Il presepe napoletano nasce da un sogno

La Cantata dei pastori: il presepe napoletano nasce da un sogno

written by Eugenio D’Amico
24 Dicembre 2019

“Luca: (mostrandogli un pacchetto) adesso sono andato a comprare i Re Magi, perché quando ho aperto la scatola dove conservo i pastori, e se no a Natale è troppa spesa, ne ho trovato uno con la testa rotta… Li ho cambiati tutti e tre, se no pareva brutto uno nuovo e due vecchi! Questi li ho scelto in mezzo a centinaia di pastori, Faceva un freddo! Ma io mi sono scelto i più belli, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, che portavano i regali al Bambino Gesù. Guardate le faccine…”
Eduardo De Filippo – Natale in casa Cupiello

La “Cantata dei Pastori” è un’opera del teatro religioso napoletano del Seicento che, più volte rimaneggiata anche con l’aggiunta di personaggi comici, è ancor oggi rappresentata. Racconta la nascita di Gesù e la vittoria del Bene sul Male ed inizia con il pastore Benino che, svegliato dal padre, racconta di aver visto la grotta splendente di luce in cui nasce il Bambino e si lamenta perché il risveglio ha fatto svanire il bellissimo sogno.
Nella tradizione napoletana il presepe è la concretizzazione del sogno di Benino che perciò è la figura chiave della rappresentazione della nascita del Messia; senza Benino che lo sogna non può esistere il presepe con i suoi paesaggi e i suoi personaggi. E allora Benino che dorme disteso sotto il pagliaio, è il primo dei “pastori” da collocare nel presepe; va posto in cima alla montagna al centro della scena, perché da lì si dipana il suo sogno che come tutti i sogni si carica di significati simbolici complessi che ormai sono stati quasi del tutto dimenticati e che è forse interessante riscoprire.
Qualunque sia la scena rappresentata, il presepe napoletano si sviluppa sempre su tre livelli, quello più alto culminante in tre picchi montuosi e quello più basso caratterizzato da tre grotte. Questo perché il numero tre indica la perfezione in quanto sintesi che riconcilia l’opposizione tra l’unità e la dualità.
Il Castello di Erode è posto sul colle di sinistra ed è teatro della Strage degli Innocenti. E’ uno dei simboli del Male presenti nel presepe poiché Erode rappresenta l’autorità illegittima ed ingiusta. Dal castello si allontanano i tre Re Magi; montano un cavallo bianco (l’alba), un cavallo rosso (il mezzogiorno) ed un cavallo nero (la notte) e sono le uniche statuine che vengono spostate un poco ogni giorno da destra verso sinistra, poiché nel loro muoversi simboleggiano il corso del sole che transitando da oriente a occidente segna il trascorrere del giorno. Il loro cammino rappresenta lo scorrere del tempo e nel loro viaggio verso la Grotta della Natività posta in basso al centro, attraverseranno i sentieri su cui si affacciano le botteghe dei venditori che sono sempre dodici e singolarmente rappresentano i mesi dell’anno, mentre tutti insieme indicano il ciclico volgere delle stagioni. Sono, partendo da gennaio, il macellaio o salumiere, il venditore di ricotta e formaggi, il pollivendolo, il venditore di uova, i fruttivendoli, il fornaio, il venditore di pomodori, il “mellonaro”, il venditore di fichi, il cacciatore o il vinaio, ed infine il castagnaro e il pescatore che simboleggiano rispettivamente novembre e dicembre. Quando i Magi il mattino dell’Epifania giungeranno davanti alla Grotta si fermeranno e diventeranno simbolo del tempo che si ferma in adorazione al cospetto del Cristo, il sol invictus che risorge e sconfigge l’oscurità.
La stalla in cui riparano Giuseppe e Maria in attesa della nascita del Messia è posta nella grotta centrale. La grotta rappresenta un richiamo all’antichissimo duplice simbolismo della caverna: porta degli inferi quando si scruta dall’esterno la sua buia profondità, e varco verso il cielo se dal buio dell’interno si guarda verso la luce; oscuro grembo materno che nasconde e poi genera la vita; passaggio in bilico tra tenebra e luce, ma anche ponte tra morte e vita.
La Sacra Famiglia è posta davanti ad una mangiatoia ai cui lati si trovano il bue a destra e l’asinello a sinistra che con il loro fiato riscalderanno il “Bambeniello” appena nato che sarà posto nel presepio solo la sera del 24 dicembre, e a deporlo sarà il bambino più piccolo della famiglia. Il bue e l’asino rappresentano il Bene ed il Male che si fronteggiano e si bilanciano creando così quell’equilibrio che crea l’ordine del mondo.
Tra la moltitudine di figure che accorre per adorare il Messia i più vicini alla Grotta sono i pastori con le loro pecore: anche qui è chiara l’allegoria: i pastori rappresentano i sacerdoti che guidano i fedeli. Tra le figure in adorazione spiccano poi il “Pastore della Meraviglia”, e Stefania. Il pastore della meraviglia, con le braccia spalancate e la bocca aperta è la personificazione dello stupore di fronte alla grandezza ed alla bellezza divina, e secondo molti è lo stesso Benino incantato dalla bellezza del suo stesso sogno. Stefania è una giovane vergine che, secondo una leggenda, poiché la Legge ebraica impediva alle donne nubili di avvicinarsi alle puerpere, avvolse una pietra in uno scialle fingendo che fosse suo figlio e poté così raggiungere la Grotta per adorare Gesù. Ma appena fu al cospetto della Vergine, miracolosamente la pietra si animò trasformandosi in un vero bambino, che sarà chiamato Stefano.
