La storia dell’Italia Unita di Enrico Fagnano
Scritto il 24 Ottobre 2022
Fabiana Manna
La storia dell’Italia Unita di Enrico Fagnano
“Il primo bisogno d’Italia è che si formino italiani dotati d’alto e forti caratteri. E pure troppo si va ogni giorno verso il polo opposto: purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gl’italiani.”
Massimo d’Azeglio
L’Italia. Paese di storia, di arte, di paesaggi naturali mozzafiato, di cultura incommensurabile. La nazione che ha dato i natali ad innumerevoli geni, che hanno abbracciato tutte le branche dello scibile, apprezzati e imitati nel mondo intero. È un vanto essere italiani, un onore appartenere a questo popolo che nei secoli si è sempre distinto. Nel bene e nel male…
La proclamazione del Regno d’Italia avviene di fatto il 17 marzo 1861 a Torino, ma dietro questo apparente glorioso evento, ci sono delle verità che forse non tutti conoscono, sulle quali Enrico Fagnano, nel suo esaustivo libro, prova a far luce con semplicità e senza retorica, cominciando da alcuni cenni storici indispensabili per comprendere tutti gli eventi che si sono susseguiti e che poi hanno prodotto il risultato oggi noto a tutti.
“I motivi che spinsero l’Inghilterra ad appoggiare il Regno di Sardegna nella sua azione contro il Regno delle Due Sicilie, furono diversi (…) Il governo britannico innanzitutto aveva la necessità di mettere il Piemonte in condizione di restituire alla banca londinese dei Rothschild le ingenti somme, cha da questa aveva avuto in prestito. In secondo luogo, voleva la certezza di poter gestire senza contrasti le risorse minerarie della Sicilia, che forniva addirittura l’80% della produzione mondiale di zolfo, preziosissimo perché elemento fondamentale della polvere da sparo. (…) In previsione dell’apertura del Canale di Suez, l’Inghilterra, però, voleva garantirsi anche il controllo più in generale dell’isola, vista la sua posizione strategica nel cuore del Mediterraneo, che si apprestava a diventare il centro delle principali rotte commerciali.”
È importante anche sapere che il passivo del Piemonte in quel periodo era altissimo, che Cavour chiese l’appoggio di Napoleone III (onde evitare che un’avanzata piemontese in Italia, potesse corrispondere ad un intervento militare della Francia, a difesa dei propri interessi sulla penisola), e che Lord Rothschild si rivolse alla Massoneria e ottenne che appoggiasse il Piemonte.
I tempi erano ormai maturi. Si doveva agire…
“I Mille, guidati da Garibaldi, partirono da Quarto nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1860 a bordo di due piroscafi, il Piemonte e il Lombardo. (…) Prima della partenza l’associazione segreta consegnò al generale diecimila piastre d’oro turche, valuta utilizzata per non rendere riconoscibile la provenienza del danaro. (…) Le monete furono affidate a Ippolito Nievo. (…) Il garibaldino padovano era stato incaricato di tenere la contabilità della spedizione e lo fece con scrupolo. Dopo circa un anno, avendo riscontrato diverse e gravi irregolarità, raccolse la documentazione a sua disposizione e si imbarcò per andare a riferire a Cavour. Nella notte tra il 4 e il 5 marzo 1861, però, il piroscafo sul quale viaggiava, l’Ercole, durante la navigazione da Palermo a Napoli saltò letteralmente in aria. Tutti i passeggeri morirono e non vennero recuperati né cadaveri, né relitti. (…) Erano in molti a desiderare che Ippolito Nievo non giungesse a Torino. (…) Garibaldi e i suoi uomini l’11 maggio 1860 potettero sbarcare senza subire danni nel porto di Marsala. La scelta del paese siciliano non fu casuale, perché tra i suoi residenti erano numerosi i cittadini dell’impero britannico, del quale poteva essere considerato quasi un protettorato. (…) “La mafia rese i più grandi servizi alla causa della rivoluzione contro i Borboni… Gli stessi mafiosi si batterono prodemente nel 1860 tra i picciotti di Garibaldi e quando trionfa la leggendaria spedizione dei Mille, nel momento in cui una nuova vita doveva cominciare per la Sicilia, la mafia si trovò circondata dall’aureola del patriottismo e col battesimo del sangue versato in difesa della libertà.”…
La malavita si fa spazio, trova terreno fertile e non rinuncia a perorare la sua causa.
