Gent.mo Prof. Rinaldi,
come da colloquio telefonico Le rimetto copia del mio saggio storico appena pubblicato sul numero di novembre della rivista molisana “Il Bene Comune” inerente non solo la figura e formazione dello “storico di Campobasso” Vincenzo Eduardo Gasdia, ma anche quella sulle origini della sua famiglia. Tralasciando visioni settoriali e spesso campanilistiche ho voluto allargare l’indagine storica ed archivistica anche sui membri del casato, da dove venivano, e i paesi del Sannio dove la famiglia ebbe stabili dimore. Lascio a Lei dopo la lettura le possibili interpretazioni o rimandi. Grazie per la cortese attenzione!
cordialmente
Stefano Vannozzi
Abbiamo stralciato dal lavoro del Dott. Vannozzi la parte della sua ricerca relativa a Nicolangelo Gasdia che ha vissuto a Pontelandolfo e che ha condiviso con Don Epifanio Di Gregorio le vicende dell’eccidio del 14 agosto 1861.
VINCENZO EDUARDO GASDIA QUESTO ILLUSTRE SCONOSCIUTO
Il suo lavoro manoscritto, sulle origini della città di Campobasso, è rimasto per oltre trent’anni custodito nella biblioteca di Montecassino; poi tre studiosi molisani, W. Santoro, A. Savone e M. Ziccardi, lo hanno trascritto in formato telematico, pronto per essere pubblicato; operazione che il Comune di Campobasso ha annunciato di voler portare a termine, destinandole anche un sostanzioso contributo economico.
Nell’imminenza di questa importante operazione di scoperta e valorizzazione della storia del capoluogo molisano, pubblichiamo uno studio di Stefano Vannozzi che ha approfondito la vicenda dello studioso bergamasco di nascita, ma che ha dedicato tutta la sua vita alla storia di Campobasso.
Vincenzo Eduardo Gasdia (Bergamo, 18.11.1885 – † San Giovanni Lupatoto, VR, 28.05.1985), comunemente noto come lo “storico di Campobasso”, è stato uno fra i più eclettici studiosi e proficui scrittori di cose molisane e non solo. Per la vasta produzione storico-letteraria e l’attenta trascrizione di antichi testi sulla vita sociale ed economica del capoluogo del Molise avrebbe il diritto di figurare degnamente fra gli emeriti figli di questa terra, almeno con l’intitolazione di una nuova strada.
Ritratto fotografico del maggio 1915 con dedica autografa di Vincenzo Eduardo Gasdia, foto di Alfredo Trombetta.
[…]
Il nostro studioso si vuole discendente (non saprei su quale base documentaria) proprio di questo Ippolito (la cui origine viene posta in continuità con un antenato canonico del XIII secolo, tal don Domenico), e di un suo successore Arcangelo, che genererebbe la stirpe acclarata, ancora oggi presente in alcuni paesi del Sannio.
Da Arcangelo discenderebbe, infatti, in linea diretta da padre in figlio (tralasciando i rami collaterali), un Pietrantonio, poi un Gardia, da cui venne un Giovanni Nicola che generò, fra gli altri, un Alessio, quindi quel Nicola nato intorno al 1737 del quale ho trovato effettiva traccia anche nel presente studio.
Nella mia ricerca, il primo membro emerso dai lacunosi vuoti lasciati dalla peste del 1656 sembra essere un Januario Gasdio, Gennaro, sposato a Fragneto Monforte (allora in Principato Ultra) con Isabella Saracco e già defunto nel 1685, al momento della stesura del contratto dotale per il matrimonio della figlia Chiarastella Gasdia con Michele Vullo. La coppia ha anche un figlio maschio di nome Andrea, sposato con Angelella Vullo, attestato in più atti notarili.
Nel tempo, il gruppo si ramifica in più famiglie trasferendosi anche nel vicino paese di Fragneto l’Abate, dove i Gasdia risultano tuttora presenti.
Agli inizi del XIX secolo un Francesco, figlio dell’anzidetto Nicola, dopo diversi spostamenti per impieghi d’ufficio nella cancelleria del Giudice di Pace, si stabilisce a Morcone (allora in Molise). Dal suo matrimonio con Donna Vincenza Maffei di Circello nascono Giuditta, Filippo (che trasferito a Benevento, dal matrimonio con Rosa Gatti, avrà Celestino e Vincenzo Maria), Pascalina e Nicolangelo. Quest’ultimo, intrapresa la professione legale, si accasa con Cassandra Gugliotti nel vicino centro di Pontelandolfo, dove la famiglia vive stabilmente per buona parte del secolo, allietata dalla nascita di ben sette figli. Purtroppo le divisioni di vedute politiche e gli avvenimenti unitari influiscono negativamente sul gruppo parentale, presto scisso da veleni, accuse e partigianerie.
Oggi in Pontelandolfo il nome Gasdia non dice nulla, eppure a suo tempo questa casata è al centro di importanti e tragici eventi che non risparmiano nessuno dei fra- telli, fra cui è anche Don Vincenzo Serafino Umile, nonno del nostro studioso, che vi perde case, terreni e la vita stessa poiché, recatosi in Napoli per tentare di scagionarsi dalle accuse, viene invece avvelenato da alcuni “amici” paesani.
La moglie, D. Cleonice De Soccio, insieme a due bambine e in attesa di un altro figlio, ripara dapprima nella casa dei parenti morconesi e poi in quella dei genitori a Campobasso, dove il 19 febbraio del 1862 vede la luce, orfano di padre, Vincenzo Nicola Gaetano.
Il politico e storico Giustino Fortunato (Rionero in Vulture, PZ, 04.09.1848 – † Napoli, 23.07.1932), che ebbe per precettore proprio un Gasdia, P.Francesco di Sales, scrive: “In Pontelandolfo, su cui piombò, già il capobanda Cosimo Giordano, borbonici erano i fratelli Gasdia e l’arciprete De Gregorio, liberali i Perugini e, con essi, il Jadonisio, il Melchiorre, lo Sforza. Mancò ogni resistenza, scappati presso che tutti, il paese andò a scacco: uno dei Perugini vi restò ucciso. Insieme con i fuggiaschi corse la voce dei tre fratelli Gasdia Vincenzo, Francesco e Filomeno – quali autori della reazione. Certo non essi poterono domarla, quando sopravvenuti i 46 soldati del 36° di linea, questi non poterono restarvi e con morti e feriti, scemati della metà, caddero in aperta campagna nelle mani degli insorti, che li menarono prigioni a Casalduni; e anch’essi per ciò presi dal panico della non dubbia vendetta partigiana, già saputi indiziati: non dubitarono fuggire, nascondendosi in Napoli, dove Vincenzo colto da febbre delirante, poco dopo vi lasciava la vita (3 ottobre 1861 all’albergo del Cappello Rosso). Il pubblico giudizio mandò assolti i rimanenti due e con essi l’arciprete Epifanio Di Gregorio. In questo clima non è risparmiata dalle accuse, vere o presunte, neanche la vecchia zia maestra, Suor Pasqualina, schedata come “clericale-borbonica” e proposta per il domicilio coatto in data 12 giugno 1866.
Dopo la narrazione di questi dolorosi eventi di famiglia, la storia personale di Vincenzo Eduardo Gasdia non risulterà certamente meno intricata e commovente