La Torre di Pontelandolfo

LA TORRE DI PONTELANDOLFO

Le vicende e la storia di Pontelandolfo sono legate alla Torre che nel corso dei secoli ha vissuto l’alternarsi delle dominazioni, subendole ed assistendo impotente a tre distruzioni e saccheggi.
L’epoca presumibile dell’edificazione della Torre si può collocare tra la fine del XIV ed il principio del XV secolo ad opera dei Gambatesa, conti di Campobasso .
Nel 1064 già da qualche trentennio un castello doveva dominare questo territorio, crocevia delle strade provenienti dagli Abruzzi e dal Molise, dalla Puglia, dal Casertano e dal Beneventano.
Nel 1138 RE RUGGIERO dei NORMANNI, in guerra contro il ribelle conte di ARIANO, mise a sacco e fuoco l’abitato e questa fu la prima volta che Pontelandolfo fu distrutto .
Il Castello, assieme alla terra del contado fu dato nel 1138 a RUGGIERO BURSELLO feudatario fedele al Re, poi, dal 1166 al 1189, ne risulta padrone UGO BURSELLO .
Ma solo dopo il passaggio degli eserciti di Carlo d’Angiò nel 1266 e del re Luigi d’Ungheria nel 1348, si comprese l’importanza strategica di questo luogo, e per questo i feudatari per difendere meglio il Castello lo fortificarono.
Attorno al ” CASTRUM PONTISLANDULFI “, a poco a poco è sorto i paese che è andato sempre più ingrandendosi. Posseduto dal feudatario Angioino MANFRIDIO, un certo MATTEO lo lasciò nel 1294 al figlio RUGGIERO, a questi successe, nel 1306, la figlia FINIZIA. Nel 1317, se ne dichiarò padrone RICCARDO di NOCERA per parte della moglie FLORESIA .
Nel 1336 il Re ROBERTO dichiarò illegittimo il possesso del Castello e della Terra e lo donò a CRISTOFARO III d’AQUINO, ciambellano del Re.
Sorse, come terzo contendente, LUIGI di LUPARIA, che chiedeva per sè il Castello di Pontelandolfo, e affermando che gli competeva quale nipote di ALESSANDRO di BOIANO che l’aveva legittimamente posseduto.
Devoluto al fisco per mancanza di eredi di Cristofaro d’Acquino, nel 1341 il Castello ed il feudo fu acquistato da CARLO ARTUS valoroso capitano e ciambellano del Re.
Nel 1342 Carlo Artus vendette il feudo a GUGLIELMO DE BRUSASCO, che, a sua volta, dopo tre anni, nel 1345, lo vendette al conte di Morcone CARLO GAMBATESA, il quale lo vendette, nel 1347, a PIETRO SCONDITO.
Dal 1415 al 1435 feudatari risultano ANTONELLO e MARCO DELLA RATTA, quest’ultimo cede, i documenti non sono chiari, il Castello e le terre al Conte di Campobasso, Angelo Gambatesa, che ne risulta possessore.
Intorno al 1460 il Castello di Pontelandolfo si arricchisce di una maestosa Torre a Nord-Ovest dell’abitato e si rafforzano le mura, interrotte da cinque torrette di avvistamento e da quattro porte: Porta Nuova ad Oriente ( ancora visibile ), porta S.Felice a Ponente ( ancora visibile ), porta Castello a Nord- Ovest e porta Annunziata a Settentrione.
Nel 1458, morto Alfonso I e succeduto Ferdinando I d’Aragona, signore del Castello di Pontelandolfo era Niccolò Gambatesa di Monforte, conte di Campobasso .
E’ a questo personaggio che si può far risalire la costruzione della Torre e delle cinta murarie di fortificazione del Castello. Infatti costui era un attivo, sagace e valoroso combattente, ebbro di successo per aver combattuto contro i turchi e catturata una loro nave, si dedicò all’arte della guerra acquistando la fama di uomo fiero, vendicativo e violento. Non tralasciò quindi di curare e rafforzare i suoi feudi con opere di fortificazione e facendo coniare monete.
Unitosi nel 1459, con altri baroni ed al principe di Taranto, e al duca Giovanni d’ Angiò per impadronirsi del regno determinarono la reazione del re Aragonese.

