Roberto Boccaccino- Truth or Consequences

Truth or Consequences: da Roberto Boccaccino una storia costruita coi nomi trovati sulle mappe

Simone Sbarbati·6 Novembre, 2020

copLa toponomastica è una scienza meravigliosa. Dietro al nome di un luogo possono celarsi storie millenarie, antichi fasti, vicende strappalacrime, il desiderio di cancellare il passato o rivendicare una dominanza culturale (come fecero i fascisti con molti comuni in Piemonte, Valle d’Aosta, Alto Adige, Friuli e Venezia Giulia), la volontà di potenza (sempre i fascisti, con le loro città di fondazione).
Talvolta questa stratificazione di eventi storici, fenomeni naturali, politica e leggende porta a toponimi bellissimi ed evocativi — vedi la zona dei Sibillini, con la Gola dell’Infernaccio, il Lago di Pilato, il Monte Sibilla, il Passo del Diavolo. Altre volte i risultati sono un po’ più ridicoli, specialmente se visti da lontano, attraverso le lenti di un’altra cultura e un’altra lingua. O perlomeno curiosi (nella zona in cui sono nato c’è un paesino di nome Barbara, chiamato così perché venne invaso dai longobardi, dunque i barbari, ma che ora fa sorridere vederlo scritto su un cartello stradale: sembra dire che lì, proprio lì, c’è una certa Barbara, che chissà chi è, chissà che fa, chissà perché è così importante che le hanno messo il nome sul cartello).

Ma quei nomi — che tradiscono, nel doppio senso di manifestare e ingannare — dopotutto sono anche parole, e dunque i mattoncini del linguaggio, quelli coi quali abbiamo fabbricato e continuiamo a fabbricare tutte le storie che ci siamo raccontati gli uni con gli altri fin dalla notte dei tempi, dal nucleo base della comunicazione, “io”, agli edifici narrativi più complessi.

Ed è una storia quella che il fotografo Roberto Boccaccino è andato a cere sulla mappe. Letteralmente: tutte le parole sono prese da lì.
Solo l’incipit — Questa ultima lettera per mio amato Carmine — è un itinerario di migliaia di chilometri, dal Nuovo Messico al Lago Maggiore, passando per l’Australia, il Tennessee, l’Ungheria, il Michigan e la provincia di Cosenza.

Di base a Palermo, vincitore di diversi premi, protagonista di mostre in Europa e all’estero, pubblicato su riviste di tutto il mondo e tra i fondatori dello spazio Minimum, Boccaccino da sempre si interessa di mappe e di cartografia: «perdo un sacco di tempo su Google Maps e simili, anche solo per diletto», spiega. E aggiunge: «il fatto che ci fossero posti dai nomi strani lo sapevo, come lo sanno tutti — vedi ad esempio progetti come Sad Topographies [ne parlammo anche noi su Frizzifrizzi anni fa, ndr] o Toponimia. Ad un certo punto però, dopo averne visti molti e averli salvati, ho capito che avevo messo da parte un vocabolario minimo, un piccolo e limitatissimo linguaggio. Ho iniziato ad usarlo, a comporci cose, e più provavo strade più lo arricchivo, cercando parole e vocaboli che facessero al caso mio».

Se l’artista solitamente lavora su progetti di largo respiro, focalizzati soprattutto sullo spazio pubblico e sugli immaginari che questo evoca, nel libro Truth or Consequences, pubblicato da casa editrice indipendente Skinnerboox, ha invece idealmente allargato la visuale per guardare il mondo dall’alto e da lontano, che è quasi sempre il modo migliore per trovare i collegamenti tra le cose — in questo caso tra le parole. Il modo migliore per vedere storie che altrimenti sarebbero rimaste nascoste.

«A raccontarle velocemente, tutte le cose sembrano ovvie: ogni persona diventa un personaggio, ogni luogo soltanto un posto, e ogni vita si riduce ad una vicenda», spiega Boccaccino. «È normale che sia così, è il compromesso che troviamo ogni volta che cerchiamo comprensione. La verità è che le nostre esperienze — le cose che ci succedono, e il modo in cui noi accadiamo nelle vite altrui — sono quasi sempre cose così molteplici e precarie che è complicato anche solo immaginarle, figurarsi metterle in parole. Di conseguenza, nel provare a raccontare qualcosa con attenzione, è come se ci si accorgesse di avere a disposizione un vocabolario limitatissimo che a volte sembra addirittura fatto per altro. È come dover comporre una poesia con quello che troviamo su uno scontrino, o su un mappamondo».

Su quel mappamondo, l’artista ha ritrovato una storia, una delle tante possibili. «Una storia d’amore, di tradimenti e di toponomastica», per la precisione. Piena di parole forti — ma d’altronde questo è quel che passa la geografia: birra (vicino Bologna), coca (in Spagna), erba (Como), troia (Foggia), godo (Ravenna), porno (in Nigeria), puttane (in Norvegia) e mezzoculo (Benevento).

C’è una Lei, c’è un Lui e poi c’è L’altra — la “troia americana”, come la chiama Lei — alla quale è affidata la frase che dà il titolo al libro: Truth or Consequences, nome da western contemporaneo, è però un luogo realmente esistente, ed è addirittura il capoluogo di una contea, quella di Sierra nel Nuovo Messico.

Il difficile, racconta l’autore, non è stato tanto trovare nomi o aggettivi. Il vero problema sono stati quei termini imprescindibili come gli articoli, gli avverbi, gli aggettivi possessivi — nel, mie, tuo, sotto, questa
Realizzato molto rapidamente, il libro ha attirato l’attenzione di Milo Montelli, fondatore di Skinnerboox, che ha deciso di pubblicare il volume.

Il risultato è una pubblicazione che, se da una parte appare come niente più che un divertissement, in realtà mette in discussione un dispositivo, quale è il linguaggio, che diamo per scontato ma che si rivela inevitabilmente imperfetto per comunicare tutto ciò che abbiamo in testa — le esperienze, gli amori, le passioni, le tragedie.
Abbiamo a disposizione centinaia di migliaia di parole, nel parlare o nello scrivere, alcune semplici e altre coltissime e piene di sfumature, ma si tratta pur sempre di “meccanismo” imperfetto. Nel bel testo introduttivo, l’autore scrive che «nonostante sappiamo che il senso si perderà dentro tutte le parole che non abbiamo saputo trovare, speriamo di fare come per le costellazioni, dove i pochi punti presi tra quelli disponibili disegnano un’immagine. È però una consolazione da poco: anche in quel caso l’unico valore dell’immagine che viene fuori è il fatto che la possono leggere anche gli altri — quasi tutti, forse tutti — e non il suo essere una rappresentazione buona, fedele (perché non lo è, in effetti è solo un’immagine fatta male, è un’approssimazione)».

 

Roberto Boccaccino, “Truth or Consequences”, Skinnerboox, agosto 2020 (courtesy: Roberto Boccaccino) Roberto Boccaccino, “Truth or Consequences”, Skinnerboox, agosto 2020 (courtesy: Roberto Boccaccino)