Ricordando il re Francesco II

Ricordando il re Francesco II

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Al di fuori dello stereotipo del Francesco giovane re, inesperto, dileggiato e tradito da tutti, finito a fare la vittima sacrificale in una fortezza, sotto una pioggia di bombe, vorrei mettere in risalto aspetti diversi del monarca e dell’uomo. Mi piace ricordare che Francesco II non morì sotto le bombe a Gaeta, ma passò la maggior parte della sua esistenza in esilio, ben 33 anni.Tutti si dimenticano di Francesco II dopo il 14 febbraio 1861 e viene da tutti celebrato come uno sconfitto.
Siamo stanchi di identificarci in modelli perdenti e di celebrare sconfitte, come accade per alcuni, che ne hanno fatto la ragione della loro esistenza.
Noi vorremmo andare oltre per trasferire questo patrimonio, questa grande eredità culturale, identitaria e storica alle generazioni future, come modello e come riferimento. Consapevoli anche di alcuni errori del passato, che sicuramente ci furono, vogliamo costruire una società e una classe dirigente che abbia questa consapevolezza storica, che si basi su modelli positivi e vincenti. Prima di quell’evento traumatico che fu l’eliminazione di una dinastia illuminata e di un regno prospero, chi ci ha preceduto in questa vita, ha vissuto in un paese bellissimo, ricco di testimonianze architettoniche, monumentali e culturali, che ne hanno fatto una culla di civiltà. Non era un paradiso terrestre, esistevano molte contraddizioni, come in tanti altri paesi, ma la natura contribuiva a renderlo veramente incantevole anche dal punto di vista paesaggistico.
Francesco d’Assisi Maria Leopoldo,di cui si celebra in questi giorni il 122° della morte, era stato un giovane, come tanti alla sua età, preso dalle angosce ei patimenti morali della giovinezza, cose che in lui si amplificavano per la sua condizione speciale come figlio di un re e che un giorno sarebbe stato destinato a regnare. Sicuramente molte aspettative sul ragazzo e una particolare attenzione ai suoi studi e frequentazioni, ne avevano anticipato la maturità, i suoi studi erano rigorosi, se si pensa che a 8 anni già era chiamato allo studio del latino, come risulta dai documenti degli archivi. Sin da piccolo viveva tra il Palazzo Reale di Napoli , la Reggia Portici, quella di Caserta e di Capodimonte, sotto il controllo della nonna Isabella, mentre il padre aveva ricostruito la famiglia con Maria Teresa d’Asburgo. La sua particolare condizione di primogenito aveva suggerito al re Ferdinando II di creargli uno scudo protettivo, anche nei confronti della matrigna e dei suoi fratellastri, anche se Francesco ebbe un rapporto magnifico con loro. Egli conosceva le lingue e spesso era chiamato a tradurre anche la corrispondenza di famiglia in varie lingue. Un ragazzo di profonda fede, che pregava con fervore sin da piccolo, su cui la figura della madre, la Beata Maria Cristina, deve sicuramente aver esercitato una influenza, anche se mediata dai racconti che gli venivano fatti, non avendola praticamente conosciuta. Per il giovane Duca di Calabria due figure importanti sempre di fronte ai suoi occhi saranno i suoi modelli. Il padre, re Ferdinando II, e la madre, la reginella santa, come veniva chiamata dalla gente, quindi l’alto senso dello stato e del dovere e la fede incrollabile.
Francesco II amava sicuramente più la convivialità che la vita militare in senso stretto, per la sua proverbiale golosità acquisisce sul campo anche il soprannome di Lasa, diminutivo di lasagna, che lo accompagnerà sempre all’interno della famiglia.
Egli crebbe e si formò in un periodo di grande prosperità per il regno, in cui fu attuato un imponente programma di opere pubbliche; è in questo periodo che la società e il pensiero si trasformano, è l’epoca in cui, nonostante alcuni volessero dipingere questi tempi come un periodo di oppressione, fu caratterizzata nella realtà da un periodo fiorente per il commercio e l’economia.
