Scontro sul Giorno della memoria tra ascari e «piagnonisti»
Sale la polemica dopo l’offerta (rifiutata) di un’iniziativa comune
di Pino Aprile
Il lettore rischia di non capir nulla sul Giorno della Memoria per le vittime delle stragi compiute a Sud per annetterlo al resto d’Italia (appena le citi, cambiano discorso: «Vuoi la secessione!») e sulla proposta di agire insieme, i pro e i contro, per ottenere un treno in più al Sud e qualche furto in meno di risorse da trasferire al Nord. Provo, qual forma di volontariato, a tradurre quanto scritto su queste pagine qualche giorno fa per pochi intimi, alludendo ai pochi, insinuando su alcuni e sviolinando per Sua Eccellenza. E che il popolo non s’impicci! I temi di cui si discute animano il dibattito culturale su crimini del passato e discriminazioni odierne. Che vengono ridotti a miseriucce di partiti e preelettorali o, persino (mais quelle finesse, la classe non è acqua, e talvolta fango) per «ottenere vantaggi dal piccolo polverone sollevato dalla Giornata della memoria (l’ennesima, inutile, retorica), in termini di visibilità politica, vendita di libri, ottenimento di contributi». Un conticino terra terra, senza che si dica di chi parli (chi doveva capire ha capito; voi lettori fatevi i fatti vostri), né che c’è chi non ha bisogno di visibilità politica avendo rifiutato tutte le offerte di quel genere, le sue copie non hanno atteso il Giorno della Memoria, e non ha mai ottenuto contributi, a differenza forse, di chi ci fa conto e teme di perderli, se dovessero prenderseli «quelli della Memoria». Non chiedetemi di essere più chiaro; faccio solo notare che l’argomento è: centinaia di migliaia di nostri avi duosiciliani fucilati in massa «bruciati e sepolti vivi» (lo scrive Antonio Gramsci. Se non lo si legge, male; se lo si legge e si fa finta di niente, peggio), deportati, torturati, stuprate, incarcerati; l’oro delle banche rubato, le fabbriche distrutte. E di un genocidio di ieri si vedono solo possibili «vantaggi» e «contributi» di oggi (il pensiero va a quei meridionalisti che non volendo infastidire più di tanto lorsignori, facendo notare che strade, treni, eccetera, si facevano solo al Nord, chiedevano almeno «qualcosa»… che avevano, a titolo personale: «I qualcosisti»). Chi non riesce a vedere oltre il proprio angusto orizzonte , domandi, si faccia consigliare. Soprattutto se, sulla propria pagina facebook, commenta l’offerta di dialogo, fatta attraverso questo giornale, così: «Bandiera bianca a Gaeta». Ma davvero? Ricordo che la petizione contro il Giorno della Memoria ha ottenuto 1500 firme in 75 giorni, ovvero 20 al giorno in media; quella a sostegno del Giorno della Memoria, poco meno di 10.500 in 35 giorni, ovvero circa 300 al giorno. E chi è responsabile di cotanto disastro annuncia che «gli altri» si sono arresi (boh, quel che si dice: un diverso punto di svista)!. E a cosa si deve la resa dei vincitori ai vinti (300 a 20)? A «un retrofront commissionato» dal presidente Emiliano. «Ma mi faccia il piacere!», risponderebbe un signore come Totò (quindi sprecato per il livello di tale calunniosa e indimostrata affermazione). Chi è abituato ad agire su commissione (e talvolta si vede), deve mettere in conto che altri lo facciano da persone libere. A meno che pure questo sia troppo oltre l’orizzonte di chi pensa che il resto del mondo sia e si muova come il proprio. E come mai Michele Emiliano si sarebbe indotto a furbescamente «commissionare» il dietrofront ai suoi presunti burattini? (Vai a spiegare che la simmetria non è obbligata e se ci stanno, ipotesi, burattini da una parte, debbano per forza esserci dall’altra). Grazie al «consueto pragmatismo del nostro Presidente, capace di annusare l’aria e di comprendere le situazioni» (ma quant’è bravo Sua Eccellenza?). E quando Emiliano annusa, chi lo elegge a nostro burattinaio non sa contenersi: »Non c’è che da apprezzare» il novello divisamento del Presidente (è stato già detto quant’è bravo Sua Eccellenza? Ah, bene). Circa l’idea di riuscire, i pro e i contro la Memoria, a trovare un punto d’intesa che porti un vantaggio al Sud (le strade? I treni? Le scuole?), apprendiamo che «una classe dirigente non si configura esclusivamente per la sua dimensione territoriale». Il ministero all’Istruzione esclude (da sette anni) i poeti e gli scrittori meridionali dai programmi di Letteratura del Novecento? La nostra classe dirigente (tranne i «piagnonisti»: come gli ascari chiamano quelli che ascari non sono) tace, non configurandosi «esclusivamente per la sua dimensione territoriale» (so’ ‘ndernazionali). Un decreto condanna a morte le università meridionali? La nostra classe dirigente tace, non configurandosi «esclusivamente per la sua dimensione territoriale». Eccetera. Ma strilla appena citi i massacri subiti dal Sud, non volendo rischiare di configurarsi «esclusivamente per la sua dimensione territoriale». Quanto piace questa classe dirigente coloniale (Gramsci docet) a lorsignori che, al contrario, configurandosi «esclusivamente per loro dimensione territoriale», concentrano investimenti, e a volte mazzette, all’Expo, al Mose, alla Brebemi, alla Pedemontana, ai porti di Genova e Trieste, allo Human Technopole, allo IIT, alla Tav padana, e via rapinando rapinando. Con tali avvilenti premesse (vantaggi, contributi, no al discorso «territoriale» su quel che si nega al Sud, dalla verità alle infrastrutture), veniamo severamente ammoniti che «ora non si gioca più con la storia; ci si divide o ci si unisce sui progetti, sul modello di società. E non sono questioni che permettono a tutti di sedere allo stesso tavolo». Le persone di buona volontà son pronte a sedersi per terra o restare in piedi, per conquistare un briciolo di equità per il Sud, pure dialogando con chi la ragiona diversamente. Chi pensa già a quanti escludere dal «tavolo», non si sieda o provi ad alzare un po’ il livello e a confrontare «la dimensione territoriale» del Mezzogiorno (non prendono mai treni costoro? Non hanno figli, nipoti costretti alla fuga?) con quella del resto del Paese. E ci dica se la trova equa. E se vuol fare qualcosa perché lo diventi.
27 settembre 2017
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