Gigi Di Fiore – Napoletani a Venezia

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Un noto aforisma recita: “La vita è un viaggio. Le fermate migliori sono le persone speciali”.
Da qui, voglio ringraziare ancora tutte le persone “speciali” che venerdì scorso hanno reso indimenticabile il nostro viaggio dentro la cultura Partenopea. Nessuno escluso: a partire dagli ospiti, fino ad arrivare a tutti quelli che ci hanno onorato della loro presenza.
E’ stato un autentico caleidoscopio di emozioni, racconti, storia, arte, cultura e sport, dal quale è scaturita l’anima di noi partenopei.
Sono orgoglioso e fiero, di averne fatto parte!💙

Paolino D’Anna

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Napoletani a Venezia, una comunità che ha ritrovato radici a villa Franceschi
MIRA

All’anagrafe del solo Comune di Venezia i napoletani sono 2800. Una comunità che si riconosce in una identità solida e pròfonda, la ‘napoletanità”. E di questo si è parlato venerdì sera a villa Franceschi, a Mira, in un salone pieno di pubblico per l’incontro organizzato in grande stile da Paolino D’Anna, consigliere comunale di Venezia e presidente dcll’Associazione culturale Partenopea.
D’Anna ha messo insieme personalità diverse, ma tutte collegato da un filo rosso (anzi azzurro): la capacità di raccontare, la ricchezza di aneddoti, storie ed emozioni, le radici napoletane orgogliosamente conservate e valorizzate ovunque. Leggerezza, ma non superficialità nei racconti e nelle tante testimonianza portate dagli ospiti, riuniti più in un circolo di amici che in un dibattito. attorno a Gigi Di Fiore, giornalista (e prima di tutto cronista) del Mattino di Napoli, storico e appassionato di storia e cultura napoletana. Autore di vari libri sul tema, tra cui una documentatissima ‘Storiadel Napoli*, il saggio “Il gerarca che sfidò Mussolini” e una attuale • per le implicazioni del tema trattato – “Pande-
mia del 1836”. Le vicende della vita gli hanno fatto ritrovare, al tavolo dei relatori, un compagno del liceo, il questore Maurizio Masciopinto. a sua volta scrittore con il racconto dei suoi anni napoletani nel libro “Portate ‘o pigiama”.
Oltre a loro. Ermelinda Damiano (presidente del Consiglio comunale. radici napoletane e avellinese di nascita) e Massimo Creila. segretario generale della Cisl funzione pubblica, napoletano verace e tifoso azzurro viscerale, documentato e brillante come pochi nell’universo. Il calcio è stato spesso punto di partenza e di arrivo dei vari aspetti della napoletaità trattati. E non poteva essere diversamente, quando si parla di una città che sogna un traguardo calcistico che scaramanticamente non si può dire e che ha raggiunto un sogno attraverso la vicenda sportiva e umana di Diego Armando Maradona.
Gigi Di Fiore ha raccontato gli anni di Maradona a Napoli, aneddoti del rapporto con il campione non facile, avendo dovuto – sul Mattino * dar conto delle vicende giudiziarie del Pibe de Oro. Ma anche il divertente e rocambolesco scoop dell’acquisto all’asta dell’orecchino di Maradona da parte del calciatore del Lecce Fabrizio Miccoli.
Di Fiore, da documentato storico e da esperto cronista di giudiziaria. ha tessuto brillantemente la trama della serata raccontando il suo ultimo libro “Napoletanità”, un viaggio nella cultura e nelle radici partenopee “dai Borboni a Pino Daniele”, come recita il sottotitolo. «Una Napoli – ha detto Di Fiore – che con Venezia rappresenta la cultura e la storie di due grandi Stati, che con Venezia condivide però anche le conseguenze della rigenerazione urbana legata all’eccesso di pressione turistica e la perdita di centralità come testimoniano le vicende della politica, della finanza e quelle del Banco di Napoli e del Mattino*. Una Napoli dove comunque la criminalità, ripercorsa nel capitolo “Lazzari e Lazzaroni”. «va raccontata senza coprirsi gli occhi» e che Di Fiore narra partendo dalle origini, dall’epoca dei briganti.
Molti i parallelismi con Venezia, dal carattere della gente plasmato dai mare e dai suoi ritmi, «alla matrice comune di influenze culturali e storiche», come ha ricordato Masciopinto. Ma con una marcata differenza proprio nel lato oscuro della criminalità organizzata che, ha spiegato il questore, «qui nel Veneto non ricorre ad atti eclatanti, ma si insinua nel tessuto economico con investimenti e metodi più subdoli».
Grolla, dal suo osservatorio privilegiato di sindacalista, ha evidenziato come negli ultimi tempi si sia consolidata una tendenza: «Il meridionale che vince concorsi nella pubblica amministrazione al nord – ha spiegato – tende sempre più a rinunciare al posto. E questo avviene soprattutto per i bassi livelli di salario garantito». La “napoletanità” insomma è un diamante a molte facce, ma un comune sentire e un sentimento talmente radicato da diventare un “marchio di fabbrica”. «Sono a Venezia da molti anni – ha sintetizzato Ermelinda Damiano – ho perso l’accento, ma in casa con mia mamma, specialmente quando discutiamo, parliamo ancora napoletano».

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