“Risale a questo periodo il primo salto di qualità della malavita siciliana. Il secondo, invece, fu quello successivo alla cosiddetta rivoluzione parlamentare del 1876, dopo la quale la mafia entrò a pieno titolo nel gioco elettorale. (…) anche l’altra associazione criminale meridionale, la camorra, venne reclutata in chiave antiborbonica e il suo coinvolgimento ufficialmente fu opera di Liborio Romano, che era uno dei maggiori rappresentanti della Massoneria del sud Italia. (…) Quindi la Sicilia e Napoli dopo la conquista del regno rimasero in mano alla mafia e alla camorra, che divennero i veri referenti locali dei governi e furono da quel momento sempre più spesso utilizzate dai politici nazionali per controllare le elezioni e più in generale la società del sud.”
Il 21 ottobre si tiene il plebiscito per l’annessione del Piemonte allo stato meridionale ma qualcuno, come l’ammiraglio Mundy, ha espresso un suo chiaro parere rispetto a quelle votazioni:
“Ogni elettore, passando tra due file di guardie nazionali, doveva salire alcuni gradini, pervenendo così su una piattaforma, dove erano collocate tre urne. Quelle poste a destra e a sinistra distavano parecchi piedi da quella centrale e recavano dipinte in grandi caratteri le parole SI e NO. L’elettore doveva, quindi, camminare verso una di esse, sotto gli sguardi di una dozzina di scrutatori, immergervi il braccio ed estrarre una scheda. Ciò significava naturalmente votare pubblicamente nel più chiaro senso della parola. Secondo me un plebiscito a suffragio universale regolato da tali formalità non può essere ritenuto veridica manifestazione dei reali sentimenti d’un paese… Temo che chi avesse voluto dichiararsi apertamente ostile alla scarsa parola d’ordine Italia Una, avrebbe avuto bisogno di molto coraggio. I seggi, però, non erano presidiati solo dalla guardia nazionale, come riporta l’ufficiale inglese, ma anche dalla mafia e dalla camorra. I loro uomini con minacce e intimidazioni fecero in modo che tutto andasse come stabilito e così ebbe inizio la collaborazione delle due organizzazioni criminali con i governi nazionali. A parte le violenze, per ottenere nei plebisciti il risultato più ampio possibile, venne effettuato ogni tipo di abuso. Molti votarono più volte, nello stesso seggio o in seggi diversi, e votarono anche molti che non ne avevano diritto.”
Va assolutamente sottolineato e ricordato che prima dell’unità lo stato con maggiore capacità produttiva era quello borbonico, grazie soprattutto alla politica economica di Ferdinando II e che il Piemonte era il paese più tassato e indebitato d’Europa, con un debito pubblico quattro volte superiore a quello dell’intero Regno di Napoli.
“Si disse che tutta l’Italia aveva obbligo di rimborsare le spese che il piccolo stato subalpino aveva sostenuto per finanziare l’indipendenza nazionale, e non era vero perché il debito pubblico piemontese in massima parte derivava da lavori pubblici, specialmente ferroviari.”
È facile comprendere, quindi, che il meridione da quel momento in poi ha subito una regressione e una penalizzazione sistematica e incessante su tutti i fronti: un gran numero di dipendenti pubblici e di militari rimasero senza reddito, terre demaniali e appartenenti alla Chiesa furono sottratte agli usi civici e ciò comportò una miseria che toccò livelli intollerabili, la produzione industriale si ridusse drasticamente, soprattutto perché le principali commesse statali venivano affidate ad imprese settentrionali, milioni di meridionali furono costretti ad emigrare, e nondimeno si sviluppò, di conseguenza, il fenomeno del brigantaggio. Il sud era letteralmente crollato in ginocchio.
Di fatto, non c’era unità, non c’era fratellanza, non c’era comunità.
“Ci trattano come un paese conquistato…”
È come se tutto ciò non bastasse, l’orrore si materializza nella sua più inconcepibile versione. Atti di crudeltà inenarrabile vengono compiuti ai danni prima dei militari borbonici, che altro non avevano fatto se non servire degnamente la Corona, e poi contro coloro che per le condizioni di vita disperate, erano stati costretti a vestire i panni del brigante.