In questo contesto il futuro re Francesco II si trova proiettato sul trono a soli 23 anni per l’inaspettata morte del padre. Egli seppe essere, anche se le vicende storiche lo vollero re solo per un tempo breve, un monarca molto più illuminato di quanto la storia ci abbia raccontato.Il giorno 22 Maggio 1859 ascende al trono per diritto di successione come FRANCESCO II, Per la Grazia di Dio re del regno delle Due Sicilie, egli proclama “…Avvalorati pur non di meno dal braccio dell’ONNIPOTENTE, potremo tener fermi e promuovere il rispetto dovuto alla nostra sacrosanta Religione, la osservanza delle leggi, la retta ed imparziale amministrazione della giustizia, la floridezza dello Stato, perché così, giusta le ordinazioni della Sua Provvidenza, resti assicurato il bene degli amatissimi sudditi nostri.”

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Arco, funerali di Francesco II di Borbone

Conosciamo quindi Francesco II come statista, come re. Tornano quindi sin dall’incipit del suo regno i due pilastri della sua vita, la fede in Dio e il senso dello stato. Il primo provvedimento che porta la sua firma di pochi giorni successivi, il 28 Luglio 1859, guarda “al bene e al vantaggio de’ suoi amatissimi sudditi”. Provvedimenti che riguardano la nettezza della Metropoli del Regno, di Napoli, e la decenza delle strade principali; la verifica dell’adempimento in ogni comune del Reame sull’’andamento delle opere pubbliche comunali, con incarico al Segretario Generale dell’Intendenza o ad un Consigliere d’Intendenza, che abbia esperienza, intemerata probità, profonde cognizioni amministrative, e fermezza di carattere, godono la stima dei loro superiori e la pubblica opinione. Un provvedimento in merito alla tenuta delle prigioni, che siamigliore, decente e salubre; alla costruzione de fari lungo le coste del regno; alla verifica del modo in cui i giudici del Circondario, e i loro Cancellieri adempiono al delicato ufficio di cui sono incaricati e ordina che il signor Direttore del Ministero di Grazia e faccia proposta per l’aumento dello stipendio, perché non siano posti nel duro bivio di combattere con la miseria o di tradire il primo de’ loro doveri, quello cioè di non mai mettere a prezzo la giustizia.
Fin da subito Francesco II ordina importanti trasformazioni urbanistiche nella città di Napoli, dando esecuzione alle opere di abbellimento della capitale, proseguendo alacremente le opere pubbliche iniziate, con l’intento anche di spingere l’occupazione di posti di lavoro, con strada Maria Teresa, un’arteria importante che dovrà dare vita anche ad altre arterie che con questa si congiungeranno “in tutte le altre Sezioni della città”.
Con un suo decreto viene istituita nel comune di Torre del Greco una Scuola Nautica coi fondi comunali, mentre sono istituite nel Real Collegio di Foggia le Cattedre di Medicina pratica e legale, di Patologia-Chimica e Ostetricia con l’obbligo dell’istruzione delle levatrici, Diritto Romano e Patrio. A Taranto si apre la stazione del R. Telegrafo Elettricoe a Bari il 4 ottobre si inaugura la Borsa di Commercio. Il 6 ottobre aggiunse nella Reale Accademia di Belle Arti la specialità della incisione.
Il Re Francesco, con l’animo di un buon padre di famiglia, avendo saputo che i raccolti delle messi, non sarebbero sati secondo le aspettative,con l’intento di alleviare le classi più indigenti, provvede alla Annona della Capitale e delle provincie, dando ordine di far venire dal porto di Odessa ingenti carichi di grano, granone, avena, orzo, riso e gran quantità di farina da frumento.
