Tratta delle ragazze meridionali fine ‘800

La tratta delle ragazze meridionali sul finire dell’Ottocento

Tratto da R. Paulucci de’ Calboli, “La Nuova Antologia” (1° aprile 1902, pp. 421-425) questo testo ci dà informazioni raccapriccianti sul fenomeno della tratta delle ragazze meridionali in Europa, sulle sponde del Mediterraneo ed in America. Una storia davvero sconosciuta ed orribile.

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Queste fanciulle hanno dai 16 ai 25 anni. Partono in gruppi di cinque, otto o dieci per battello e si dicono domestiche o kellnerinen. Negano se alcuno le interroga sul loro conto di essere vittime d’inganni e sono scortate da persona più anziana, che è quasi sempre un uomo. Costui si fa passare in molti casi per marito di una delle fanciulle e per parente delle altre. I commessi viaggiatori delle case malfamate dell’America del Sud che hanno Genova per punto d’imbarco non arrivano alla dozzina: per non essere troppo facilmente riconosciuti dall’equipaggio e dalla polizia, questi commessi viaggiatori si servono sovente di un proprio dipendente che accompagna il carico. A Genova vi sono due alberghi, scrive certo signor Armando alla Arbeiter-Zeitung, dove «un carico di merce umana è tenuto in pronto per essere spedito al primo avviso» […]. Ma l’Italia non fa soltanto sciaguratamente il commercio di transito, chè essa è pure esportatrice di abbondante mercanzia nazionale!

La tratta delle italiane era già stata avvertita or sono ventun’anni da un compianto compaesano di chi scrive, morto da prode nell’ultima guerra ellenica. Nel suo giornale II Dovere, il Fratti fin dal 1881 denunciava un losco ufficio di emigrazione napoletano, con sede nella via del Paradiso alla Salute, che faceva la tratta regolare di ragazze per l’Egitto. Nella corrispondenza sequestrata in quell’ufficio furono trovate varie lettere di trafficanti del Cairo e di Alessandria, che chiedevano fanciulle bionde e di esile corporatura. Alle fanciulle reclutate si davano falsi passaporti: da Napoli erano inviate a Messina e di là in Egitto. Ma l’esistenza di questa laida speculazione fu più ampiamente dimostrata dai vari fatti pubblicati dalla stampa italiana nel 1886 quando vi fu come un barlume di riscossa, ahimè! troppo presto svanito.

Oggidì per lasciare in disparte la storia del passato ed occuparci solo del presente, noi possiamo affermare, colla scorta dei rapporti di polizia e di quelli consolari, nonché colle testimonianze di privati, che il male è assai sviluppato cosi nel Nord come nel Sud della penisola. Ma le due parti forniscono diversi mercati, perché mentre le fanciulle dell’Italia settentrionale sono inviate per via di terra negli altri paesi europei e, se destinate all’America, sono imbarcate in porti esteri, le donne fornite dalla bassa Italia sono dirette invece in massima parte verso l’Africa e prendono imbarco in porti italiani.

La Sicilia invia i suoi prodotti a Tunisi e le provincie napoletane, segnatamente quella di Benevento, provvedono l’Egitto. Il pretesto è sempre quello di un buon posto di modista, di stiratrice e specialmente di serva… e in quest’ultimo caso, il lenone non mentisce pur sapendo di mentire! L’emigrazione dell’Italia del Sud è la più numerosa, la più palese e la più antica: come abbia potuto quel sozzo commercio fiorire per tanti anni non sapremmo spiegarlo. Vi è poi chi crede — e il barone di Castelnuovo, che ha vissuto lunghi anni in Tunisi, è di questo avviso — che si tratti di azione combinata, di comune intesa, colla mafia e colla camorra; ma l’ipotesi, benché ingegnosa, non è suffragata finora da prova alcuna.

Seguendo questa nostra infelice emigrazione nelle sue varie direzioni, possiamo intanto accompagnare, mentre parliamo dell’Africa, le donne del Mezzogiorno dirette verso quel continente.

I punti estremi della corrente sono: Napoli, Messina, Catania in Italia; Tunisi, Alessandria, Porto Said in Africa.

L’isola di Malta, oltre ad essere uno sfogo del nostro mercato1, serve pure sovente ai lenoni come punto di falsa rotta per istornare la vigilanza della polizia. Essi partono, per esempio, da Napoli con direzione di Tunisi e passaporto per Tunisi, e giunti a Malta prendono uno dei tanti vapori mercantili diretti verso l’Egitto, sbarcando così ad Alessandria o a Porto Said. Se in Algeri altra volta vi era qualche traccia di commercio di italiane, oggi invece quella piazza non è più da noi alimentata2.

Il reclutamento delle bianche si fa pel dipartimento d’Algeri,in Francia, per quello d’Orano in Ispagna e solo pel dipartimento di Costantina3 vi è qualche caso isolato di donna italiana condottavi per iscopo infame. A Tunisi invece il traffico è avviato con fortuna migliore e, più che a Tunisi, in Egitto, centro importantissimo della nostra tratta. Gli sconci dolorosi e i gravi scandali di questo traffico al Cairo furono segnalati a più riprese, massime nel 1894 e nel 1898, dal Regio Consolato in quella capitale, che promosse i due importanti processi penali, seguiti da condanne, da chiusure di postriboli e da espulsioni dall’Egitto di vari lenoni e delle rispettive drude. Anche ad Alessandria, dove la malattia infieriva non meno violenta, vi furono, quattro anni or sono, processi e condanne, ma a che prò? siamo adesso daccapo ed anzi peggio ancora.