La grotta a sinistra ospita la locanda o l’osteria. In contrapposizione alla grotta della natività rappresenta il male ed il peccato, raffigurato anche nelle sinistre figure dell’Oste che ricorda il bieco locandiere smascherato da San Nicola che risuscitò i tre bambini da lui uccisi per servirne le carni, e di Maria ‘a Purpetta che nell’osteria confeziona polpette avvelenate da servire ai mariti infedeli.
Davanti all’ingresso della Taverna spicca Ciccibacco col suo fiasco di vino. Grasso e rubicondo è rappresentato su un carro carico di botti, ubriaco e a cavalcioni di un barile e circondato da un corte di avvinazzati che suonano pifferi e zampogne. Ciccibacco che ricorda Bacco, il dio pagano del vino e dell’ebbrezza dionisiaca, è la personificazione del vizio e rappresenta uno dei personaggi negativi che nel presepe stanno a sottolineare il profano che irrompe nel sacro e il male che si contrappone al bene. L’allegoria del male in opposizione al bene si ritrova anche nei due compari che giocano a carte nell’osteria. Si chiamano Zi Vicienzo e zi’ Pascale e rappresentano il Carnevale, simbolo del caos, cioè del rovesciamento dell’ordine sociale e naturale, e la Morte, che ne è la naturale conseguenza. Accanto all’osteria, vengono poste la Meretrice, giovane donna discinta e spesso a seno scoperto che volge le spalle alla Grotta, a rappresentare il peccato che si contrappone alla purezza della Madonna, e la Zingara che spesso sosta davanti al pozzo. La Zingara, reminiscenza della pagana Sibilla, sa predire il futuro ma solo un futuro di sventure. Se è raffigurata con un bambino in braccio preannuncia la strage degli innocenti e la fuga in Egitto della Sacra Famiglia; se è senza bambino, predice il dolore della Madonna per la perdita del Figlio. Nel cesto sospeso al braccio porta dei chiodi: profetizzano la passione di Cristo poiché serviranno a costruire la Croce.
Il pozzo è un altro simbolo negativo: collega il mondo superiore con le acque sotterranee e gli inferi e da esso, nella notte di Natale, prima che la nascita di Gesù porti il Bene nel mondo, balzano fuori le forze del male.
Tra la Grotta e l’Osteria sosta il Monaco, indeciso sulla direzione da prendere: è una figura ambigua sospesa tra il sacro e il profano, che spesso assume una valenza demoniaca, come ‘o munaciello della tradizione napoletana.
Nel presepe è sempre presente la simbologia del fuoco e dell’acqua. Il fuoco, che si sprigiona dal forno del pane e nel camino della locanda, dai bivacchi dei pastori e dalle fiaccole che illuminano la via ai magi, simboleggia la luce che squarcia le tenebre. L’acqua, simbolo della vita, è rappresentata dalla fontana, a cui attinge una donna poiché è la donna che dona la vita tant’è che nei Vangeli apocrifi è presso una fontana che la Madonna, simbolo di vita per eccellenza, riceve dall’Arcangelo Gabriele l’Annunciazione. Il fiume, che scende dalla montagna opposta a quella su cui sorge il castello di Erode e si versa in un laghetto, simboleggia lo scorrere del tempo ed il divenire; qui le lavandaie lavano candidi panni: sono i teli in cui è stato avvolto Gesù alla nascita e sono miracolosamente immacolati poiché simboleggiano la verginità di Maria. Tra le lavandaie cerca di nascondersi il Diavolo per scoprire se veramente la Vergine Maria ha partorito il Redentore, ma viene rivelato dal piede caprino che spunta dalla veste.
In alto sulla montagna, sulla riva del fiume, è posto un mulino la cui ruota sottolinea ancora una volta l’inesorabile scorrere del tempo. A monte del fiume va posto il Cacciatore. Rappresenta la morte a cui nella parte bassa del fiume fa da contraltare il Pescatore con la sua cesta di pesci che rappresenta la vita. Insieme simboleggiano la dualità: vita-morte, giorno-notte, estate-inverno, bene-male, ma anche il mondo infernale e quello celeste. Il fiume è sempre attraversato da un ponte che rappresenta il “passaggio”: dalla vita alla morte, dalla terra all’aldilà, dal noto all’ignoto. Perciò fa paura: infinite leggende parlano di ponti costruiti da diavoli, presidiati di notte da lupi mannari e da fantasmi di suicidi proprio a significare la difficoltà ed il pericolo del passaggio nell’aldilà. Il passaggio difficile e pericoloso però porta alla redenzione e per questo sul ponte e nelle sue immediate vicinanze si ritrovano i mendicanti, gli storpi ed i ciechi che rappresentano le anime del purgatorio, figure ancora sospese tra le pene terrene e la vicina salvezza. Questo significato di passaggio verso la salvezza è ancora più presente quando, in alcuni presepi, sul ponte si mettono proprio statuette di anime purganti, quelle che i napoletani chiamano “anime pezzentelle”, ignude tra le fiamme del Purgatorio.
Nella complessa simbologia del presepe la presenza di figure demoniache, ma anche quella di divinità pagane, come Bacco e Diana o le Parche rappresentate dalle tre vecchie che filano o come Saturno e Rea impersonate dalla coppia di vecchi che si riscaldano al fuoco di un braciere, simboleggia l’ultimo tentativo del Male di impossessarsi del mondo prima che l’imminente nascita del Messia ne provochi la sconfitta. E’ una presenza che fa paura perché può sprigionare influssi negativi (perciò un presepe non sarà mai posto nella stanza da letto) da cui ci si deve difendere ponendo sul presepe piante apotropaiche come il pungitopo, il mirto ed il rosmarino che non servono semplicemente a simulare la vegetazione, quanto soprattutto a fornire protezione con i loro influssi magici positivi.
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