Si dice che un vero telesino si riconosca dall’amore che nutre verso la particolare tradizione di mangiare un tarallo inzuppato nell’acqua sulfurea. Una caratteristica che mi appartiene, un binomio perfetto. Un gesto che ha delle spiegazioni storiche che ci riportano al periodo della Belle Epoque, quando il viale di Telese, pieno di platani, accoglieva il percorso dello storico treno dei bagnanti, che portava numerosi turisti dell’acqua a godere degli splendidi stabilimenti termali della cittĂ .
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Immagini dal Sannio: Telese, il treno dei bagnanti e il turismo dell’acqua
di Barbara Serafini
Quando si parla di estate il Sannio punta molto su una delle sue principali eccellenze: gli stabilimenti termali di Telese Terme, la ridente, colorata e poliedrica cittadina capitale della Valle Telesina, del turismo dell’acqua e di rievocazioni storiche, riguardanti proprio la sua prinicpale eccellenza, che oggi sembrano pura leggenda, ma che invece sono assolta realtà . Tutto ebbe inizio secoli e secoli fa, con il terremoto del 9 settembre 1349 quando vi fu la scomparsa di Telesia ma anche la comparsa delle sorgenti sulfuree che si rivelarono molto utili e valide per la cura delle malattie della pelle, degli apparati digerente e respiratorio e dei reumatismi. Alle falde di Monte Pugliano si squarciò la roccia e in più punti iniziarono a zampillare fiotti di acqua sulfurea. A Telese, l’attuale zona denominata acqua fetente si cosparse di esalazioni di anidride carbonica, le cosiddette “mofete”, molto letali alla respirazione. Per questo motivo furono molti gli animali a perdere la vita e questo fenomeno durò fino alla fine del 1700 ma ancora agli inizi del 1900 era facile trovare uccelli morti in prossimità delle sorgenti nelle Terme Vecchie. Ecco il motivo per cui gli abitanti si allontanarono preferendo il territorio circostante, permettendo così la comparsa di nuove città e lo sviluppo di quelle già esistenti, come Cerreto, Solopaca, Bicu de Fremundi. Il primo riscontro dello sfruttamento delle acque telesine a scopo terapeutico è rappresentato da un trattato scientifico del 1583, ma solo nel 1734 vi fu una pubblicazione dal titolo De acidulis telesinis dissertatio, di Tommaso Bruni a cui seguirono le Memorie sull’indole e sull’uso delle acque minerali di Telese di Pietro Paolo Perugini e la Guida medica per l’uso delle acque minerali di Telese di Liborio Marone.
Verso la metà dell’Ottocento le pozzanghere abbandonate della miracolosa acqua furono bonificate e nel 1861 furono fondate le Antiche Terme Jacobelli dal cavaliere Achille Jacobelli di San Lupo. Si trattava di un ameno luogo ricco di verde con circa quaranta camerini, una galleria centrale e una grande sala con tavole e sedili di marmo bianco. Vi era una vasca, sempre di marmo, nella quale affluiva l’acqua che si rinnovava di continuo, ma il cui getto poteva essere interrotto a seconda delle necessità . Vi era anche la presenza di una fontana d’acqua dolce e due fontanelle utilizzate dai bagnanti per bere. Vi erano, inoltre, le fondamenta per un gran caffè e per un ristorante. A causa delle difficoltà finanziarie di Jacobelli, nel 1875 il napoletano cavaliere Eduardo Minieri acquistò lo stabilimento e, dopo i lavori di ristrutturazione ultimati nel 2008, le Antiche Terme Jacobelli sono ora un parco naturale, dove ancora dominano i resti delle cabine private per la balneazione, due piscine di acqua sulfurea, e la bouvette.
