Sant’Michèl e Sant’Nicola!
Nei giorni 8 e 9 Maggio, Pontelandolfo dovrebbe festeggiare San Michele Arcangelo e San Nicola di Mira o di Bari. Da un po’ di anni questi festeggiamenti non hanno più luogo. Si sono persi nell’oblìo, sia di quello religioso che in quello civile. Eppure questi santi fanno parte del nostro patrimonio culturale ed identitario. Le nuove generazioni, secondo il mio modesto parere, non ne hanno nemmeno contezza. Ho provato ad indagare sul perché questa tradizione, ancorchè ridimensionata rispetto alle origini, si sia persa, ma non ho trovato spiegazioni esaustive. Quella che potrebbe sembrare una sciocca pretesa per l’età di chi scrive, o una rivendicazione antroponima, visto che ne coinvolge nome e prenome, ha invece fondamenti storici e culturali insospettabili che affondano fino alle origini del nostro attuale paese.
Sappiamo che i monaci benedettini cassinesi in epoca longobarda erigevano monasteri e per difesa costruivano castelli e per gratitudine ai tanti privilegi accordati dai nobili longobardi, finivano per dedicargli anche i luoghi di insediamento. E’ il caso del nostro amato paesello, che, come ricorda Daniele Perugini nella sua ormai celeberrima “Monografia di Pontelandolfo”: “Il Castello di Pontelandolfo ha gelosamente custodito il suo emblema.Questo,come sarà detto, era nel primo arco della Chiesa della SS.Annunziata coeva del Castello: da colà fu trasportata nell’arco della Chiesa Collegiale:ripetuta nei lati degli altari: nel sigillo Comunale e nella banderuola, che nei giorni di mercato e di fiera spiegavasi al vento”. Tutto questo per riaffermare le origini dell’emblema del guerriero longobardo sul ponte a tre archi; a quale degli otto e più Landolfo, principe e guerriero sia stato dedicato,bisogna lavorarci ancora per cercare di venirne a capo.
Quello che ci interessa al momento è ribadire le origini longobarde del nostro attuale fronte urbanistico, in quanto alla base della venerazione religiosa e civile di questi due santi abbandonati allo stato delle cose.
I nostri ricordi vanno a tempi un po’ più recenti in cui l’8 e 9 maggio si celebrava la prima “Fiera” dell’anno: la piazza e il viale si riempivano di venditori, bancarelle, animali e gente che invadeva ogni dove. Erano giorni in cui la Chiesa celebrava le messe dei giorni di festa e si concludevano con la prima processione dell’anno coi due santi portati a spalla lungo le strade del paese. Antecedentemente al 1964, anno in cui fu celebrata la prima edizione della Settimana Folkloristica ideata dall’allora Parroco Don Emilio Matarazzo proprio per concentrare le tante ricorrenze annuali:Sant’Antonio, Santa Giocondina, San Donato, San Rocco, Santa Maria degli Angeli, Santa Maria del Rosario; ognuna di esse aveva il proprio Comitato Festa e si concludeva con una qualche espressione artistica: teatrale, musicale, danzante.
San Michele e San Nicola erano i primi, quindi, ad essere festeggiati ed avevano dedicata a loro anche la Cappella in montagna, oggi invece, dedicata a Santa Maria degli Angeli e non c’è più né la fiera né la processione.
Rinunciare a questi riti è rinunciare alla nostra identità. Vale la pena qui ricordare come la religiosità dei guerrieri longobardi si appropriò di San Michele Arcangelo, il guerriero di Dio, rappresentato sempre con la spada sguainata, nel quale identifcavano anche il loro dio pagano Odino e per questo adottato come Santo Patrono della nazione longobarda. L’importanza poi, raggiunta dal Santuario di San Michele sul Gargano era notevole sia per le genti Langobardorum e,non molto tempo più tardi, per i pellegrini che viaggiavano lungo la Via Francigena per mete diverse ed un unico sogno: la Terra Santa e Gerusalemme, da dove è partito il Giro d’Italia in questi giorni.
Chi da Roma decideva di incamminarsi verso sud sceglieva in gerene percorsi diversi per poi riunirsi in due nodi importanti per l’epoca: Capua e Benevento.Di qui la direttrice più battuta diveniva l’Appia Traiana che conduceva verso San Michele e di qui a Bari dove dal 1087 riposavano le reliquie traslate di San Nicola di Mira.
Il cammino micaelico diventava anche quello dei “santiniculari”ed era un tragitto che travalicava tra arte e fede ed il flusso del pellegrinaggio accoglieva sia guerrieri che fedeli e più avanti anche i Crociati. In uno dei tanti rivoli stradali c’era anche Pontelandolfo che aveva ben raccolto il senso delle sue origini e delle sue tradizioni mettendo insieme i due santi. E uno dei luoghi che più si presta ad essere testimone di questa frenesia popolare è il “Toppo di San Nicola” che fedele alle sue origini etimologiche raggruppava le folle di pellegrini che più tardi avrebbero proseguito per Benevento e la Traianea, fino a San Michele, proseguendo per Bari e poi Brindisi per l’imbarco per la Terra Santa.
Già proprio quel Toppo diventato secoli dopo, tragicamente famoso nella storia del nostro paese.
E allora, non per fare un appello “pro domo sua”, non lasciamo nell’oblìo la tradizione della fiera e della processione dei Santi Michele e Nicola, ne va della nostra identità ed in un’epoca di disimpegno culturale, come quello che stiamo vivendo, educare alla memoria i nostri posteri è alla base di ogni futuro.
NICOLA DE MICHELE
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