Le lettere di Giustino Fortunato

LE PRIME LETTERE DEL GIOVANE GIUSTINO FORTUNATO
di Michele Eugenio Di Carlo

Una delle più importanti raccolte di lettere della cultura italiana della seconda metà dell’Ottocento e del primo Novecento risiede senz’altro nel carteggio dell’illustre meridionalista di Rionero in Vulture, Giustino Fortunato.
Il Carteggio Fortunato, i cui primi volumi sono stati pubblicati a Bari dall’editore Laterza nel 1978 a cura di Emilio Gentile per volontà dell’Associazione Nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia (ANIMI), racchiude un periodo storico che va dal 1865, quando il giovane lucano ad appena diciassette anni chiede a Cesare Cantù consigli su come affrontare lo studio della storia, alla sua scomparsa avvenuta nel 1932.

Le lettere di Fortunato offrono un’occasione straordinaria allo studioso e all’appassionato della questione meridionale per rivisitare la storia del Regno d’Italia dalla sua nascita fino al primo decennio fascista e mettono in luce, oltre all’affermato storico e al puro intellettuale, l’uomo fragile e sensibile dai sentimenti genuini e dagli affetti sinceri, che dedica il suo pensiero forte e la sua tenace attività al Mezzogiorno, immedesimandosi nelle tribolazioni del popolo contadino meridionale e soffrendo per le condizioni sociali ed economiche di un sud Italia che non era riuscito a riscattarsi nemmeno con lo Stato unitario. L’intellettuale lucano, pur conservando nitido il sentimento patriottico unitario, nei suoi rapporti epistolari con i grandi politici e intellettuali dell’epoca dimostra di maturare una sfiducia montante nei riguardi della classe dirigente del Mezzogiorno e, pur apprezzando i governi liberali della Destra storica del primo decennio, da parlamentare non sarà mai organico né alla Destra né alla Sinistra tanto da non accettare mai incarichi governativi.

Dopo la lettera a Cantù, Fortunato, nel 1870, scrive tre lettere a Luigi Corapi, amico conosciuto nel 1862 frequentando il Collegio degli Scolopi a San Carlo alle Mortelle. Nella prima del 26 agosto , risponde all’amico che ritiene Massimo D’Azeglio un pessimo politico giustificandone l’operato e apprezzando le lettere di D’Azeglio alla moglie appena pubblicate . Nella seconda, datata 15 settembre , il giovane lucano esprime la propria stima nei riguardi di Napoleone III, ritenuto «il primo fattore dell’unità italiana». Nella terza del 30 settembre prende definitivamente atto che le opinioni politiche dell’amico divergono dalle sue: «le nostre opinioni, cioè, in fatto di politica, vanno per poli opposti. Non è forse vero? Io, in brevi termini, sono moderato, o, se vuoi, anche, consorte; monarchico nelle ossa; nemico giurato de’ Crispi, de’ Rattazzi, de’ Sonzogno e compagnia bella: ecco tutto».
Fortunato comunica in maniera chiara la sua vicinanza ai primi governi sabaudi della Destra, addossando alla Sinistra storica e all’opposizione antimonarchica «le rovine presenti»; dichiara persino che avrebbe fatto parte della Sinistra «se questa non avesse a capi il Crispi e il Rattazzi e se non avesse ad organi il Roma e la Riforma».

Se il giovane intellettuale avrà modo di trovare conferme del suo pessimo giudizio della Sinistra, sarà pure costretto a rivedere il proprio parere sulla Destra, tanto che nel 1911, dedicando all’amico Federico Severini la raccolta dei suoi discorsi politici e elettorali, scriverà: «I nostri partiti, tanto i vecchi quanto i nuovi (e già i nuovi non meno asmatici de’ vecchi) sono ciechi, e la loro corsa verso l’ignoto pare irrefrenabile» .

Nel prossimo numero scriverò dei primi rapporti epistolari tra Giustino Fortunato e lo storico Pasquale Villari, il noto autore delle “Lettere meridionali”.

Note bibliografiche

G. FORTUNATO, Carteggio 1865/1911, a cura di Emilio Gentile, Bari, Laterza, 1978.

M. D’AZEGLIO, Lettere di Massimo D’Azeglio alla moglie Luisa Blondel, a cura di Luigi Carcano, Milano, 1870.

G. FORTUNATO, Carteggio 1865/1911, cit., pp. 3-4, pp. 5-6;
pp. 6-8.

G. FORTUNATO, Il Mezzogiorno e lo Stato Italiano. Discorsi politici (1865-1910), vol. 1°, Bari, Laterza, 1911, p. 12.