Felicissimi di condividere quest’ultima recensione, che include lo sketch del recensore del mio personaggio Gabriella! Grazie mille Maria Pia Spadafora!
Maria Pia Spadafora è una scrittrice e traduttore che vive a Milano. Ha un MA in lingue moderne e letteratura presso l’Università di Calabria. I suoi commenti sono profondi e indicativi del suo legame con la comprensione della Calabria.
La Brigantessa: Calabria all’interno delle sue luci e ombre
by Maria Pia Spadafora
“Sole alla valle, sole alla collina
Per le campagne non c’è più nessuno
Addio, addio amore, io vado via
Amara terra mia, amara e bella.”
– Amara terra mia, Domenico Modugno
La Brigantessa di Rosanna Micelotta Battigelli (Inanna Publications, 2019) evoca perfettamente la sensazione di nostalgia e amarezza espressa dalla canzone di Modugno per aver lasciato la patria. Il suo atteggiamento nostalgico nei confronti della Calabria cattura eloquentemente la dolorosa separazione che molte persone hanno vissuto.
La Brigantessa è un romanzo storico premuroso, intricato e affascinante basato sui periodi turbolenti tra il 1860 e il 1870 in Calabria. La storia si concentra sul personaggio principale di una contadina, Gabriella Falcone, costretta a lasciare il suo piccolo borgo dopo aver accoltellato un proprietario del nord che ha cercato di violentarla. La ragazza contadina, con l’assistenza del sacerdote parrocchiale per cui lavora e cura, si ritrova inserita tra il mondo fuorilegge del brigandage dove il bene e il male si uniscono e interagiscono.
Il romanzo rende omaggio alla Calabria, mostrando la dicotomia tra la luce e l’ombra che aveva caratterizzato e caratterizza ancora il territorio in modo diverso. Il tono del romanzo è nostalgico. Questa nostalgia deriva dalla realtà semplicistica della vita contadina, dei vari colori e sapori diversi che la Calabria offre. Allo stesso tempo questa bellezza e la ricchezza si scontrano con la povertà, la violenza e soprattutto le ingiustizie subite dalla popolazione agraria nel sud Italia e le conseguenze derivanti dalla loro disperazione. La scena di apertura, oltre a descrivere vividamente una delle tradizioni contadine più caratteristiche — il massacro annuale del cinghiale — prevela scene di violenza che verranno. Inoltre, il tradizionale macellamento del cinghiale non è solo descritto come un semplice atto, ma come una celebrazione comune tra la famiglia e i compagni del villaggio. Questa scena collegava anche la morte e la vita celebrata e evidenziata nello stesso momento da Gabriella che assorisce la vista del sangue dell’animale alla nascita di suo fratello, Luciano. Questi temi si fondono fin dall’inizio e si sviluppano gradualmente in tutta la narrazione.
La Brigantessa ci permette di riflettere sulle differenze culturali profondamente radicate e persistenti, sociali ed economiche tra nord e sud Italia. Sotto gli occhi del nord, la Calabria è descritta principalmente nel romanzo come ” terra dell’oscurità e della disperazione (p. 28) “, ” la terra della pestilenza (p. 52)” e calabriani ” come popolo barbaro e incivilizzato che vive in uno stato di povertà e malattia (p. 29).”
Il romanzo raffigura vari ritratti di ruoli femminili diversi da una donna come madre, come figlia protetta, come brigantessa, come moglie e nel caso di Liliana, come amante. Ognuna di queste donne, pur apparendo essere caratterizzata come figure deboli, e talvolta sottomesse, sono in realtà forti e nei momenti più critici mostrano una forza personale e fiducia in se stessi, come Gabriella si rende conto: ” Tutta la sua vita ha pensato agli altri. Fatto per gli altri. […] Tenuto casa, animali curati e giardino, cotti, lavati. […] Ma ora non può più pensarci. Deve pensare a se stessa (p. 339).”
La maternità è rappresentata nel romanzo in modo diverso. Gabriella che, dopo la morte di sua madre, adotta il ruolo di madre adottiva per Luciano, mentre si prende cura di suo padre e don Simone, il prete parrocchiale. Molte madri di briganti fornirono ai loro figli tutto ciò di cui avevano bisogno per sopravvivere nella foresta, come cucire tasche speciali all’interno dei loro gilet per permettere loro di portare con sé pugnali e pistole nascosti.
Un altro elemento che riflette la cultura calabrese a La Brigantessa è l’uso ben stabilito e significativo della superstizione. Ad esempio, la gallina che canta strettamente prevela che sta per accadere qualcosa di brutto. O la figura della vecchia levatrice Nicolina, una sorta di fortunata e guaritore, e una figura tipica presentata in ogni borgo calabrese che curava con erbe e rimosso l’occhio malvagia.
La Calabria è anche presentata come una terra devastata dai terremoti, rivelando la natura territoriale di un’area con alta attività sismica che ha portato a episodi disastrosi durante la sua storia. Da questo punto di vista il romanzo evidenzia il trauma e la paura degli abitanti che hanno vissuto la forza distruttiva del terremoto.
L ‘ elemento religioso del romanzo sottolinea la grande fede che ha legato e legato l’Italia ma più il sud. Ci sono numerose manifestazioni di penitenza, pellegrinaggi e promesse religiosi che si svolgono ogni anno in diversi borgo calabresi. C ‘ è una forte coscienza religiosa e devozione che l’autore enfatizza anche tra i briganti stessi.
Il cibo è centrale in molti modi, non solo come simbolo di condivisione quando si riuniscono al banchetto dopo il massacro del cinghiale, ma è anche uno di eredità e segno di ospitalità. Inoltre, Battigelli onora i prodotti tipici calabresi che sono fonte di orgoglio e tradizione: dal bergamotto a soppressata. Che La Brigantessa è un romanzo ben studiato non c’è dubbio, non solo storicamente parlando, ma mostra anche una grande attenzione ai dettagli che a volte possono passare inosservati. Ad esempio, la menzione indiretta degli studi di Lambroso sul cranio di un brigante, mirato a mostrare un legame tra un’anomalia cerebrale e la violenza di un fuorilegge. Anche nel romanzo il generale Russo manda il cranio di un brigand ad uno scienziato forense per analizzarlo.
Da un punto di vista stilistico il romanzo ha un ritmo avvincente. La struttura narrativa semplicistica con inizialmente diverse storie separate finiscono inevitabilmente per intrecciarsi insieme in modo lineare. I dialoghi realistici permettono ai lettori di sentirsi parte della storia. Suscita la curiosità del lettore attraverso l’uso divertente dei flashback per colmare alcuni dei vuoti nella storia. Interessante è l’uso del dialetto calabrese che appare soprattutto in riferimento agli alimenti e agli utensili dell’ambiente rurale. Differente è il caso della canzone folk della Calabrisella che viene tradotta in inglese, evidenziando la doppia identità dell’autore che si muove tra due lingue e due culture.
Alla fine, La Brigantessa mostra che un altro lato al brigandage. Il brigante non è solo la persona che commette azioni cattive ma una persona che si trova in una zona grigia, dove il bene e il male a volte non hanno confini chiari ma si muovono vicino ai bordi come una storia di Robin Hood.
Consiglierei vivamente La Brigantessa a chiunque voglia fare un viaggio sentimentale in tutto il mondo calabrese del XIX secolo e di perdersi nella magica foresta di Aspromonte che, implicita nel suo nome, può offrire grandezza ma anche amarezza.
Maria Pia Spadafora
Scrittore e traduttore a Milano
MA in Lingue e letteratura moderne, Università di Calabria