Nel 2011 pubblicai con il gruppo (Publiedi, SI (settimanale), Mondadori, Rai-Eri) il romanzo storico “Ai Templari il settimo libri”, svelando, all’interno di esso, i nomi di tutti i Maestri Templari della storia. Nella narrazione s’intrecciano il primo Gran Maestro e l’ultimo.
Una esperienza che mi mise in contatto con un mondo sconosciuto, antico, ma moderno (neo-templarismo), e si squarciarono veli riguardo la conoscenza dell’animo umano. Due anni di lavoro intenso, di contatti con un “mondo” che anche la penna del più “calloso” scrittore farebbe fatica a riportare interamente. A seguire, una genesi “facile” di chi furono i Templari, ma se svoltate l’angolo… (…poi torno…).
Col rogo che il 18 marzo del 1314 a Parigi, sull’isola della “Cité” nel bel mezzo della Senna, mise fine alle vite del Gran Maestro Jacques de Molay e del suo braccio destro Geoffrey de Charnay, così facendo definitivamente calare il sipario sull’Ordine dei “Pauperes Comilitares Christi Templiqui Salomonis” (altresì detti “Templari”) si compì una delle più grandi opere di mistificazione della storia, orchestrata nell’ambito di quello che alcuni storici hanno recentemente definito “crimine di stato”.
Ci troviamo di fronte ad una sorta di romanzo giallo, in cui però conosciamo in partenza il mandante dell’assassinio, cioè il Re di Francia Filippo IV detto “il Bello”, oltre che il sicario rispondente al nome di Clemente V, primo della serie dei Papi avignonesi, un francese malaticcio, amante del quieto vivere e dei piaceri della vita in tutto diverso dal suo predecessore, quel Bonifacio VIII vivente il quale mai Filippo IV avrebbe potuto menare a buon fine le sue trame.
I Templari erano gli aderenti di un Ordine al tempo stesso religioso e militare, fondato in Terrasanta durante la I Crociata e riconosciuto da Papa Onorio II nel 1129. Come frati armati combattevano per difendere Gerusalemme e il Santo Sepolcro dai Saraceni.
Ben presto divennero una potente organizzazione sovranazionale, un po’ sul modello dell’odierno Sovrano Militare Ordine di Malta,il cui primo scopo consisteva nel mantenere una salda presenza cristiana in Terrasanta. Ebbero un enorme successo fino agli inizi del Trecento, quando Filippo IV li mise in stato d’accusa per reati contro la fede cristiana, in un contesto paradossale per uomini che avevano fatto voto di difendere quella fede al costo della loro stessa vita.
Diffamazione e calunnie, diffuse nel quadro d’un piano costruito su una specie di “sexgate ante litteram” e basato sulla falsa testimonianza di un traditore, fornirono il pretesto per procedere conto i Templari accusati d’essersi macchiati del “crimine di Sodoma”, oltreché di eresia, idolatria, dedizione a riti esoterici e adorazione del diavolo “Bafometto”.
Le ingenti ricchezze dei “Pauperes Comilitares” i quali, prima di diventare tali, “pauperes” non lo erano affatto perché provenienti da famiglie dell’alta nobiltà e quindi molto agiate, ma devolvevano tutti i loro averi all’Ordine nel momento stesso in cui vi entravano, facevano infatti tremendamente gola a Re Filippo.
Sempre “a bolletta sparata” quest’ultimo, grazie alla confisca dei beni che sarebbe seguita ad una condanna per crimini di quel genere, avrebbe potuto incamerare il loro tesoro, custodito in una cittadella fortificata detta “Temple” ed a sua volta rinchiusa dentro la cerchia muraria di Parigi, come una sorta di mini-stato nello stato.
Così, nell’ambito di un’operazione poliziesca di stile moderno,all’alba del 13 ottobre del 1307 in tutto il Regno di Francia un folto drappello di soldati fece contemporaneamente irruzione nelle varie sedi dell’Ordine, mettendo i Templari in stato di fermo.
L’indomani mattina i messi reali si presentarono a Poitiers alla Corte di Papa Clemente V il quale, di fronte alle confessioni che iniziavano a fioccare sotto tortura, non poté più continuare a farfinta di nulla e dopo qualche settimana, con la bolla “PastoralisPraeminantiae” ordinò a sua volta l’arresto dei Templari in tutto il mondo cristiano. Solo un Papa poteva infatti legalmente mettere agli arresti dei consacrati che gli avevano giurato obbedienza.
Fra processi, torture e roghi si arrivò quindi alla bolla “Vox in Excelso” con la quale nel 1312 quel Pontefice decise ufficialmente la soppressione dell’Ordine dei Templari e la contestuale spartizione del loro patrimonio fra i Cavalieri Ospitalieri e le voraci casse di Re Filippo IV.
L’ultimo atto della vicenda consisté per l’appunto nel tragico rogo che consumò Jacques de Molay dopo che lo stesso, in un sussulto d’orgoglio, aveva ritrattato la confessione estortagli sotto tortura, così venendo dichiarato dai suoi aguzzini “hereticus relapsus” e come tale degno di quella morte atroce.
Si narra che appena prima di morire il Gran Maestro abbia scagliato una maledizione contro i suoi persecutori, Filippo e Clemente, chiamandoli a comparire presto davanti al tribunale di Dio, cosa che effettivamente avvenne perché il Papa spirò dopo un mese circa, mentre il Re lo seguì nella tomba sul finire di quello stesso anno, a causa delle ferite riportate dopo una caduta da cavallo.
MP