Vittoria Longo “L’Amore rubato”

Dedicato alle donne di Pontelandolfo vittime della barbaria Piemontese

Un  racconto inedito di Vittoria Longo.
Il racconto è di fantasia con tratti della vera storia…
L’amore rubato

‹‹Al mattino del mercoledì, giorno 14, riceviamo l’ordine superiore di entrare nel comune di Pontelandolfo, fucilare gli abitanti, meno i figli, le donne e gli infermi, ed incendiarlo. Difatti un po’ prima di arrivare al paese incontrammo i briganti attaccandoli, ed in breve i briganti correvano davanti a noi. Entrammo nel paese: subito abbiamo incominciato a fucilare i preti ed uomini, quanti capitava, indi il soldato saccheggiava, ed infine abbiamo dato l’incendio al paese, abitato da circa 4.500 abitanti. Quale desolazione, non si poteva stare d’intorno per il gran calore, e quale rumore facevano quei poveri diavoli che la sorte era di morire abbrustoliti, e chi sotto le rovine delle case. Noi invece durante l’incendio avevamo di tutto: pollastri, pane, vino e capponi, niente mancava, ma che fare?››

Così Carlo Margolfo, bersagliere, descrive nel suo diario alcuni episodi di vita militare, tra cui l’eccidio di Pontelandolfo. Si evince chiaramente, nello scritto che donne, bambini ed infermi debbano essere risparmiati, ma fu così? Il 14 Agosto del 1861, l’armata dei bersaglieri, dopo aver messo in salvo le case di tre liberali iniziano la strage degli innocenti. Nessuno viene risparmiato, e rabbrividiamo quando diveniamo consapevoli di certi drammatici episodi come quello di: Maria Izzo, Maria Ciaburri, Concetta Biondi e tante altre.
Maria Izzo è tra le ragazze più belle di Pontelandolfo: alta, carnagione olivastra, lunghi capelli neri raccolti alla nuca e due occhi profondi ed espressivi. Sempre sorridente e uno spirito di vita da far invidia. È promessa sposa di Donato, un contadino del posto, della contrada Cerquelle. Agli inizi di settembre sarebbero convolati a nozze. Nel giorno del fidanzamento ufficiale, la famiglia del giovane, aveva portato in dono alla futura sposa, un ciondolo in oro a forma di stella contenente al suo interno due cuori. Quel monile indossato pubblicamente, avrebbe fatto intendere agli altri pretendenti che la fanciulla fosse già una promessa e quindi non andava “importunata”. Felicissima è Maria, nel confezionare gli ultimi tessuti del suo corredo e l’attesa la rende più raggiante. In paese, nonostante gli animi agitati, dovuti agli ultimi avvenimenti (la banda di Cosimo Giordano aveva ucciso 45 soldati piemontesi pochi giorni prima) niente fa presagire che da li a poche il dolore avrebbe devastato tutti. Non albeggiava ancora quando, l’inferno si scatena a Pontelandolfo. Maria dorme ma le urla, il fumo e lo schiamazzo che viene dalle strade svegliano lei e tutta la sua famiglia. Si alza impaurita e si reca in cucina, va alla finestra sposta la tenda e sbircia fuori. Uno spettacolo raccapricciante: bersaglieri che sfondano le porte delle case, colpi di fucile e baionetta, fanno cadere a terra, come un domino, uomini ,vecchi, bambini. C’è chi appicca il fuoco e chi esce a mani piene dalle case dopo aver razziato, un vero inferno! Scioccata e incredula, non si accorge che sono alla porta e stanno cercando di sfondarla. Entrano, no fa tempo a reagire che le sono addosso come iene. Per i genitori e i fratelli la fucilazione è immediata, mentre per lei è troppo fucilarla a sangue freddo, vogliono “riscaldarla”. Mentre sei di loro provvedono a ripulire la casa, altri quattro facendo forza su di lei, chi per le braccia, chi per i capelli, la trascinano sulla strada. Uno di loro si accorge della stella d’oro che ha al collo e con ghigno di soddisfazione esclama:‹‹ Ragazzi, è una verginella, vedete questo ciondolo, significa che è una promessa sposa! C’è da divertirsi qui! Dai bella, che ti facciamo diventare donna!