I Mondiali di calcio: Pontelandolfo chiama Brasile

 

I MONDIALI DI CALCIO: UNA LINEA CALDA…

PONTELANDOLFO CHIAMA BRASILE

Si avvia a conclusione la 21esima edizione del Campionato Mondiale di Calcio. La meritata eliminazione della nostra Nazionale nelle qualificazioni, pur provocando una grande delusione, ma non ha generato l’immediato disinteresse del popolo italico per la manifestazione. A giudicare dai dati auditel,sono in tanti a seguire non solo gli appassionati e competenti, le gesta dei pedatori in erba.

Ormai il ritmo biennale delle competizioni, ora a titolo globale e tra due anni a titolo continentale, risvegliano lo spirito nazionale, affidando ai calciatori che ci rappresentano, il sentimento patrio che quotidianamente smarriamo o accantoniamo a seconda l’esigenza.

Quello che è considerato lo sport più bello e più praticato nel mondo, come in tutte le attività umane, propone profondi risvolti culturali che esulano dall’effimera gestualità.

Gli inglesi ne rivendicano l’origine e la paternità. Ma la storia dimostra che le origini sono ben diverse dall’ostentata pretesa di superiorità anglofona. Basti dire che nelle isole delle Maestà britanniche, questo divertimento pedestre fu portato dai colonizzatori romani. Si trovano tracce antichissime in Cina e Giappone risalenti ai primi anni del calendario moderno; senza  scomodare oltre, la storia, non possiamo dimenticare il calcione praticato nel medioevo dai fiorentini. Però ai sudditi inglesi và riconosciuto il merito di aver per primi, disciplinato la pratica sportiva attuale, dandole delle regole e rendendola attività di gruppo(squadre).

Il fascino del calcio è indiscutibile perché racchiude tante abilità umane: la fisicità, la tecnica, la tattica e la strategia. In questo poi,noi italici abbiamo fatto scuola e tendenza.

Se le origini moderne si fanno risalire al 1857, con la prima squadra organizzata denominata Shieffeld Football Club, in Italia fu il Genoa nato nel 1893.

Nella nostra terra natìa, invece, i primi calci risalgono al 1925. Nel periodo cioè, intermedio alle due guerre mondiali. Sembra un ricorso della storia. A portare il calcio a Pontelndolfo fu un emigrato di ritorno: un tal Cincinnato Carpinelli, nato da genitori pontelandofesi emigrati in Brasile. Il padre Giovanni originario di Porta ‘N’nciata(Porta Annunziata)con la moglie Contenti Alessandrina erano migranti in quel di San Paolo del Brasile. Cincinnato vi nacque ed ebbe imposto il nome impegnativo di quel condottiero e dittatore romano che viene evocato quale esempio di virtù, di rettitudine e semplicità di costumi.

Caratteristiche che portò con sé, quando all’età di nove anni fu spedito tra le mura d’origine della famiglia. Era venuto per studiare, ma si innamorò della terra paterna, arrivando a sacrificare la sua vita nella guerra d’Africa con il grado di Capitano di Bersagliere. Destino d’emigrante di ritorno? Il nostro cimitero custodisce le sue spoglie in una tomba monumentale.

Cincinnato aveva appreso il gioco del calcio nella nativa  colonia portoghese, dove si pratica con l’amore e la passione tale che sembra esservi nato e non arrivato. Quindi,”tornando a casa”, propose questo nuovo gioco ai suoi coetanei dell’epoca. Da questi nacque quella squadra epica locale di cui ancora oggi si narra. Purtroppo di viventi ne possiamo contare pochissimi. I personaggi più leggendari sono passati a miglior vita, ma la memoria resta intatta.

Giovanni Perugini di “Ron Giacint’” detto il Capitano, fu figura di riferimento di quella squadra.Anch’egli nativo di Porta ‘N’ciata, fu tra i primi a condividere la passione per il calcio. Tutti gli portavano rispetto perché come nella tradizione inglese, il capitano era una sorta di discendente del maestro (Mister inglese, il nostro allenatore). Quindi il riferimento in campo. Il ruolo del capitano pontelandolfese era quello di mediano, il centrocampista difensivo attuale. I ricordi di chi scrive, sono i racconti raccolti dal Capitano e si riferiscono a Tonino Maiella che era il portiere; a Tonino Guerrera di Cristina Pesculanciano che era il “becco”, il gergo dell’epoca che definiva il terzino, l’attuale laterale difensivo; l’altro terzino era Rocco Santopietro detto “Diurat”;Giuseppe Addona, più noto come “P’ppino Panzòn” era il centroattacco, il centravanti classico; mentre il fratello Mario era l’ala destra… entrambi figli della brasileira “Zà Carlina”;Antonio Savarese detto R’ B’rsaglier” era l’ala sinistra, famoso per la sua estrosità…e così via.

Le gesta di quegli eroi sportivi ricordati ma anche di quelli, qui non menzionati, ancora oggi ricorrono nei ricordi.

Aneddoti riempiono la memoria: come il campo ricavato proprie mani sulle Camp’tell’, poi distrutto con l’insediamento di una casa popolare per un dispetto elettorale; la finale col Ponte che si chiuse con la rincorsa all’arbitro lungo le scoscese asperità paesaggistiche che conducono a Benevento, reo di essersi venduto a Giovanni Ocone patron della squadra avversaria e salvato dal Rag. Rinaldi.

Il pallone è una passione identitaria per il nostro popolo.

Ed è quella linea calda che ci lega alla terra brasileira. Per questo Pontelandolfo chiama Brasile. Sembra quasi un destino segnato anche questa volta, viste le uscite delle squadre più blasonate dalla competizione mondiale. Che a noi italiani non è dispiaciuto, in tutta sincerità e se uscisse anche il Brasile, nonostante tutto, ce ne faremmo una ragione… Buon Mondiale a tutti!

NICOLA DE MICHELE

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