Quando il toro dei Sanniti cercò di usurpare la Lupa di Roma
di Adriano La Regina (tratto dal dal quotidiano La Repubblica)
Nonostante il principe di Metternich sostenesse, a metà dell’ Ottocento, che il nome dell’ Italia era una semplice espressione geografica, priva del significato politico che gli ideologi della rivoluzione volevano attribuirgli, l’ idea di nazione (Italia) amata e perseguita nel Risorgimento aveva già due millenni di storia.
Scoperte archeologiche stanno rivelando nel cuore del Molise, nel territorio del comune di Pietrabbondante, sorprendenti resti monumentali nell’ ambito di un santuario eretto dai Sanniti a mille metri di altitudine, in superba posizione a dominio dell’ intera regione.
Teatro Italico di Pietrabbondante
Luogo di culto pubblico, sacrario di stato e sede d’ adunanze del senato, quel luogo di culto svolse a lungo il ruolo di rappresentare la nazione sannitica e, nella sua ultima fase, l’ aspirazione di istituire un nuovo ordinamento politico insieme con gli altri popoli d’ Italia.
Questo nome, dalle origini tuttora misteriose, era infatti diventato già in antico simbolo di una concezione che assegnava alle genti italiche il destino di fondare una nazione la quale si riconoscesse nell’ Italia piuttosto che in Roma.
Denario-sannita-in-argento-del-Bellum-Sociale-con-legenda-sul-rectus-MVTIL-EMBRATVR-in-caratteri-oschisul-versus-un-toro-nell’atto-di-abbattere-una-lupa-in-exergo-C-PAAPI-in-caratteri-oschi
Le popolazioni dell’ Italia centrale e meridionale, vinte e poi associate a Roma in un patto di alleanza, per circa due secoli avevano costituito il nerbo militare dell’ imperialismo romano nella conquista del Mediterraneo quando, sullo scorcio del secondo secolo avanti Cristo, rivendicarono ripetutamente e invano la cittadinanza, ossia parità di diritti politici e civili nello stato romano.
Di fronte alla posizione ferma, che limitava la partecipazione di quei popoli ai benefici economici derivanti dall’ espansione romana senza concedere le prerogative e i privilegi della cittadinanza, le aristocrazie italiche cercarono una soluzione nell’ impiego della forza. Elessero a capitale la città di Corfinio, al centro dell’ Abruzzo, alla quale diedero il nuovo nome di Italia, emblema di un potere sostitutivo di quello romano, e contrapposero al patrimonio ideale di Roma un sistema simbolico alternativo, come il toro sannita in luogo della lupa romana. Fu così creata, per la prima volta, un’ ideologia ben definita, seppure effimera, della nazione italiana.
Insorsero tutti insieme nel 91 avanti Cristo, Marsi, Vestini, Piceni, Peligni, Marrucini, Frentani, Sanniti, ossia «le genti più forti d’ Italia» nelle parole di Plinio, che avevano popolato le terre delle odierne regioni d’ Abruzzo, Marche, Molise, e poi ancora gli Italici della Campania, dell’ Apulia e della Lucania, per dare luogo a quella guerra detta «sociale», ossia «degli alleati», nota anche come guerra marsica o italica. Il conflitto divampò aspramente per intere regioni, e la potenza romana vacillò sotto l’ impeto di eserciti addestrati a battersi nel nome di Roma. Per contrastare i ribelli si dovette persino ricorrere all’ impiego di militari arruolati in terre lontane, come i cavalieri ispanici ai quali fu concessa la cittadinanza romana per il coraggio con cui avevano combattuto nel Piceno, oppure all’ impiego di reparti inviati dalle popolazioni settentrionali, come i Veneti che intervennero nella Marsica, nel territorio dei Vestini, nell’ assedio di Ascoli.
Prevalse l’ abilità politica di Roma, che con un provvedimento a sorpresa spuntò le armi ideali della ribellione e aprì la strada alla repressione di ogni ulteriore resistenza: nel bel mezzo del conflitto la cittadinanza romana fu concessa individualmente a tutti gli Italici che ne avessero fatto richiesta.
