E’ nell’incantevole e suggestiva Villa Beatrice della famiglia Collenea-Isernia in Benevento che si è svolta giovedì 21 la presentazione del libro “Vita intellettuale e affettiva di Benedetto Croce”, scritto dal giornalista e docente di filosofia Giancristiano Desiderio. Libro vincitore della 47esima edizione del Premio Acqui Storia nella sezione storico – divulgativa , è un testo che mancava nel panorama bibliotecario nazionale, dato che l’ultima biografia sul filosofo abruzzese risale al 1962 ad opera di Fausto Nicolini.
A cogliere da subito l’attenzione del lettore è già il titolo: “vita intellettuale e affettiva”, che getta le basi per quello che rappresenta l’asse portante, il pilastro fondamentale sul quale si erge tutta l’analisi sul pensiero crociano, ovvero la vita dell’uomo Croce e le opere del Croce filosofo sono indissolubilmente legate una alle altre, come in un circuito chiuso in cui la vita si riversa nelle opere e le opere si nutrono della vita. Sentimento dominante in lui è il dolore, o meglio l’angoscia che nasce con la tragedia del terremoto di Casamicciola (1883) in cui perde entrambi i genitori e la sorella; si alimenta della morte dell’amata compagna Angelina Zampanelli (1913) e diventa cronica con la rottura del rapporto privato e intellettuale con lo storico amico Giovanni Gentile (1924); un’angoscia che Croce tenta di “addomesticare”, riuscendovi anche , trasformandola da “selvatica e fiera a domestica e mite” , per utilizzare le parole del testo.
Dopo i più che mai doverosi cenni biografici, Desiderio inizia , grazie anche alle domande e riflessioni del professore Amerigo Ciervo, che gli fa da interlocutore, a tratteggiare al pubblico la figura dell’intellettuale Croce, ma anche dello storico, del critico, del politico , ovvero del filosofo. Chiunque voglia confrontarsi con lui, si troverà dinanzi una figura ampia, pienamente consapevole della sua posizione rispetto al resto del mondo e si incontrerà con un uomo meridionale (vedi “Storia del Regno di Napoli), con un italiano (“Storia d’italia”) , con un europeo (“Storia d’Europa nel secolo decimo nono”). Come politico (e filosofo) egli rifugge i totalitarismi, incarna l’antifascismo per eccellenza, tuttavia condanna il comunismo, per di più non è nemmeno cristiano. Croce crede fermamente nella libertà come faticosa e suprema conquista dell’uomo rispetto alla quale la storia non può e non deve retrocedere; crede nella filosofia che diviene strumento di opposizione alla tracotanza del potere; si aggrappa al lavoro di ricerca , di erudizione , attraverso il quale egli disciplina se stesso , dando forma alla sua angoscia (eccola che ritorna!) che, definita come la necessità di superare uno stato di paura e disorientamento, è la spinta continua da cui nascono le sue opere. Tutto andrebbe disperso se la sua vita non si trasformasse in opere, in lavoro. E’ un aspetto importantissimo questo, che sottolinea Desiderio : c’è qualcosa di calvinista in Croce : considerare il lavoro come una forma di religione, quasi a voler richiamare la famosa massima benedettina “ora et labora” (prega e lavora) e trasformarla in “cogita et labora” (pensa e lavora) , delineando cosi una forma di cristianesimo senza un Dio trascendente.
E’ davvero difficile credere che la figura di Croce sia stata per tutto questo tempo accantonata. Gramsci aveva a gran voce e a più riprese chiesto una confutazione del pensiero crociano; sentiva il bisogno si dovesse scrivere un anticroce, ma ciò non accadde. Si badi bene: la mossa di Gramsci fu astuta, intelligente . Egli era consapevole del potere del pensiero di Croce, una sua confutazione significava leggere le sue opere, studiarle, analizzarle , criticarle di conseguenza diffonderle. Rossi diceva che “parlar male di Croce era diventato ormai uno sport nazionale”, peccato che gli accusatori non avevano mai avuto modo di conoscere l’imputato nè tantomeno le sue opere. Oggi,invece, grazie al lavoro di Giancristiano Desiderio, ci è data la possibilità di poter conoscere più da vicino e a tutto tondo una delle massime figure del panorama culturale del Novecento italiano.
