli e figliastri. E sono appunto servizi, e infrastrutture, e tutto ciò che serve alla vita e non dovrebbe essere diverso in base al posto in cui sei nato. Ma visto che ci siamo, riduciamogli anche lo stipendio, a parità di lavoro. Teniamolo sotto pressione, il terrone, prima di rilanciare la richiesta di quella autonomia rafforzata che darebbe ancòra di più a chi già lo ha.
E le università. Con quelle del Sud danneggiate da un criterio di ripartizione dei fondi nazionali che privilegia gli atenei dei territori più ricchi invece di quelli meno ricchi. Si chiama <effetto san Matteo>: più in proporzione a quanto già di più hai. Ciò che significa per il Sud meno docenti e meno corsi. E significa migrazione degli studenti meridionali verso il Nord. Un sistema squilibrato, con le migrazioni che accentuano lo squilibrio: tra tasse, consumi, alloggi, aiuti dalle famiglie, tutti soldi del Sud da spendere altrove. Una gallina dalle uova d’oro cui per la prima volta il Sud, non facendolo lo Stato, sta tentando di rimediare. Ecco quindi la Regione Sicilia: iscrizione gratis da noi se tornate o rimanete qui. Stessa cosa la Regione Puglia e la Basilicata. E immediata rivolta di quelle università del Nord finora ingrassate di una iniquità insopportabile quanto tutto il resto a spese del Sud.
Il ministro, che è il napoletano Manfredi, ha stigmatizzato questa caccia alla matricola, specie ora che si teme il calo post-Covid. Rappresentando tutte le università italiane, si capisce. Facciamo concorrenza sui contenuti didattici offerti ai ragazzi, non sugli sconti. Ma i contenuti al Sud sono compromessi in partenza, se tu Stato mi dai meno come posso essere concorrenziale? L’ottica di rubarsi gli studenti non va bene, ha detto il rettore di Padova. Forse voleva aggiungere che se non va bene ora, non va bene neanche il furto di uno Stato mai equo verso il Sud.
Ultime notizie. Il Sud per la prima volta tenta di reagire. E il presidente campano De Luca chiama all’unità le regioni meridionali anche sulla spesa sanitaria che continua a privilegiare il Nord. Si vuole un Paese unico, e questo è lo scandalo.
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