E’ importante sottolineare anche il Real Decreto che regola la gestione e la conservazione del territorio, soprattutto quello caratterizzato da pendio, per evitare che il disboscamento abusivo e la coltivazione di quelle terre, possano provocare dei disastri ambientali o calamità in caso di maltempo, come è recentemente avvenuto a Sarno, zona già allora sotto osservazione e cura. Inoltre egli diede grande impulso ai mezzi di comunicazione, la telegrafia sotto Francesco, insieme alle ferrovie, subisce una notevole spinta, arrivando a collegare persino le isole con la posa dei cavi sottomarini. Questo ci fa capire la lungimiranza di questo giovane Re, che ad appena 23 anni, si rimbocca le maniche per continuare la spinta al progresso di questo regno, forse ciò che più infastidiva i suoi detrattori. Un monarca sicuramente preparato e illuminato, avvezzo anche alle cose militari, come dimostrano le numerose manovre e riviste a cui prende parte in prima persona, come faceva abitualmente il suo augusto predecessore.Anche le condizione delle carceri escono dallo stereotipo risorgimentale di luoghi di tortura o peggio infernali, forse addirittura all’avanguardia per il recupero dei condannati e per l’insegnamento di un mestiere.Da evidenziare anche l’impulso alla costruzione di nuove vie di comunicazione in Calabria, cosa sorprendente se pensiamo che per decenni è stata dimenticata dallo Stato e tagliata fuori dall’economia e dal mondo. Come anche vivace era sotto il regno di Francesco II la creatività sempre incoraggiata dal Sovrano, con la concessione di brevetti ed esclusive.
Alle persone di buon senso qualcosa non torna e non può sfuggire che nei libri di storia questi dati non sono mai citati, ma si punta piuttosto sulla favola del giovane inetto, pauroso e incapace, quando non dell’invincibilità di Garibaldi. Forse sarebbe ora di riscrivere quei testi con senso più critico, senza esagerazioni né da una parte, né dall’altra e insegnare ai nostri figli e alle persone che ancora non le sanno la storia e la verità.In termini di uomini e mezzi l’esercito borbonico avrebbe potuto fare una guerra all’Europa, sicuramente avrebbe potuto annientare il Regno di Sardegna. Allora con questo presupposto che si basa su dati di fatto, su documenti degli archivi militari, è mai possibile credere alla favola dei mille che conquistano la Sicilia con un barcone di pezzenti che sbarca a Marsala, quando l’Armata di mare poteva disporre in tutto 104 vascelli. Il Re Francesco II nonostante i sussulti della Sicilia, che da Aprile del 1860 iniziano a farsi preoccupanti, riceve rapporti che comunque tendono a descrivere la situazione sotto controllo. Dopo grandi manovre a Capua il 14 Aprile 1860, il Re fa imbarcare a Napoli reparti di cavalleria per la Sicilia su ben 4 vapori.Intanto il 15 Aprile il Re Francesco II riceve una missiva da suo cugino Vittorio Emanuele II di Savoia, proponendo una reciproca intesa per la comune prosperità della patria italiana, ma è il tentativo di abbraccio mortale da parte del costrictor che cerca di blandire la preda.
francescoIInolaFoto di gruppo dei cavalieri costantiniani in occasione al termine della Celebrazione Eucaristica in suffragio di S.M. Francesco II di Borbone, Re Due Sicilie, VII Gran Maestro del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, in occasione del 122° anniversario della morte

Bisogna anche sottolineare che essendo il Regno delle Due Sicilie un paese neutrale, i suoi porti ospitavano navi provenienti da tutti i paesi, in questi giorni a Palermo assidui frequentatori erano le navi sarde e inglesi, che in questa situazione di tensione, ormeggiavano comunque a Palermo o a Messina e spesso non per fare passeggiate di piacere.Nonostante le preoccupazioni Francesco II continua la sua attività per la realizzazione dei suoi piani di infrastrutture per il Regno e il 28 Aprile emette Real Decreto con il quale stabilisce la costruzione delle ferrovie da Napoli a Foggia, Brindisi e Lecce; da Napoli per la Basilicata a Reggio; da Napoli per gli Abruzzi al Tronto; e tre linee per la Sicilia Palermo – Catania, Palermo – Messina e Palermo –Girgenti- Terranova. Il Re aveva compreso che la salvezza della dinastia e la felicità dei suoi popoli, dipendeva dall’esercito, perciò in questa data inviava nuove truppe in Sicilia con l’ordine al Governo di combattere le bande armate. Nello stesso tempo inviò a Castelcicala dei piani strategici per venire più facilmente a capo della ribellione. Piani che se fossero stati attuati avrebbero impedito lo sbarco di Garibaldi e la sua rivista in Sicilia. Con questo Francesco II dimostrò di essere preparato anche sul piano militare.