Accenniamo appena, prima di lasciare il continente africano, al paese dove la tratta europea era la più fiorente, al Transvaal, perché i casi d’importazione di fanciulle italiane in quelle regioni sono stati rarissimi. Il grosso contingente era fornito dalle donne francesi, principalmente da quelle che cinici mercanti chiamano Artide de Paris, e dalle inglesi.

Ma non tutta l’emigrazione femminile della bassa Italia si riserva in Africa. La pletora di donne italiane in Egitto ha obbligato gli speculatori a dirigere le mercanzie verso altri lidi. E insieme ai nuovi sbarchi, il progresso del XX secolo ha saputo trovare pure nuove infami maniere di reclutamento.

Sino a pochi anni or sono gli organettai, oltre la tratta regolare dei fanciulli, trasportavano pure all’estero qualche fanciulla, che danzasse occasionalmente al suon dell’organetto ed accudisse alle faccende domestiche. Il padrone non attendeva che il frutto fosse maturo e la povera vittima, dopo che egli ne aveva indegnamente abusato, era venduta al migliore offerente! Combattuta la tratta degli organettai, il nuovo mestiere che servì a mascherare i lenocini di questi impresari di carne umana fu quello di modello. Oggi l’astuzia diabolica ha saputo trovare qualche cosa di meglio: la santità del matrimonio messa a servizio della tratta.

In parecchi paesi di Terra di Lavoro, e qui citiamo quanto scrive uno dei più autorevoli nostri giornali, si sono scoperti individui i quali sposavano le più belle contadine del luogo, per poi condurle a Londra, ove tutto era preparato per speculare sulla loro immacolatezza! Se nell’alta Italia quest’ultimo sistema non è stato ancora adottato, a nostra cognizione almeno, ciò non vuol dire che i rettili che operano nel settentrione abbiano maggiori scrupoli dei loro colleghi del mezzogiorno. È solo quistione di differenza di ambiente, di costumi, d’educazione che, se rende più facile l’incetta dei fanciulli nel sud, vi ostacola invece maggiormente la tratta delle donne, per la minor libertà di azione e di movimento di cui queste vi godono. Nella parte nordica della penisola il reclutamento delle donne si fa invece con assai maggiore facilità, ingaggiandole per qualche vera o anche ipotetica fabbrica al di là delle Alpi, in Austria, in Isvizzera, in Germania, ma specialmente in Francia.

Quali terribili ed ignominiosi particolari vennero alla luce dai lavori del Congresso del 1899 e da quelli della susseguente Conferenza internazionale d’Amsterdam del 1901 che completò la dolorosa inchiesta!

La tratta delle bianche apparve, nel suo organismo e nel suo movimento, quasi calcata su quella dei negri.

Come una volta sulle piazze d’Angola, del Capo Verde e di Minas era diverso l’articolo preferito dal consumatore orientale ed occidentale, e mentre vi erano paesi che chiedevano esclusivamente schiavi Fertits e Kredjés, ve ne erano altri che per ragioni differenti non volevano che l’ebano dell’Ousagara e dell’Ongogo, così oggigiorno le varie qualità dell’avorio europeo hanno diversi compratori sul mercato mondiale.

Se vi è chi preferisce la merce francese, ve n’ha che non vuole se non il prodotto inglese, e così mentre varie piazze sono aperte quasi alla sola mercanzia spedita d’Italia, ve n’ha altre che non accettano se non quella germanica. I prezzi dei listini di borsa variano sempre a seconda dei paesi, meno un articolo solo ove essi sono tutti concordi. Chè, come ad ironico compenso dello sprezzo in cui è tenuto il semita, la fanciulla ebrea è invece adesso la preferita su tutti i mercati umani. La corrispondenza sequestrata ai trafficanti ed il forte numero di vittime da loro fatto nelle file d’Israello dimostrano in modo evidente che a Lady Rowena l’Ivanhoe moderno preferisce Rebecca. Anche in Russia, dove l’antisemitismo imperversa più feroce e dove anzi la legge proibisce la introduzione di donne israelite, questa importazione è fiorente, avendo i negrieri trovato il modo di far battezzare le schiave da un pastore di Amburgo ed importarle così in Russia sotto bandiera cristiana se pure non le si provvede di un falso documento […].

L’Italia serve anzitutto, per la tratta delle bianche, di paese di transito, grazie alla sua posizione geografica ed al liberalismo delle sue leggi.

Nella conferenza che un ardente filantropo, Ferdinando Dreyfus, tenne il 16 novembre scorso alla Società des prisons sui lavori del Congresso olandese, l’oratore denunziò il porto di Genova come il più importante per l’imbarco della merce destinata all’America del Sud. Si calcolano a 1200 i capi di bestiame umano caricati in quel massimo nostro porto e provenienti in gran parte dall’Austria-Ungheria, dalla Polonia, dalla Germania e anche dalla Francia. L’importanza del porto di Genova, come punto d’imbarco internazionale, è stata pure riconosciuta dal Governo tedesco […].

1 Di questa informazione siamo debitori al conte Manzoni, segretario della R. Agenzia diplomatica al Cairo. Aggiungiamo che tutte le disgraziate dedite alla mala vita in quest’isola sono siciliane, principalmente di Catania e di Messina. E purtroppo sono più di un centinaio, in sì breve spazio.

2 Questa informazione ci è stata fornita dalla cortesia del comm. Macchiavelli, nostro console generale in Tunisi.

3 II fatto è avvertito dal regio console in Roma.

 

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