Al principio dell’autunno del 1462 il re Ferdinando I d’Aragona alla testa dell’esercito, sottomessi i baroni ribelli di Puglia, colto dal freddo e dalle piogge, s’incamminò attraverso i monti per recarsi nel Sannio, dove il clima era più mite ed il territorio abbondante di viveri per il suo esercito .
Conquistato facilmente S. Martino, Riccia, Reino e Fragneto l’Abate, nel mese di Novembre, seguito con molta fatica e lentezza dalle artiglierie di legno che dovevano percorrere vie impervie, giunto a Pontelandolfo lo mise in stato di assedio.
Il conte Niccolò Gambatesa di Monforte, quale capitano e soldato di grande esperienza escogitò tutti i mezzi per prolungare l’assedio e difendere i suoi domini.
Rinforzò il presidio con ulteriori sbarramenti, radunò tutti i suoi armigeri, chiese tregua per riprendere forza. Il Re nel frattempo aveva posizionato le artiglierie di legno, e dalle Campetelle iniziò a cannoneggiare le mura. Dopo un assedio durato ben 11 giorni il re Ferdinando d’Aragona, nella notte fra il 13 ed il 14 novembre dell’anno 1462, riuscendo a penetrare in più punti della muraglia difensiva, fece arrendere i difensori .
Padroni ormai del Castello e delle mura, i soldati, esasperati per un così lungo assedio, uccisero, bruciarono e saccheggiarono tutto ciò che incontrarono.
Il conte, perduti i beni ed ogni speranza, posto in esilio dal re, si rifugiò in Francia seguendo la sorte e la fortuna degli altri capitani fedeli al duca Giovanni d’ Angiò.
Morì negli accampamenti militari mentre assoldava cavalieri per la repubblica di Venezia.
Nel 1466 il Re, in premio dei servigi resi alla casa d’Aragona, per la repressione dei baroni ribelli, donò il Castello e le terre a DIOMEDE CARRAFA conte di MADDALONI.
Alle vendette, prepotenze e vessazioni che dovettero subire gli abitanti del Castello, si aggiunsero due “Castighi del cielo”: la peste nel 1656 ed il terremoto. Infatti durante il terremoto del 1688 trovarono la morte circa 200 persone e presumibilmente crollarono le mura di cinta, alcuni ingressi e le costruzioni del Castello .
Sulle rovine della cinta muraria e della Porta di ingresso, a seguito del 2° Incendio del paese, trovò posto la costruzione dell’attuale Chiesa dell’Annunziata.
I CARRAFA, con il titolo di conte e poi di duca, possedettero il Castello e le terre di Pontelandolfo per ben 340 anni ( dal 1466 al 1806 ). Nell’Agosto del 1806 viene dichiarata la fine della feudalità con decreto emanato da GIUSEPPE NAPOLEONE .
Il 14 agosto 1861 gli abitanti subiscono, per la terza volta, il saccheggio e l’incendio dell’abitato di Pontelandolfo, questa volta ad opera dell’esercito italiano per la reazione all’uccisione di 45 soldati italiani avvenuta l’11 agosto 1861.
La Torre, venduta dal Principe di Colobrano Francesco Saverio Carafa all’Avv. Giovanni Perugini di Pontelandolfo, dal 1807 agli inizi del 1900, è appartenuta alla FAMIGLIA PERUGINI .
Successivamente è appartenuta a Ugo Gregoretti che ne ha curato e ripristinato l’uso .
Attualmente il proprietario è il dott. Ferdinando Melchiorre (deceduto nel 2015).

Guida per il visitatore

Superato l’ampio portone, sul cui arco si nota inciso lo stemma dei CARRAFA, notiamo il muro a circuito poligonale, saldamente costruito sulle rocce, che racchiude un giardino spartano e l’ingresso alla Torre. A sinistra dell’ingresso vi è una cappellina gentilizia, mentre il restante spazio interno è abbellito da aiuole e residui di spoglio di vario genere: frammenti di portali antichi, iscrizioni e busti in marmo ed in pietra.
La Torre è alta 21 metri, il basamento delle mura sono larghe 4,50 metri , Costruite a scarpa su un diametro di 14 metri. Di forma perfettamente cilindrica essa è divisa in due sezioni principali ben riconoscibili. La prima è delimitata da un cordone in pietra bruna; la seconda raggiungendo i merli chiude la parte essenziale della costruzione medioevale.
La prima sezione comprende due vani : uno spazioso, chiuso tra il basamento ed una volta in pietre, era adibito a cisterna . Infatti da un’apertura, nel muro dal lato sud- ovest, si attingeva l’acqua per i bisogni degli assediati.
L’altro vano, ad altezza umana, interposto tra la volta della cisterna ed il pavimento superiore, era diviso in quattro settori uguali e serviva per conservare le munizioni .
La seconda sezione, chiusa da una volta in pietre, era separata da un assito a due piani a cui si accedeva attraverso delle botole. Una grossa cornice di pietra limita il vecchio edificio; su di essa un tempo esisteva la merlatura da cui i difensori tiravano frecce, pietre e con i piombatoi versavano pece ed olio bollente sugli assedianti.
Si può desumere che alla torre si accedeva dall’interno del castello mediante un ponte levatoio, che, partendo dalle mura del fabbricato poste di fronte, calava sulla soglia del finestrone che guarda a mezzodì .
Le riparazioni e le aggiunte rendono difficile una più minuziosa descrizione del fabbricato.
Infatti nella prima metà del XIX secolo il proprietario dott. Gaetano M.Perugini, fece eseguire massicci interventi strutturali: la merlatura fu innalzata aggiungendo una torretta ; fu aperta, nella cisterna, una porta dal lato del giardino ; furono aperti due balconi uno al primo e l’altro al secondo piano ; eliminate le botole, fu scavata una scala nelle mura per raggiungere i piani e la sommità della torre.
La tradizione orale riporta l’esistenza, all’interno della Torre, di un passaggio segreto che conduceva fuori dell’abitato. Certamente qualche cunicolo poteva esistere, all’interno della Torre o del Castello, per consentire agli assediati, in caso estremo, di fuggire dalla fortezza, ma la sua ubicazione non è stata mai trovata ed accertata.
Al suo interno è possibile vedere ……
Nella seconda sezione due stanze con balconi: uno prospiciente sul giardino e l’altro permette la bellissima veduta della Piazza e del Viale dell’Impero che si allunga verso il bivio di S. Donato .
Le stanze sono abbellite da una armatura medioevale, letti e cassapanche antiche con arredi d’epoca e documenti storici dell’Unità d’ Italia. Arrivati alla sommità si potrà ammirare il panorama e la veduta dei paesi circostanti quale Casalduni, Paupisi … e Benevento.