ELEMENTI DI TOPONIMIA
Matese è un termine che ha per radice l’elemento, latino e greco, matmet- med- ; cioè la stessa radice delle voci: mat-er; mat-urus; Matuta (la madre-terra degli italici, la dea della vita e della fertilità); anche di mat-eria/mat-eries; di met-rum; di med-eor e di medicus; dell’osco Med-dix. In realtà, tutte queste voci, ed altre che qui sfuggono, derivano da una rad. indoeuropea: ma- + – tr’ = matr’ (pron. matìr) = (prego di credere, senza che io sviluppi la dimostrazione analitica) = entità – vivente o non vivente – che espleta la funzione di determina la possibilità di è lo strumento del si prende cura di generare, procreare, far nascere ed esistere (vite nuove o vite esistenti). Allora sembra chiaro che il toponimo Matese = montagna, ambiente, ecosistema che alimenta la riproduzione, il ciclo, naturale ed inesauribile, del mantenimento della vita; montagna madre della vita. Siamo in presenza della religione naturalistica degli italici; ma anche di un rispetto totale di ciò che la natura in cui si è immersi rende tangibile ed evidente, a ciascun essere vivente. Deus sive natura. Ricordo che non esiste una parola latina del tipo matisius/ matesius. Dunque Matese è voce italica, insomma è termine preromano; è, come abbiamo visto, indoeuropeo. Ma i Romani, che ebbero un bel po’ da fare, intorno e su, queste montagne, che i Sanniti conoscevano palmo a palmo, chiamarono il gruppo montuoso del Matese con un nome loro, come erano abituati a fare con i luoghi ed i siti dei territori sottomessi. Se una lingua viene sostituita da quella di un vincitore, la civiltà dei vinti viene cancellata. Molti studiosi non si rendono ancora conto che non è l’etnia sannita ad essere stata cancellata; non sono state cancellati nemmeno i reperti materiali dei sanniti; non è stata cancellata nemmeno la loro storia, da chiunque sia stata scritta; nemmeno il loro alfabeto è stato cancellato, anzi i romani ne assorbirono ed inglobarono il loro sistema vocalico esteso. Ma la loro lingua cadde in disuso, non era più prudente usarla, i nomi dei loro luoghi furono cancellati e sostituiti – d’imperio – da quelli decisi ed assegnati dai vincitori; per modo da risultare non più leggibili ed identifi cabili. Si veda la ricerca disperata della scomparsa città sannita di Touxion, una misteriosa capitale. Se una lingua muore, cade in disuso, la civiltà che l’ha usata, la civiltà sottesa, la cultura di quel popolo vinto si estinguono; perché la lingua è l’anima vivente e parlante di quella popolazione. Mi vengono in mente solo gli ebrei, fra i popoli vinti della storia, come un popolo che è rimasto tale, parlante la sua lingua semitica, pure quando e se era ridotto a brandelli in diaspora, del grande popolo ch’era stato. Una storia alla quale inchinarsi. Dunque i romani chiamarono il Matese dei Sanniti con un nome senza dubbio bello, anche se privo del senso mistico che appartiene (ancora !!) alla forte dorsale appenninica; lo chiamarono Tifernus mons = il monte delle (ricco di) acque correnti. Si è visto in precedenza che anche questa voce ha una radice italica. Ed io preferisco pensare che Tifernus sia un aggettivale, un attributivo di mons; naturalmente nulla vieta di ritenerlo un toponimo vero e proprio, un sostantivo a sé stante.
Paolo Vascello
(La Cittadella, settembre 2014 Daria Flaviana Dada’ Lepore