Di questo parlano e scrivono tutti: Napoleone III, Papa Pio IX, Giordano Bruno Guerri, Gramsci, senza contare gli innumerevoli scrittori, giornalisti, intellettuali e contestatori di vario rango. Lo stesso Garibaldi, dimessosi dal Parlamento nel 1868 e accusato di essersi sottratto alla lotta per l’unità nazionale dalla contessa Adelaide Cairoli, fervente sostenitrice delle idee risorgimentali, disse, scrivendole una lettera:
“Mi vergogno certamente d’aver contato per tanto tempo nel novero d’un assemblea d’uomini destinati in apparenza a fare il bene del paese, ma in realtà condannata a sancire l’ingiustizia e il privilegio… Mi sono semplicemente dimesso d’un mandato divenuto ogni giorno più umiliante… Lunga è la storia delle nefandezze perpetrate dai servi d’una mascherata tirannide e longanima troppo la stupida pazienza di chi li tollerava. E voi donna di alti sensi e d’intelligenza squisita, volgete per un momento il vostro pensiero alle popolazioni liberate dai vostri mariti e dai loro eroici compagni. Chiedete ai vostri cari superstiti delle benedizioni con cui quegli infelici salutavano e accoglievano i loro liberatori! Ebbene essi maledicono oggi coloro che li sottrassero dal giogo di un dispotismo, che almeno non li condannava all’inedia, per rigettarli sotto un dispotismo più orrido assai, più degradante, e che li spinge a morir di fame. Io ho la coscienza di non aver fatto male, nonostante non rifarei oggi la via dell’Italia Meridionale, temendo d’esservi preso a sassate da popoli che mi tengono complice della disprezzabile genia che disgraziatamente regge l’Italia e che seminò l’odio e lo squallore ove noi avevamo gettato le fondamenta d’un avvenire italiano, sognato dai buoni di tutte le generazioni e miracolosamente iniziato. E se vogliamo conservare un’avanzata fiducia tra la gioventù chiamata a nuove pugne e perché può aver bisogno della nostra esperienza, io consiglio ai miei amici di scuotere la polve del carbone moderato con cui ci siamo anneriti e non ostinarsi al consorzio dei rettili striscianti sempre, quando abbisognano, ma pronti sempre a nuovi tradimenti. E chi sa non si ravvedano gli epuloni governativi lasciati soli a ravvolgersi nella loro miseria? Comunque, sempre pronto a gettare il mio rotto individuo nell’arena dell’unità Nazionale, anche se dovessi ancora insudiciarmi, io non cambio oggi la mia determinazione, dolente di non poter servire popolazioni care al mio cuore, perché buone, infelici, maltrattate e oppresse, e dolentissimo di contrariare l’opinione di Voi che tanto amo e onoro.”
Ho scelto di dilungarmi notevolmente su questo libro tanto complesso quanto esaustivo ed interessante, perché nelle mie vene c’è sangue italiano, ma soprattutto, c’è sangue napoletano. Mi sono figurata le scene delle battaglie, dei compromessi studiati a tavolino, delle torture subite dai nostri avi, del repentino e subdolo cambio di scenario sociale, politico ed economico, della sofferenza, dell’orrore e del terrore in cui tanti, troppi nostri connazionali si sono ritrovati a patire senza potersi in alcun modo opporsi e difendersi, orfani di uno stato che avrebbe dovuto essere unitario ed equo, e invece si è rivelato fazioso e approfittatore. Una ferita ancora aperta, che brucia quando i fratelli del nord inneggiano contro i meridionali, sperando che il Vesuvio ci lavi via eruttando o che un qualsiasi fenomeno possa contribuire alla nostra definitiva sparizione da questo piano. È doloroso, disumano, inconcepibile. Ed è giusto e necessario che alcune letture vengano ampiamente condivise e diffuse, perché tutto quello che è successo è assurdo e intollerabile. L’Italia è stata fatta, ma gli italiani, purtroppo, non ancora. E noi, tutti noi, oggi, abbiamo quantomeno il dovere morale di ricordare…
Pubblicato da Fabiana Manna
Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio! Mostra altri articoli