«Il Real Acquedotto Carolino è una delle opere più singolari ch’esistano in Europa. Noi ne andiamo debitori al Re Carlo III che la intraprese e la condusse quasi a fine. Né possiamo frodare di una giusta lode l’Architetto Vanvitelli, che con un genio sublime ed ardimentoso superò tutti gli ostacoli e fece veder realizzare le idee del gran Principe».
A parlare è, molti anni dopo la costruzione dell’Acquedotto – nel 1826 – l’Amministratore del Real Sito di San Leucio e della Reggia di Caserta, Antonio Sancio, nella Platea da lui redatta, riguardante «fondi, beni e rendite che costituiscono l’amministrazione del Real Sito di Caserta». Quanto affermato da Sancio, oltre ad enfatizzare le importanti personalità legate proprio alla costruzione, riassume allo stesso tempo la grandezza dell’opera architettonica. Il progetto, presentato dal grande architetto Luigi Vanvitelli per il re di Napoli, Carlo di Borbone, vide l’inizio della sua articolata costruzione nel 1753 e, a dire sempre dal redattore della Platea, la costruzione terminò nel 1770, «con una spesa di 622.424 ducati».
È ovvio che, prima ancora dell’inaugurazione ufficiale del complesso, dovesse essere effettuato un collaudo. E infatti nel maggio 1762, alla presenza del giovane Ferdinando IV di Borbone, ne venne compiuto un primo dal quale emerse che, come riporta Gerardo Zampella negli Annali della Città di Caserta, «le acque introdotte nel nuovo cammino dovevano scaturire dalla montagna di Briano». Un secondo collaudo della impotente struttura, invece, venne effettuato nel 1768, e si trattò di una prova generale per la portata delle acque. Il rifornimento delle acque, però, proveniva principalmente dall’area del monte Taburno, zona in cui il Vanvitelli aveva cercato un antico acquedotto di epoca romana chiamato «Acqua Giulia», che già in epoca remota aveva rifornito la vicina Capua.
Particolare dell’Acquedotto Carolino a Valle di Maddaloni Il grande condotto idrico servì soprattutto per portare l’acqua presso il Real Palazzo di Caserta, specialmente nell’immenso parco da cui, ancor oggi, l’acqua zampilla dalle numerose fontane e scende dalla grande cascata. Per quanto concerne i lavori di costruzione dell’Acquedotto Carolino, ci vengono in aiuto le lettere scritte dal Vanvitelli, attraverso le quali è possibile venire a conoscenza sullo stato dei lavori. In modo particolare, nel 1755, l’architetto, facendo il punto della situazione, diceva che per la traforazione dei monti circostanzi alla costruzione dell’acquedotto «si sta(va) combattendo con i sassi vivi, i quali si passa(va)no da parte a parte senza timore».
L’architetto Luigi Vanvitelli, certamente, durante la messa in campo dell’opera edilizia, profuse le sue migliori energie, tanto che ebbe modo persino di dimorare per qualche giorno nella cittadina di Airola (oggi provincia di Benevento). Il documento, infatti, riporta che Vanvitelli vi soggiornò dal 13 al 19 ottobre 1757 «per i lavori dell’acquedotto Carolino». Nell’occasione, tra l’altro, l’architetto era stato accompagnato dai figli Carlo e Pietro, dagli architetti Francesco Collecini e Marcello Fonton, e dai capomastri Pietro Bernasconi e Giovan Battista Nonni.
Anche se i lavori del grande complesso idrico terminarono nel 1770, l’inaugurazione, con la messa regime delle opere idrauliche, avvenne il 27 giugno 1769. È oltremodo interessante aggiungere che i ponti della Valle – così come è chiamato anche l’Acquedotto Carolino – furono persino teatro di scontro, durante il periodo che portò poi all’annessione del Regno delle Due Sicilie a quello Sabaudo. Nel giorno della celebre battaglia del Volturno del 1860, infatti, vide un sanguinoso combattimento tra le truppe borboniche e quelle garibaldine insieme con quelle piemontesi.
Massimo Posillipo