La Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio

La Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio

Lungo via Tribunali a Napoli, molte sono le chiese che sorgono, ma una rientra in quel misterioso itinerario del culto delle Anime del Purgatorio. Si tratta della Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio, edificata nel 1638 da Giulio Mastrilli, duca di Marigliano. E’ un pregiatissimo esempio di arte barocca, con una splendida facciata, opera di Cosimo Fanzago, adorna di teschi e femori di bronzo. Richiama la nostra attenzione però perché è sede di uno degli ossari più noti della città.

Nello spazio del presbiterio si distingue la tomba di Giulio Mastrilli, principale finanziatore della Chiesa, a capo di una congregazione di nobili che dal 1604 raccoglieva fondi per la celebrazione di messe in suffragio alle anime del Purgatorio. La tomba è opera di Andrea Falcone e il Duca vi appare in una posa invocante volta verso la tela della “Madonna con le anime” di Massimo Stanzione.

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Altare con tomba di Giulio Mastrilli e tela di Stanzione

Il quadro ritrare la Vergine che salva le anime pie ritratte però con corpi stremati e sofferenti che si aggrappano agli angeli per esser sollevati dalle fiamme. L’opera nasconde alla vista una importante decorazione paretale di Dioniso Lazzari, un teschio alato e coperto da un velo, terrificante cesura tra mondo dei vivi e mondo dei morti. Di grande interesse è pure la sacrestia che ospita il museo dell’Opera Pia Purgatorio ad Arco con oggetti liturgici, paramenti, calci, libri, suppellettili delle celebrazioni ed altre testimonianze che vanno dal Seicento all’Ottocento.

Nella chiesa il riferimento alla morte è costante: teschi, tibie, femori incrociati, clessidre, dipinti come “Il transito di San Giuseppe” di Andrea Vaccaro o come “La morte di Sant’Alessio” di Luca Giordano.

In quel secolo segnato da pestilenze ed eruzioni, fra le donne partenopee fiorì l’usanza di adottare un’anima “pezzentella”, ossia un’anima del Purgatorio, povera, persino del nome, e senza parenti riconosciuti. Esse sceglievano la “capuzzella” e se ne prendevano cura giorno per giorno, spolverandola, ricoprendola con fiori e corone, a volte con veli, e fornendole uno “scaravattuolo”, una piccola tomba di tre pareti.

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Uno dei teschi bronzei all’esterno della chiesa

Il culto delle anime del Purgatorio si diffuse rapidamente tra gli strati popolari, ma anche tra quelli più altri. Si pensi che nel Settecento nella chiesa vi si celebravano sino a 60 messe al giorno. La cosa non mutò col tempo e nel 1969 la Chiesa fu costretta ad emanare un editto di rigetto e divieto del fenomeno, conservato ed esposto nell’ipogeo. Tuttavia è ancora oggi diffusa l’abitudine di porre fiori e richieste alle anime degli scheletri, agevolandone con le proprie preghiere il trapasso nell’aldilà, in cambio di protezione e buona sorte. Il divieto è evidentemente disatteso, lo testimoniano anche immagini di Padre Pio e monetine oggi in uso lasciate vicino le ossa.

In questo sito l’anima pezzentella più nota è quella di Lucia, il cui teschio è conservato con una corona ed un velo da sposa perchè la giovane sarebbe morta, secondo la versione più diffusa della leggenda, in occasione di un matrimonio non voluto dal padre omicida. Lucia è posta in un’edicola su di un cuscino. Il culto di questo cranio si tramanda da secoli, ed è tuttora vivissimo. Numerose infatti sono le suppliche scritte che le sono lasciate dai visitatori e molte sono dei nostri giorni, poste li soprattutto da parte di giovani ragazze il cui matrimonio è in qualche modo osteggiato dai genitori..

Autore e foto: Angelo D’Ambra
historiaregni.it