›› La trascinano fino al ciglio della strada, ponendola al centro di due alberi di robinia, le legano le braccia e le strappano le vesti. Il branco è affamato, ognuno vuole la sua parte. Le alzano le gambe, le allargano, Maria non ha più voce, non ha più forza, si dimena, cerca di scalciare, ma quei bruti hanno la meglio su di lei. Mentre il primo la violenta gli altri, lo incitano a sbrigarsi. Ed è così che quel corpo è vituperato per ben 10 maledette volte. Maria non sente più nulla, le sue orecchie sono ovattate, pensa di vivere un incubo e che presto il risveglio lo avrà cancellato. Alla fine, l’ultimo piumato le sferra un colpo di baionetta nel ventre, mettendo fine alla sua vita. Stessa sorte per Maria Ciaburri, è a letto col marito Giuseppe. Se li vedono piombare in camera, minacciosi e violenti. Li prendono entrambi per i piedi e li scaraventano a terra mentre trattengono il marito altri violentano lei sotto i suoi occhi, Giuseppe grida: ‹‹BASTARDI›› e tappandogli la bocca con un lembo di lenzuolo lo passano alla baionetta. Con Maria ancora non hanno finito, sfogano i loro bassi istinti, senza provare nessun pudore tra loro, e trafiggono a morte la povera donna con la lama, che strisciando raggiunge la mano del marito stringendola, prima di volgere gli occhi al cielo. Nella casa della sedicenne Concettina Biondi, sti sta consumando l’ennesimo delitto. Costringono la ragazzina e il padre Nicola, un contadino di sessant’anni, a raggiungere la stalla. Qui Nicola è legato ad un palo e presto sarà spettatore di un teatro vomitevole ignaro che la protagonista è la figlia. I bersaglieri denudano Concettina e la violentano a turno. La ragazza, ormai ridotta uno straccio sanguinante, perde i sensi per il dolore. L’ultimo soldato stupratore, non è soddisfatto: offeso e deluso le sferra un colpo di fucile alla testa. Il padre della ragazza, per tutto il tempo ha cercato di liberarsi, ma invano, subendo quella violenza senza poter difendere il suo sangue. ‹‹ Carina tua figlia, non hai gradito lo spettacolo?›› e un colpo uccide anche Nicola che cade carponi vicino la figlia.
‹‹Donne umiliate e torturate da un branco di bestie, davanti ai propri figli, mariti, genitori, subendo lo sguardo soddisfatto di chi le possedeva, senza riuscire a divincolarsi dalle loro luride mani, che ne toccavano, scrutavano, con veemenza, il corpo, non una volta, ma due , tre, fino a dieci volte. Da donna lo so, lo capisco, vorresti che la lucidità della mente ti abbandonasse per non provare più l’umiliazione, il dolore, la vergogna che ti mettono addosso, mentre continui a sentire le loro risate, il loro piacere; mentre ti sussurrano all’ orecchio qualcosa di lercio. Vorresti morire, subito, anzi, avresti preferito la morte, a tutta quella violenza, e chiedi al Signore il perché di quell’affronto, anziché un colpo di fucile alla testa. Mentre gli occhi di un bambino fissano l’orrore, il tuo sguardo sembra incitarlo a voltarsi dall’altra parte; e la pena è di entrambi. Poi, all’improvviso una fredda lama squarcia il tuo ventre, la “ desiderata” baionetta sta per mettere fine all’orrore; e tu sei li, con gli occhi al cielo d’agosto e ti senti finalmente libera. La fine è vicina, ma altre mani sfiorano il tuo ventre, lacerato e sanguinante, e quel tocco lo riconosci, non ti fa paura, tutt’altro. Allora, chini il capo, e l’ultimo sorriso è per tuo figlio, che piange disperato mentre ti abbraccia, il volto sporco del tuo sangue come quando lo desti al mondo, ma ora parla, sussurra e dice: “mamma”. Le forze ti abbandonano, ma con voce flebile lo rincuori e prima dell’ultimo respiro gli dici: “un giorno saremo vendicati, ritorneranno i briganti, e ciò che è stato mai più sarà”.››. E in effetti sono ritornati, non più armati di schioppo, ma di cultura, quella che abbiamo sempre avuto e che finalmente ci ha reso consapevoli della verità. Una verità scomoda ai grandi vertici, non volendo ammettere che i meridionali sono stati vituperati, saccheggiati, depredati, conquistati, ammazzati, deportati, derubati, violentati e tanto ancora, da un mostro chiamato “LIBERATORE”. Se tanto tenevamo a liberarci dalle fauci del Borbone perché ci siamo ribellati ai Savoia per un decennio? Meditate!

Vittoria Longo