L’inizio della costruzione del nuovo impianto termale e del vicino Grand Hotel Telese, con la sua architettura in stile liberty, risale al 1877. Da quel momento si è fatto di tutto affinché venisse conosciuta, al di fuori dei confini territoriali, l’acqua sulfurea telesina, ricca di anidride carbonica, idrogeno solforato ma soprattutto di zolfo bivalente, simile a quello contenuto nel corpo umano. Cure idropiniche ma anche cura di malattie otorinolaringoiatriche e delle vie respiratorie, ginecologiche e dell’apparato gastroenterico, oltre che cardiovascolari. E ancora bagni, idromassaggi, fanghi, percorsi vascolari in piscina termale, irrigazioni nasali, inalazioni, aerosol, insufflazioni endotimpaniche e politzer, ventilazioni polmonari, cure ginecologiche, riabilitazione della funzione neuromotoria e respiratoria. Cure e relax nelle freschissime e rinomate terme; ecco il principale motivo della crescita del turismo telesino, non solo a scopo terapeutico, ma anche ludico e di svago, di puro piacere. Una cittadina che anche per questo motico ha visto svilupparsi e ingrandirsi, grazie ai suoi servizi e alle notevoli opportunità che offre. Il viale Minieri, che dalla stazione arriva alle Terme, è il vero fulcro della città , e pare proprio che fosse quello il tracciato delle prime testimonianze del turismo dell’acqua telesina.
Foto di GAIA studio
Il nuovo complesso termale fu una geniale intuizione, sia per i benefici che si ricavavano dall’acqua sulfurea, sia per la piacevole quotidianità che si ricavava all’interno delgli stessi stabilimenti termali, in pieno periodo Belle Epoque. Nacque il turismo telesino con il fenomeno che i medici dell’epoca chiamarono “soggiorni climatici”. Cominciarono a proliferare i bagnanti di Telese, provenienti dall’intera regione Campania, in particolare da Napoli. Ecco il motico per cui si prese la decisione di istituire un collegamento ferroviario diretto fra la stazione centrale di Napoli e la stazione “Telese-Cerreto-Bagni”. sfruttando la linea ottocentesca Napoli-Telese-Benevento-Foggia progettata dal celebre ingegnere Giustino Fiocca. In realtà fu Achille Jacobelli a volere che la costruzione della linea ferroviaria Napoli-Foggia-Termoli seguisse il tracciato per Telese e la nuova Provincia di Benevento, aprendo finalmente il Sannio al resto d’Italia. Poco prima dell’arrivo nella stazione telesina si staccava un binario della lunghezza di 1571 metri che, dopo il Quadrivio, l’incrocio tra viale Minieri e via Roma, raggiungeva l’ingresso delle terme cittadine, percorrendo il lato sinistro del viale, fra bellissimi e rigogliosi platani. All’incrocio di cui sopra vi era un passaggio a livello con quattro semibarriere per consentire il transito dei convogli e delle locomotive in manovra in regime di sicurezza. Era proprio al Quadrivio che sul treno saliva una signora, col consenso del capotreno, per vendere ai passeggeri i taralli prodotti in zona. Da allora si alimentò la convinzione che l’acqua sulfurea abbinata ai taralli esaltasse le proprietà terapeutiche, e uno dei segni tipici della telesinità è proprio questo, il binomio perfetto acqua-taralli. Il servizio delle locomotive a vapore era stagionale, solitamente partivano dal 10 luglio al 30 settembre, da Napoli Centrale, alle 7.30. Il viaggio durava circa due ore e il treno sostava per circa tre ore, con ripartenza intorno alle ore 13.00. Circa cinquant’anni dopo, con l’elettrificazione della linea ferroviaria, fu elettrizzaro anche il raccordo che portava alle terme. Sembra, fra l’altro, che oltre al treno dei bagnanti vi fosse anche un treno merci che dalle terme portasse fuori zona anche l’ormai famosissima acqua telesina. Nella metà del Novecento, con lo sviluppo notevole degli autoservizi e della motorizzazione privata, si determinò la fine del servizio e nel 1959 il binario di raccordo fu asportato. Fino agli anni Settanta era ancora possibile trovare le barriere del passaggio a livello e qualche ancoraggio della linea aerea, in segutio rimossi del tutto. Nella stazione di Telese, inotre, è ancora visibile lo scambio con l’inizio del vecchio binario ormai abbandonato. Non uno scambio qualunque, e ogni telesino che lo osserva questo lo sa bene!
In copertina, una vecchia cartolina di Telese