Quando il mio cadavere sarà ritovato alla foce del fiume Hahn, per favore stampate la foto allegata come prova del crimine.
E se ancora non sarò morto cercate un antitodo su Google o su Yahoo.
Un antidoto già lo conosco: Una falanghina di Fontavecchia bella fredda sarebbe sufficiente.
Il mio collega, mi invita ad andare a pranzo fuori e non alla solita mensa aziendale. Deve festeggiare il fatto che presto diventerà nonno, mi dice. Gli faccio le congratulazioni di rito e accetto.
Lui dice che mi porterà a mangiare in un posto speciale. Un piatto speciale. Comincio a preoccuparmi ma non lo do a vedere.
A mezzogiorno, saliamo in macchina e facciamo circa dieci kilometri in aperta campagna, tra immense risaie e capannoni di ginseng per arrivare in un posto che potrebbe chiamarsi Osteria della Gallina o qualcosa di simile.
Il piatto tipico qui, e anche unico, è una specie di zuppa di gallina (stracotta fino allo sfaldamento della carne) con molti agli neri (affumicati ) e un fungo che cresce nella radice di alcuni alberi e che io non avrei mai pensato di poter nangiare. Dopo il solito rituale di togliersi le scarpe e mettersi accovacciati vicino a tavolinetti alti trenta centimetri (una delizia x la mia artrosi). Ci viene servito un pentolone di zuppa di gallina ecc ecc. Affiliamo gli sticks (di forchette neanche l’ombra) e comincio a disossare con gli stick i pezzi di gallina. L’operazione si presenta laboriosa, ma alla fine la fame ga il sopravvento.
La carne stracotta si stacca facilmente e ha un sapore molto delicato. Ma gli agli neri sono dolcissimi e deliziosi. Evito di mangiare il fungo e spero di salvarmi. Ma a metà pranzo il mio anfitrione, volendomi fare una delicatezza, ordina una bottiglia di qualcosa, di cui ignoro la natura. Lui non la beve, perché è allergico all’alcool (come la maggior parte dei coreani, e io assaggio: è fresco e piacevole. Il gusto è di frutti di bosco ed è molto alcolico.
Non c’è altro da bere. I coreani non bevono a tavola. E io ci do sotto con la bottiglia. Con mio sommo disappunto mi accorgo che presto finisce.
Ora, fino a che state accovacciati sul pavimento, niente da dire. Ma provate ad alzarvi in piedi e vi accorgerete che l’osteria ha iniziato uno strano ballo di san Vito.
Le mura, che prima ho visto ben solide, si contorcono e deformano in un delirio colorato.
Riesco, a fatica a guadagnare la porta. Ma ritrovare le mie scarpe, e soprattutto allacciarle è molto impegnativo.
E tenete conto che oggi pomeriggio devo anche lavorare….
Mi schianto sulla scrivania e, a porta chiusa, dormo fino a pomeriggio inoltrato….