Renato per segnalarti l’uscita di un mio nuovo libro su Santa Maria del Popolo.
Una chiesa che da sola giustifica una gita a Roma anche se non custodisse le due tele che Caravaggio dipinse per la cappella Cerasi. Sul mio profilo Facebook dove ne ho postato alcuni brani puoi fartene un’idea. Buonissima giornata!
Mario
La copertina, olio di un pittore olandese di inizio Seicento, ci restituisce una Piazza del Popolo bucolica, per metà occupata dagli orti degli agostiniani, percorsa da carri, greggi e armenti
Mario Cipollone
Santa Maria del Popolo a Roma luogo di culto, cimitero e museo. Il caso dei due fratelli sepolti nella stessa tomba. Navata destra. Cappella Domenico della Rovere.
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La cappella ospita due monumenti funebri. Quello a sinistra, ma in posizione privilegiata perché in cornu evangelii rispetto all’altare, fu scolpito attorno al 1490 da Andrea Bregno e, per la parte della Madonna col bambino e gli angeli, da Mino da Fiesole. Le opere a più mani, oggi impensabili per l’egocentrismo degli artisti, all’epoca erano frequenti e nascevano per accorciare i tempi di consegna.
Su un alto basamento, due paraste corinzie decorate a grottesche sostengono un architrave con festoni di frutta, così delimitando una camera mortuaria dentro la quale, disteso su un sarcofago con zampe leonine, è adagiata la figura di un alto prelato in abiti pontificali. Dalla mitra, ravvivata da ricami e gemme, si capisce che è un cardinale. Sereno e composto attende la resurrezione dopo essersi affidato a Maria che, nella lunetta sovrastante, lo veglia omaggiata da angeli e cherubini.
Sulla tabula ansata – tavoletta con manici a coda di rondine – murata nel sarcofago è inciso: CONCORDES ANIMOS PIASQ MENTES/ UT DICAS LICET UNICAM FUISSE/ COMMISTI CINERES SEQUENTUR ET SE/CREDI CORPORIS UNUS IUVABIT. Vale a dire: le loro anime e le loro menti furono così concordi in vita, da potersi dire una sola cosa. I loro resti mortali, riuniti, ne seguiranno l’esempio, per cui sarà loro gradito essere considerati appartenenti a un unico corpo.
Si tratta di quattro misteriosi endecasillabi che, secondo alcuni, richiamano certi passaggi delle Metamorfosi in cui Ovidio enfatizza l’unità di anime amanti, in vita e nella morte ( Piramo e Tisbe, Filemone e Bauci, Alcyone e Ceyx, Narciso e il suo riflesso). L’epitaffio sottostante li spiega in parte.
Leggendolo scopriamo che l’uomo disteso sul sarcofago si chiamava CRISTOFORO DELLA ROVERE e che fu cardinale presbitero di San Vitale, insigne per dottrina, costumi e amor di Dio (CHRISTOFORO RUVEREO. TIT. S VIT/ ALIS PRESBYTERO CAR./ DOCTRINA MORIBUS AC PIETATE INSIGNI). Aveva un fratello di nome DOMENICO, anch’esso cardinale che, per volere di Sisto IV, ne ereditò i titoli e i benefici (DOMINICUS XYSTI. III PONT. MAXIMI./ BENEFICIO MOX TITULI/ SUCCESSOR AC MUNERISI). Fu costui a porre il monumento funebre per il fratello e per se stesso (FRATI/ B.M. ET SIBI POSUIT). Cristoforo morì il 1 febbraio del 1478, anzi alle calende di febbraio nell’ottavo anno del pontificato di Sisto IV, quando aveva quarantatre anni, sette mesi e diciannove giorni (V.A. XLIII M. VII D XIX / OB. AN.VIII. PONT.XYSTI / KL. FBR), mentre Domenico morirà ventitré anni dopo, il 23 aprile del 1501. Non prima di aver fatto incidere Il suo stemma e le iniziali del suo motto (S. D., SOLI DEO, a solo gloria di Dio) sulla balaustra della cappella.
Dunque il sarcofago accolse le spoglie di due fratelli cardinali che, unitissimi in vita, vollero esserlo anche da morti, come fossero una sola persona (superando in questo Filippo ed Eustachio de Levis, pure cardinali e fratelli che, in Santa Maria Maggiore, si fecero seppellire sotto uno stesso arco ma in sarcofagi distinti). E solo chi non conosce la loro storia può sorprendersi che l’anno di morte sia indicato con riferimento non alla nascita di Cristo o al parto della Vergine, ma al pontificato di Sisto IV….
(da Santa Maria del Popolo a Roma, luogo di culto, cimitero e museo, mmc edizioni, ottobre 2023)