L’avrete sentito dire almeno una volta: me pare ‘o ciuccio ‘e Fechella: novantanove chiaje e ‘a coda fraceta! (ovvero: mi sembri l’asino di Fechella, con novantanove piaghe e la coda marcia).
Talvolta lo sfortunato asino di questo detto di piaghe ne ha trentatré, altre novantanove: l’unica cosa certa è che non se la passa mai troppo bene. E, infatti, questa espressione viene utilizzata per parlare di qualcuno che sta spesso male e che per questo si lamenta spesso e tanto, senza riuscire a portare a termine i propri doveri.
Ma sapete che questo povero e malandatissimo asino è esistito davvero, come anche il suo padrone Fichella? E che la dolorante bestiola ha a che fare con la squadra calcistica del Napoli?
Chi era Fechella?
Tra il 1920 ed il 1930 divenne assai celebre, a Torre del Greco, un certo don Mimì, all’anagrafe Domenico Ascione, detto da tutti Fechella.
Pare che l’asino del modo di dire appartenesse proprio a lui: Fechella si occupava infatti di trasportare delle merci alimentari all’interno del Rione Luttazzi, e pareva che lo facesse proprio grazie ad un asinello malconcio e malato.
L’asino, costretto a trasportare carichi sempre più pesanti, aveva la schiena ricoperta di piaghe e la coda decisamente malmessa. Fechella era un uomo povero, e non poteva permettersi né di mettere a riposo l’animale né di curarlo: così continuava a farlo lavorare.
Fichella ed il suo povero asino non passavano certo inosservati – tutti conoscevano ormai il trasportatore ed il suo animale. L’asino era così evidentemente malato da essere paragonato a tutti coloro che avevano una salute cagionevole o che per qualche acciacco si lamentavano: tuttavia, a differenza delle persone a cui si faceva riferimento, la povera bestia andava sempre avanti, senza emettere mai un lamento.
Mangia Napoli Pasquale Peluso