Un mio ricordo di Giordano Bruno

Un mio ricordo di Giordano Bruno, sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 2007

L’avrebbe mai pensato qualcuno che anche a Campo dei Fiori, luogo cult della movida giovanile di Roma c’è un pezzo di Brindisi? Eppure è così. E non solo lì, ma anche in tante altre piazze d’Italia, come avremo modo di vedere in seguito. Già perché dalla seconda metà dell’ottocento in poi invalse l’uso di chiedere a tutte le amministrazioni locali un contributo per erigere qua e là monumenti. E Brindisi, talvolta, non si sottrasse. Come, appunto, nel caso del monumento a Giordano Bruno: nel 1889, la civica amministrazione offrì 100 lire: un esborso considerevole per l’epoca (qualcosa come 400 euro attuali) ma soprattutto assai significativo per le implicazioni ideologiche e politiche della scelta.
A promuovere l’iniziativa erano chiaramente stati, infatti, gli ambienti massonici italiani ed europei. A dimostrazione di tanto basta leggere qualche passo del volantino pubblicitario di richiesta di contributi, conservato con tutti gli altri documenti nel prezioso fondo dell’Archivio Storico del Comune di Brindisi, presso il nostro Archivio di Stato: “Il segno che dinota il centenario del 1789 compiersi razionalmente è l’inaugurazione del Monumento a Bruno in Roma. Qui non è il dissidio tra la DEA RAGIONE e l’ENTE SUPREMO, e, tra l’una e l’altro, arbitro il patibolo; è invece l’adempimento del più alto ideale civile: dall’una parte la Chiesa Cattolica, dall’altra lo Stato Moderno, e, tra l’una e l’altro, il Monumento a Bruno simbolo di mutua tolleranza nella libertà del pensiero, delle religioni, de’ culti”. E più avanti: “da qualunque terra l’uomo arrivi innanzi a questo Monumento, ei sente di aver lasciato indietro molte differenze di nazioni e di lingue, e di essere giunto come in una patria senza confini e senza privilegi; perché dove il pensiero rinasce sul suo cenere ivi è tutta la storia dell’uomo, ed ivi le lingue tendono a convergere verso una comune parola umana… il pensiero fatto vittorioso dal sacrificio”.
E’ facile scorgere in queste frasi la summa del pensiero dei liberi muratori. Ed è anche impossibile che nessuno degli amministratori di Brindisi non se ne sia accorto: più probabile è che le teorie dei “figli della vedova” circolassero largamente in quel consiglio comunale.
Del comitato d’onore (che aveva sede a Roma in via Due Macelli) facevano parte personalità straniere come V. Hugo, F. Gregorovius, E. Renan,, M. Bakunin, H. Ibsen e M. Monnier. Tra gli italiani spiccavano R. Ardigò, G. Bacchelli, G. Bovio, B. Cairoli, G. Carducci, F. Crispi, M. Minghetti, A. Saffi, S. Spaventa, P. Villari e G. Zanardelli.
Furono necessari – si afferma nel documento – dieci anni di lotta del comitato studentesco promotore contro “l’intolleranza clericale” per ottenere un risarcimento postumo all’eretico nolano. Il Comune di Roma – condizionato evidentemente dalla ingombrante presenza della Chiesa – dovette frapporre mille ostacoli burocratici alla realizzazione del progetto: il dibattito sull’opportunità di erigere un monumento all’eretico si svolse in un clima arroventato da proteste e disordini che sfociarono anche in scontri aperti tra “bruniani” e “antibruniani”, con feriti ed arrestati. Papa Leone XIII arrivò a minacciare l’abbandono di Roma e il trasferimento della Santa Sede nella cattolicissima Austria.
Ogni resistenza fu infine definitivamente superata grazie alle pressioni internazionali ed anche con l’elezione nel consiglio comunale dello scultore massone Ettore Ferrari (lo stesso che poi diventò nel 1904 Gran Maestro del Grande Oriente Italiano), autore del monumento.
Il Sindaco di Brindisi, cav. Filomeno Consiglio, comunicò nel maggio del 1889 l’entusiastica adesione della città all’iniziativa, plaudendo anche alla scelta della location, lo stesso luogo dove “eseguitasi la condanna in nome dell’ignoranza e dell’assurdo”. Successivamente il Sindaco comunicò che la città sarebbe stata rappresentata alla cerimonia dall’on. Francesco Rubini.
La statua fu scoperta la mattina del 9 giugno, giorno di Pentecoste, con quarantamila intervenuti da ogni parte d’Italia e, fortunatamente, non si verificarono i temuti disordini tra opposte fazioni. La prolusione fu tenuta da un pugliese, l’ideologo repubblicano e deputato di Trani, prof. Giovanni Bovio (naturalmente … massone pure lui).
Un telegramma inviato lo stesso pomeriggio da Roma ne dava conferma, precisando che erano intervenute al corteo, “87 musiche e 1972 bandiere”. Applauditissimo, tra tutti, era stato però il “labaro dell’associazione condannati politici pontifici”.
E si festeggiò pure a Brindisi quella sera: i locali della “Società di Mutuo soccorso tra gli operai” in piazza Sedile furono illuminati a giorno e la banda municipale suonò fino a tarda notte.
Insomma se oggi Giordano Bruno può guardare in broncio quel mondo che lo “ha abbrugiato vivo”, lo deve pure a Brindisi e ai suoi amministratori dell’epoca che si dimostrarono tenaci assertori di ogni libertà di pensiero.
Valentino Romano