27 Ott 2021
Non c’è storia!
Autore: Michele Fabbri
«La storia intellettuale dell’umanità si può considerare una lotta per la memoria. Non a caso la distruzione di una cultura si manifesta come distruzione della memoria, annientamento dei testi, oblio dei nessi».
Con questa citazione di Jurij M. Lotman si apre il saggio Un tempo senza storia di Adriano Prosperi.
Prosperi, paludato barone universitario al servizio del sistema, ci informa col suo libro che la società contemporanea non considera importante lo studio della storia, e che l’Europa ha dimenticato la sua grande eredità culturale. Piuttosto straniante sentire osservazioni del genere da un autore che ha sempre difeso con accanimento il regime tecnocratico mondialista e le ideologie progressiste, responsabili della Cancel Culture (il sottotitolo del volume di Prosperi è: la distruzione del passato…).
Procedendo nella lettura del libro si chiarisce che cosa significhi per Prosperi studiare la storia: la principale preoccupazione dell’autore è che venga tramandata la memoria della Shoah. Se il problema è questo Prosperi può stare tranquillo: la Shoah è un evento storico sul quale vige la verità di stato imposta per legge!
Prosperi inoltre rincara la dose esternando anche un certo fastidio per quegli intellettuali che si pongono il problema della libertà di ricerca storica…
L’eminente storico arriva ad affermare: «oggi si ha a che fare con un negazionismo strisciante come fondamento di interi partiti e movimenti politici». Evidentemente al nostro autore sono sfuggite le servili manifestazioni di sostegno a Israele alle quali aderisce massicciamente la classe politica dell’intero Occidente!
Ovviamente Prosperi vede fascisti e razzisti a ogni angolo di strada, e afferma che in Germania sta crescendo impetuosamente un partito neonazista (che sarebbe Alternative für Deutschland), anche se in realtà il paese teutonico è saldamente in mano agli strozzini europeisti (Prosperi definisce le politiche di difesa delle identità nazionali come manifestazione di “sacro egoismo patriottico”).
Il libro parla anche di una scuola in cui la storia si studia poco e male, e ci dice che i programmi scolastici sono caratterizzati da chiusure etnocentriche: eppure da un mezzo secolo abbondante la sinistra ha dato alla scuola un’impronta profonda e tutta basata su un antirazzismo ideologico e masochista che imprime nelle masse una mentalità totalmente incapace di elaborare una prospettiva storica.
Naturalmente Prosperi se la prende anche con internet, che diffonde culture alternative sfuggendo all’occhiuto controllo del conformismo istituzionale che regna nel mondo accademico. Qui Prosperi manifesta lo spocchioso atteggiamento dell’aristocratico che vede la sua rendita di posizione minacciata dalle rivendicazioni di una plebe che si permette di contestare la nobiltà della cultura rifiutandosi di obbedire alle gerarchie consolidate!
Il saggio poi si dilunga passando in rassegna le varie concezioni storiografiche che si sono avvicendate nel corso del tempo, assumendo l’aspetto di un riassunto a uso scolastico.
Al di là dell’irritante mala fede che ispira il libro, c’è da chiedersi che cos’abbia voluto comunicare Prosperi con questa pubblicazione. L’autore, famoso come esperto dell’Inquisizione, sembra essersi identificato nel suo oggetto di studio: immedesimandosi nella mentalità di Domenicani e Gesuiti interpreta il suo ruolo di intellettuale come quello di un solerte censore sempre in cerca di eretici e di deviazioni dottrinali…
Il libro si conclude con una postilla dedicata all’emergenza sanitaria che può diventare l’occasione per risanare l’ingiustizia e per rimuovere le disuguaglianze: chissà cosa intende Prosperi per “ingiustizia” e “disuguaglianza”, visto che il mondo va esattamente nella direzione di quel mondialismo che lui sostiene con zelo fanatico…
Nel tempo della globalizzazione gli studi umanistici corrono due grandi pericoli: quello di essere considerati inutili ai fini della “vita pratica”, e quello di essere censurati in quanto “cultura dei Bianchi”. In entrambi i casi la percezione del tempo storico è sentita come un fastidioso intralcio alla vita nel presente e al radioso avvenire di un’umanità di sradicati.
Lo studio della storia per sua natura richiama l’idea di una tradizione, che certamente deve essere indagata, interpretata e opportunamente interpellata, ma che è pur sempre come una luce che, dalle nostre spalle, illumina la strada che dobbiamo percorrere. La mentalità moderna, che vede l’umanità come una moltitudine di consumatori omologati, è radicalmente ostile allo sviluppo di una coscienza storica. Pertanto i sistemi scolastici occidentali hanno depotenziato il più possibile lo studio della cultura umanistica. Il risultato è la morte dello spirito critico e di quella coscienza identitaria che non è “chiusura etnocentrica”, come direbbe Prosperi, ma che è invece il punto di partenza che permette di progettare il futuro con un minimo di consapevolezza.
Lo stesso Prosperi, del resto, afferma esplicitamente che la parola “identità” ha un aspetto “losco” e “preoccupante”, ed ha auspicato che la parola venga cancellata dal vocabolario…
Un tempo senza storia è la testimonianza di un mondo culturale murato vivo nel carcere mentale della correttezza politica. La lettura del libro tuttavia può essere stimolante per chi cerca il cambio di paradigma di cui oggi abbiamo bisogno, ovvero una grande ondata libertaria che spazzi via il sapere “ufficiale”, autoritario e repressivo, per lasciare spazio a visioni del mondo capaci di demistificare la lingua del potere e di aprire la strada a narrazioni alternative!
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Adriano Prosperi, Un tempo senza storia, Einaudi 2021, p.128
Michele Fabbri ha scritto il libro di poesie Apocalisse 23 (Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2003). Quella singolare raccolta di versi è stata ristampata più volte ed è stata tradotta in inglese, francese, spagnolo e portoghese. Dell’autore, tuttavia, si sono perse le tracce… www.michelefabbri.wordpress.com