Nasceva così l’ Italia romana, che avrebbe raggiunto il suo compimento nei decenni successivi con la diffusione dell’ ordinamento municipale e con l’ articolazione regionale concepita da Augusto, in buona parte entrambi pervenuti nel nostro attuale assetto territoriale.
moneta-1
Di questa storia, della Prima Italia, le terre dell’ antico Sannio, il cui nucleo originario corrisponde in maniera approssimativa alle province di Campobasso e Isernia, conservano monumenti grandiosi e affascinanti, ancorché poco esplorati. Fortificazioni megalitiche, fittamente distribuite sulle vette dei monti, anche ad altitudini assai elevate, le une in vista delle altre, formano un poderoso sistema di arroccamento creato per contrastare le incursioni delle legioni romane durante le tre guerre sannitiche e durante la guerra contro Pirro, la quarta guerra «romana» dei Sanniti, e per cercare riparo dagli eserciti cartaginesi durante il flagello annibalico. è difficile individuare in ciascuna di queste fortezze i singoli insediamenti di cui Livio tramanda così frequentemente il nome nella narrazione delle guerre nel Sannio.
Fortificazione-sannita-su-Monte-Cavallerizzo (Altosannio)
Alcune sono tuttavia obiettivamente identificabili, come le fortificazioni di Saepinum, il cui nome sopravvive in quello di Sepino; di altre è attendibilmente riconoscibile il sito, come nel caso di Aquilonia che, stando a Livio, dovrebbe corrispondere all’ abitato cinto da mura sul Monte Vairano, a ridosso di Campobasso.
Ciò che appare certo, e che cambia di non poco la tradizionale ricostruzione storica, è che gran parte delle guerre sannitiche si svolsero proprio nella parte del Sannio corrispondente al Molise interno, tra Isernia, Agnone, Campobasso e Sepino.
Ingenti sono le informazioni sulla storia istituzionale, religiosa e artistica del mondo italico che provengono dagli scavi in corso a Pietrabbondante, ove il santuario montano non inserito in un contesto urbano, già esistente nel quarto secolo, distrutto durante la guerra annibalica e ricostruito durante il secondo secolo avanti Cristo, assunse grande rilevanza politica e religiosa poco prima della guerra sociale, ossia nel momento delle maggiori rivendicazioni nei confronti di Roma, quando si attribuì per la prima volta significato politico al nome Italia. Risale a tale epoca la costruzione del maggiore tempio noto nel Sannio, collegato con un teatro ellenistico concepito per ospitare anche assemblee politiche, e con una domus publica, sede di attività civili e religiose.
Le ricerche hanno dimostrato che tutti quei monumenti, e gli altri che li circondano, erano destinati a svolgere funzioni che interessavano l’ intera nazione sannitica. Il culto delle divinità ivi rappresentate, la Victoria e un’ altra dal nome osco corrispondente a quello di Ops Consiva, dea dell’ abbondanza, rivelano il ruolo fortemente ideologico svolto da questo centro religioso e politico nella terra degli antichi Italici.
_________________________________________________
Adriano La Regina (Napoli, 6 agosto 1937) è un archeologo e docente italiano, presidente dell’Istituto nazionale di archeologia e storia dell’arte e soprintendente alle antichità di Roma dal 1976 al 2004. Laureatosi in Lettere all’Università degli Studi di Roma nel 1962, ha insegnato nelle università di Perugia dal 1969 al 1974, di Padova (1986) e del Molise (2002). Dal 1976 al 2004 è stato soprintendente alle antichità di Roma. Dal 2004 è docente di Etruscologia e Antichità Italiche alla Sapienza di Roma. Nel 2005 gli è stato conferito il prestigioso riconoscimento della medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte. È socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei e della Pontificia Accademia Romana di Archeologia. (scheda tratta da wikipedia)
Copyright La Repubblica
Editing: Enzo C. Delli Quadri [divider]
http://www.altosannio.it/quando-il-toro-dei-sanniti-cerco-di-usurpare-la-lupa-di-roma/