A cogliere da subito l’attenzione del lettore è già il titolo: “vita intellettuale e affettiva”, che getta le basi per quello che rappresenta l’asse portante, il pilastro fondamentale sul quale si erge tutta l’analisi sul pensiero crociano, ovvero la vita dell’uomo Croce e le opere del Croce filosofo sono indissolubilmente legate una alle altre, come in un circuito chiuso in cui la vita si riversa nelle opere e le opere si nutrono della vita. Sentimento dominante in lui è il dolore, o meglio l’angoscia che nasce con la tragedia del terremoto di Casamicciola (1883) in cui perde entrambi i genitori e la sorella; si alimenta della morte dell’amata compagna Angelina Zampanelli (1913) e diventa cronica con la rottura del rapporto privato e intellettuale con lo storico amico Giovanni Gentile (1924); un’angoscia che Croce tenta di “addomesticare”, riuscendovi anche , trasformandola da “selvatica e fiera a domestica e mite” , per utilizzare le parole del testo.
Dopo i più che mai doverosi cenni biografici, Desiderio inizia , grazie anche alle domande e riflessioni del professore Amerigo Ciervo, che gli fa da interlocutore, a tratteggiare al pubblico la figura dell’intellettuale Croce, ma anche dello storico, del critico, del politico , ovvero del filosofo. Chiunque voglia confrontarsi con lui, si troverà dinanzi una figura ampia, pienamente consapevole della sua posizione rispetto al resto del mondo e si incontrerà con un uomo meridionale (vedi “Storia del Regno di Napoli), con un italiano (“Storia d’italia”) , con un europeo (“Storia d’Europa nel secolo decimo nono”). Come politico (e filosofo) egli rifugge i totalitarismi, incarna l’antifascismo per eccellenza, tuttavia condanna il comunismo, per di più non è nemmeno cristiano. Croce crede fermamente nella libertà come faticosa e suprema conquista dell’uomo rispetto alla quale la storia non può e non deve retrocedere; crede nella filosofia che diviene strumento di opposizione alla tracotanza del potere; si aggrappa al lavoro di ricerca , di erudizione , attraverso il quale egli disciplina se stesso , dando forma alla sua angoscia (eccola che ritorna!) che, definita come la necessità di superare uno stato di paura e disorientamento, è la spinta continua da cui nascono le sue opere. Tutto andrebbe disperso se la sua vita non si trasformasse in opere, in lavoro. E’ un aspetto importantissimo questo, che sottolinea Desiderio : c’è qualcosa di calvinista in Croce : considerare il lavoro come una forma di religione, quasi a voler richiamare la famosa massima benedettina “ora et labora” (prega e lavora) e trasformarla in “cogita et labora” (pensa e lavora) , delineando cosi una forma di cristianesimo senza un Dio trascendente.
E’ davvero difficile credere che la figura di Croce sia stata per tutto questo tempo accantonata. Gramsci aveva a gran voce e a più riprese chiesto una confutazione del pensiero crociano; sentiva il bisogno si dovesse scrivere un anticroce, ma ciò non accadde. Si badi bene: la mossa di Gramsci fu astuta, intelligente . Egli era consapevole del potere del pensiero di Croce, una sua confutazione significava leggere le sue opere, studiarle, analizzarle , criticarle di conseguenza diffonderle. Rossi diceva che “parlar male di Croce era diventato ormai uno sport nazionale”, peccato che gli accusatori non avevano mai avuto modo di conoscere l’imputato nè tantomeno le sue opere. Oggi,invece, grazie al lavoro di Giancristiano Desiderio, ci è data la possibilità di poter conoscere più da vicino e a tutto tondo una delle massime figure del panorama culturale del Novecento italiano.