E VOLETE CHE I MERIDIONALI SI FACCIANO FREGARE PROPRIO CON IL VINO?
di Valentino Romano (*)
Picerno, dicembre 1861
Sono tempi cupi questi che stiamo vivendo. Un sorriso in più allora non guasterà: per questo ho scelto oggi una storia che muove al sorriso ma che, come al solito e come nelle mie speranze, dovrebbe anche far riflettere. Eccola.
Il 12 dicembre del 1861 il capitano Nardi che comanda un distaccamento del 61° Reggimento Fanteria, ha uno scontro a fuoco con la banda Carbone di Balvano: i briganti hanno la peggio e uno di essi, un giovanetto, tale Zabiello, viene catturato. A dire dell’ufficiale, il giovane “faceami molti importanti rivelazioni ed attesa la poca età potevaglisi prestar fede”.
Tra le tante rivlezioni del pentito vi è l’asserzione che i briganti di Carbone vengono foraggiati dalla famiglia di possidenti Di Stazio, che hanno dimora in una campagna poco distante dal paese, in contrada “Difesa di Balvano”. Appena ricevuta la notizia l’ufficiale ordina una serie di perquisizioni nella proprietà della famiglia ma non vi rinviene nulla di interessante: riesce solo a sapere che un garzone della famiglia, Antonio Morando, a seguito di minacce ricevute, ha portato una volta viveri e vino ai briganti, in contrada “Toppa dei papaghioni”, nel “bosco Marmo”.
A questo punto il bravo capitano si concede una notte di riflessione per decidere l’ulteriore a farsi. Il suo riposo viene, però, interrotto da un’altra notizia: il garzone di un’altra ricca famiglia avverte che i briganti della “comitiva di Balvano e Ricigliano” hanno minacciato di bruciare la proprietà dei suoi padroni se, entro la stessa notte non riceveranno presso il Molino di Ricigliano pane, formaggio frutti e …vino per dieci persone, più, in contanti, la somma di ducati 200.
L’occasione è ghiotta: si può avere finalmente ragione dei malfattori, ma occorre tempestività e ingegno. Con il solito attacco frontale ci sono troppi rischi: “allora io prevedendo che gli stessi mi sfuggissero, se andava ad assalirli nella notte; dappoiché oltre ad avere sentinelle d’avviso a gran distanza, aveano dippiù dei sicari, divisai usar con essiloro l’astuzia …”
L’ufficiale viene allora, all’improvviso, folgorato da un colpo di genio che, con evidente soddisfazione, esternerà in un suo rapporto ai superiori: butta giù dal letto, convocandoli immediatamente, un medico, il farmacista (che funge da sindaco) Luigi Bevilacqua ed altri maggiorenti del paese. A seguito, quindi, del consulto notturno suggerisce di “spedire all’ora designata i viveri richiesti, meno il denaro, e – udite, udite – adulterando il vino con acetato di Morziera, sostanza inodore e capace di far cadere in letargo a preferenza dell’oppio che sentesi all’odorato.”
Il farmacista viene incaricato di provvedere alla bisogna e predisporre il vino adulterato.
“Così fu fatto in nostra presenza. All’una p.m. del 14 seppi che tutto era andato a meraviglia”, soggiungerà sempre nel rapporto.
Ma, ahilui, il suo ottimismo non appare giustificato dagli eventi successivi: all’alba parte con “un drappello e poche Guardie Nazionali del paese e con un altro di Guardie Mobili distaccate”; in tutta fretta raggiunge il mulino, credendo di trovarvi i briganti saporitamente addormentati, alle prese con i fumi di Bacco e con gli effetti del medicinale.
Qui, però, si trova di fronte ad una imprevista e amara sorpresa: dei briganti nemmeno l’ombra, può solo riconoscere i fiaschi di vino … desolatamente vuoti e i resti del lauto banchetto. E, per quante ricerche faccia nei dintorni, non trova nessun brigante. Nardi se ne torna, perciò, sconsolato al mulino e interroga il mugnaio che ammette di aver bevuto insieme alla comitiva “ma non dava alcuno indizio del preparato stratagemma”, tanto da essere sempre stato arzillo e pimpante.
Grande è il rammarico dell’ingenuo Nardi che si giustifica con i superiori adombrando una qualche non provata complicità del farmacista.
Ma la verità, benedetto capitano, è che sei proprio… di coccio. Non lo sapevi che il vino noi meridionali lo … reggiamo come pochi? Figuriamoci i briganti! Proprio con quello volevi farli fessi?
E poi, diciamocela tutta, se proprio lo stratagemma del vino ti sembrava efficace, proprio a uno che si chiamava … “Bevilacqua” dovevi rivolgerti? Suvvia, non hai mai sentito il famoso detto “nomen omen”?
Bene, amici, questa è la storia della settimana con la quale vi auguro buona domenica.
E, giusto per rimanere in tema etilico, mercoledì a Lavello brinderò a tutte le mie lettrici (alle quali auguro fin d’ora un sereno “8 marzo”) con un fiasco di aglianico di qualità, generosamente offerto dal mio amico Buss Ca Tras che, recentemente e meritoriamente, si è conquistato sul campo il titolo di “mio Ganimede preferito”.
(*) Promotore Carta di Venosa