La storiografia ufficiale ha sempre mostrato Francesco II, timido, impacciato e piagnucolone. In realtà ci sono testimonianze come quella del barone Brenier, che lo descrive a Napoleone III, che lo trovava determinato a respingere un accordo e che piuttosto che perdere la Sicilia, avrebbe tentato di riconquistarla con la forza, concentrando le sue truppe a Messina, come nel 1848. Egli stesso riferì al ministro di Napoleone III: ” Voi diplomatici mostrate di credere che io voglia serbare gelosamente la monarchia assoluta. Vi sbagliate! Venero i miei avi, non le vecchie istituzioni. Perché resisterò agli urti esterni? Perché la coscienza m’impone di compiere sino in fondo i miei doveri di sovrano. Nessuno potrà dire che il Re di Napoli si è arreso senza combattere.”
D’altra parte la sua posizione era ferma. Non intendeva trattare con un avventuriero invasore come Garibaldi e lui stesso affermò. “…Spingono perché io tratti col filibustiere Garibaldi. Si facciano avanti, queste Potenze mediatrici, offrano garanzie in questa tenzone tra un re legittimo e un invasore. Nessuno offre una mano? Allora attenderanno invano che Napoli implori l’avventuriero. Per quanto mi riguarda, piuttosto preferisco perdere il trono.” Il re confidò al barone Winspeareriguardo al generale Landi, autore della ritirata di Calatafimi che “La mia delusione è tanta, ho l’impressione che quest’uomo, più che la patria, abbia cuore lo stipendio.”
Egli non può definirsi certo un codardo quando non bombardò Palermo o lasciò Napoli per evitare di infliggere alla città una guerra che l’avrebbe distrutta, guardando a quello che subì Gaeta sebbene fosse una fortezza.
E’ lo stesso Sovrano ad affermarlo nel colloquio con l’Ambasciatore francese a Roma, durante l’esilio. Come forti sono le sue parole riguardo alle rivendicazioni sul suo trono:
“…se mi si rende in certo modo risponsabile pel sangue versato, allora io potrò dire a mia volta che la responsabilità non colpisce me, ma coloro che ledono tutti i diritti, rompono tutte le promesse, falsificano ogni parola, assaliscono uno stato in tempo di pace, ne trucidano i soldati e ne costringono il Re ad abbandonare il suo trono.Questi uomini vengono chiamati da una gran parte dell’Europa galantuomini e leali; ed all’incontro, secondo la moderna etimologia, vengono chiamati assassini e briganti quegli infelici che difendono in una lotta disuguale l’indipendenza della loro patria ed i diritti della loro legittima dinastia.In questo senso anche io tengo per un grand’onore di essere un brigante….Io non ho incoraggiato l’insurrezione in Napoli, perché il momento opportuno non è ancora giunto. Ma io non rinnego e giammai rinnegherò quelli che combattono in mio nome, ed io mi porrò, quando l’istante sarà giunto, alla loro testa per riconquistare il mio scettro e combattere i nemici della mia patria.”
Francesco II lascia nella storia un segno più profondo di quello che ci è stato restituito dai libri di storia, un umo che ha lottato da solo con un manipolo di eroi, i suoi soldati, non il suo esercito, contro le ingiustizie, contro un disegno massonico rivoluzionario che usò principalmente l’arma della corruzione. Egli seppe essere un giovane re desideroso di aprirsi alle innovazioni e ai cambiamenti, e seppe adempiere anche ai doveri di soldato. Le numerose testimonianze che si evincono dai documenti che ci ha lasciato lasciano trasparire il suo vero valore e i suoi veri sentimenti. Certamente ebbe a superare delle prove difficili nella sua esistenza, ma tutto filtrato dalla sua incrollabile fede in Dio, che sicuramente ha temperato certi drammatici momenti della sua vita. Questo però non scalfisce la sua figura di uomo di grande dignità e statura morale, come monarca cristiano egli seppe rimanere attaccato ai suoi punti di riferimento, che non erano certamente materiali. Quando qualcuno gli sottolineò la storia lo aveva ridotto a vivere in un locanda, Francesco II rispondeva; che “il Re dei Re non aveva avuto ove riposar la sua testa”. Non aveva mai indugiato a dare ai bisognosi quanto poteva, privandosi pure del necessario.
Autore articolo: Paolo Rivelli
Foto tratte dalla pagina facebook del Real Circolo Francesco II

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