Ma Fiore non è Gioacchino

𝗠𝗮 𝗙𝗶𝗼𝗿𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗲̀ 𝗚𝗶𝗼𝗮𝗰𝗰𝗵𝗶𝗻𝗼, 𝘁𝗮𝗻𝘁𝗼𝗺𝗲𝗻𝗼 “𝗰𝗼𝗺𝘂𝗻𝗶𝘀𝘁𝗮”
Ma chi è Fiore, cosa rappresenta, perché ho dedicato un romanzo spirituale a lui? Per cominciare è un personaggio leggendario, non è Gioacchino da Fiore. Su La Verità Francesco Borgonovo parlava della fascinazione del mio libro, ma invitava a stare attenti perché Gioacchino da Fiore è un rivoluzionario-progressista, un teologo comunista. Dunque sarei improvvisamente diventato uno di loro? Dopo che il Corrierone ha accostato il mio Fiore alla setta complottista di QAnon, non mi sorprende più nulla. Cerco allora di spiegarvi Fiore; e non è una presunzione, avendolo scritto io.

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Ma Fiore non è Gioacchino, tantomeno “comunista”
veneziani leggenda fiore

Ma chi è Fiore, cosa rappresenta, perché ho dedicato un romanzo spirituale a lui? Per cominciare è un personaggio leggendario, non è Gioacchino da Fiore. Su La Verità Francesco Borgonovo parlava della fascinazione del mio libro, ma invitava a stare attenti perché Gioacchino da Fiore è un rivoluzionario-progressista, un teologo comunista. Dunque sarei improvvisamente diventato uno di loro? Dopo che il Corrierone ha accostato il mio Fiore alla setta complottista di QAnon, non mi sorprende più nulla. Cerco allora di spiegarvi Fiore; e non è una presunzione, avendolo scritto io.

Per coprirmi di ridicolo dirò che ho tentato di scrivere I fiori del bene nell’epoca in cui dominano I Fiori del male. Questo, almeno, l’intento. Al di là di Baudelaire e della sua opera, i fiori del male sono il paradigma della letteratura moderna e l’essenza nascosta del nostro tempo. In un mondo senza Dio, sparita la scala del bene, ogni prospettiva individuale e collettiva è finita all’inferno nella falsa promessa del paradiso in terra, funesta per i singoli come per i popoli. I fiori del male sono stati l’impronta della modernità su vari piani: nell’esprimere il male di vivere, interiore e individuale, storico e collettivo; nella pretesa di sradicarlo, di celebrare le vittime o all’opposto di goderne i piaceri; nel figurare l’artista o lo scrittore come poeta maledetto che vive e descrive l’oscurità, privato della luce e della grazia.

Invece, io ho dedicato l’opera al Fiore del bene; un’opera lontana dalle polemiche, dalle ideologie e dai pensieri negativi, percorsa dalla luce, dalla bellezza, dalla ricerca del bene, che non ha nulla a che vedere col buonismo, suo surrogato falso. La leggenda di Fiore è un’avventura nutrita dalla nostalgia delle origini che si svolge in tempi e luoghi indefiniti. A tratti allude al presente e ad autori, esperienze e opere cruciali. A ognuno si rivolge secondo il suo grado di comprensione e il suo livello di sensibilità. Ha il tono lieve di una fiaba, cosparsa di buche dove in profondità brillano come mine i pensieri.

Avevo insistito con l’editore per rinunciare a firmare l’opera e pubblicarla con altro nome, magari straniero. Volevo liberare l’opera dall’autore, volevo che si leggesse con mente libera e passione di verità, dimenticando pregiudizi, etichette. La copertina fiorita è di Franco Battiato, alias Suphan Barzani, catalogata come la donna e il fiore; ma è il derviscio e la rosa.

Fiore è stato concepito in cattività, nella quarantena, perciò aspira al libero andare per il mondo, alla vita tra cielo e terra, sole e mare, baciati dal vento. È un’avventura come destino, popolata di animali mitici, di amori sfiorati ma fruttuosi, di figure speciali. Intreccia storie vissute e viaggi interiori, trame narrative e orditi simbolici. Di sette complottiste, di comunisti o progressisti neanche l’ombra.

Il nome e il titolo nacquero insieme alla prima idea dell’opera, in un giorno recluso di primavera. Insieme figurai che Fiore fosse nato e morto nello stesso giorno, a fine anno, come il suo destino circolare, in cui la nascita e la morte combaciano; cercando poi sul calendario il giorno di san Fiore, scoprì che era proprio il 31 dicembre, sotto il manto di San Silvestro. A quel punto l’opera andava scritta.

Il suo nome sarà il suo destino, la ricerca del Fiore d’oro, il suo vagare di fiore in fiore, il suo incontro con Gioacchino da Fiore, il frate dell’Apocalisse e dei Sette Sigilli. Fiore riceve in consegna il trattato del profeta, mai ritrovato, di cui storicamente si conosce solo il titolo: De unitate seu essentia Trinitatis, dedicato all’avvento dello Spirito Santo. E qui nasce l’equivoco di Borgonovo.

Potrei dire che amo provocare, mi piace sporgermi ai confini e rovesciare le prospettive dominanti; ma del “teologo progressista e comunista” non c’è proprio traccia nel libro come nel mio pensiero. Sarebbe bastato leggere il capitolo dell’incontro col Papa che anziché Santo Padre volle farsi fratello, la Chiesa dei tre papi viventi, per fugare ogni ombra…

In realtà Gioacchino da Fiore non va letto con le lenti degli autori progressisti e marxisti; era un profeta medievale, fu amato da Dante, fu un mistico, un asceta spirituale. Visto che oggi riducono Cristo a comunista e rivoluzionario, che fate, non parlate più di Cristo? Il Gioacchino di cui parlo io non c’entra con la storia, con le rivoluzioni politiche, tantomeno col progresso lineare (il libro è un’apologia della visione circolare e del ritorno); indica un cammino di salvezza spirituale verso quella che grandi pensatori della Tradizione hanno definito l’Unità trascendente delle religioni, che come raggi puntano a uno stesso centro, l’Uno, l’Essere, Dio. Il contrario dell’ecumenismo che è un confluire delle religioni nel culto dell’umanità. Ma soprattutto il mio libro non è dedicato a Gioacchino da Fiore, non è incentrato su di lui e il suo pensiero, è solo uno degli incontri decisivi nel suo cammino.

Dal mio punto di vista, la leggenda di Fiore completa la trilogia letteraria composta nell’arco di vent’anni, in mezzo a vari saggi: il 2001 l’autobiografia apocrifa di Plotino; il 2011 le lettere immaginarie di Lucilio in risposta a Seneca; il 2021 il romanzo di Fiore. Ma è un dettaglio trascurabile per voi.

Un ossimoro può definire il genere dell’opera: realismo mitico. Che vuol dire romanzo spirituale? Vuol dire vedere in questo mondo i segni di un altro mondo; e vedere questo mondo con altri occhi sotto altra luce. Vuol dire che al fondo della vita c’è un’energia che la muove e non si spegne con lei. Spirito viene da respiro. Ai profani dico: se è solo un’illusione fa vivere meglio, e più degnamente. Se illusione non è, fonda la vita e la proietta oltre se stessa.

La leggenda di Fiore è un tappeto volante per evadere dalla prigionia del presente e respirare in tempi di povertà spirituale la gioia di vivere nel bene e poi di svanire, spogliati di sé, nella luce dell’alba e del tramonto. L’ho affidato ai “cuori intelligenti”. A giudicare dal gelo circostante, ho sbagliato tutto.

MV, La Verità 6 maggio 2021