Una domenica molto particolare.
Alcuni colleghi mi hanno chiesto cosa avessi da fare oggi che e’ domenica e quando gli ho risposto che non volevo fare niente ma solo annoiarmi un po, mi hanno incalzato: “Allora devi assolutamente vedere la DMZ”. Non avevo alcuna idea di cosa fosse la DMZ, ma erano gentili e pressanti e non ho osato dire di no. Mi sono ricordato poi che nella storia, i grandi gesti eroici nascono, a volte da piccole vigliaccherie. Quando non sappiamo dire di no. E’ iniziata cosi una delle giornate piu’ strampalate della mia vita. Dovete sapere che Seoul dista poco piu’ di 20 chilometri dalla zona demilitarizzata che si trova sul confine artificiale tra la Corea del Nord e la Corea del Sud. E la DMZ e’ la DeMilitaryzed Zone tra le due Coree. L’appuntamento e’ per le otto del mattino di fronte al mio appartamento. Passa a prendermi un pullman militare, e quando salgo ci sono gia’ a bordo dodici filippini e un francese. Si aggiungeranno poi alcuni Indiani e uno yemenita. Il pullman viaggia veloce verso il nord mentre uno schermo televisivo trasmette propaganda politica in coreano di cui non capisco i dettagli, ma il fatto che appaia a piu’ riprese il dittatore nord coreano disegnato come un porco, la dice lunga sul significato del video. Arriviamo in uno sterrato nelle vicinanze del confine armato e qui veniamo suddivisi in piu’ gruppi piu’ piccoli. Poi ci vengono consegnati un elmetto, un paio di stivaloni e una maschera antigas. La cosa, comincia a preoccuparmi parecchio. Ci viene fatto un breve corso di istruzione su come indossare la maschera, e la cosa e’ sempre piu’ preoccupante. Poi saliamo su un mezzo fuoristrada militare e al mio gruppo viene detto che ci dirigeremo verso il tunnel n. 4. Serpeggiano nel gruppo brevi commenti ironici, per ridurre la tensione. Dopo aver scollinato alcuni dossi e attraversato una foresta e guadato alcuni torrenti, il mezzo militare si ferma in uno spiazzo, la nostra guida, una ragazza coreana molto carina, ci dice di indossare gli stivaloni e l’elmetto e scendere dal mezzo. Poi ci conduce all.ingresso di un tunnel e ci spiega che questo e’ il quarto tunnel scavato dai nordcoreani nel 2006 per invadere la Corea del Sud. Ne esistono altri di tunnel simili e il dittatore nordcoreano per tenere buoni i suoi concittadini, ogni tanto, gli fa scavare un tunnel promettendogli l’invasione della Corea del sud, ma ogni volta il tunnel viene intercettato dalla Corea del Sud prima dell’uso e quindi viene fatta una colata di cemento per isolarlo e poi viene usato per scopi turistici (ecco perche’ siamo qui!!!).
Ora ci infiliamo nel tunnel in fila indiana e con la testa abbassata infatti il tunnel e’ stato fatto su misura per i soldati coreani che non brillano per altezza. Quindi il tetto si trova circa a un metro e sessanta da terra e noi siamo costretti a camminare ricurvi. Ogni tanto io mi distraggo e alzo la testa dando capocciate tremende contro il tetto del tunnel che e’ fatto di serci acuminatissimi ( e meno male che ci ho l’elmetto). Il tunnel, ci dice la guida e’ lungo 16 chilometri. Mi viene un collasso! Poi mi sento soffocare, poi il camminare nel fango non e’ certo agevole. Ad un certo punto non sento piu’ niente, mi risveglio quando la guida ci mostra una fascia rossa sulla parete: questo e’ il confine della Corea del Nord.
Percorro ancora alcuni passi e poi mi siedo ad aspettare che il gruppo torni indietro. E un pensiero mi scatta in mente: che ci faccio io qui, in questo tunnel fangoso alla luce di fioche lampadine treecento metri sotto terra, sotto il territorio della Corea del Nord? Forse era meglio starsene a casa ad annoiarmi.
Carlo Perugini