L’urlo rosa di Rosanna Rivas

IMG_7147

 

L’urlo rosa di Rosanna Rivas
Mauro Montacchiesi

“L’urlo” di Munch è opera topica nell’Ἄριστον-Ariston dell’Espressionismo dell’Europa Settentrionale e, incontrovertibilmente, la più insigne della propria estetica. Il dipinto compendia la sensibilità tormentata di Munch relativamente alla sua esistenza, pregnante del pessimismo fin de siècle. L’afflato estetico dell’opera è apertamente dichiarato dall’Artista:

Camminavo lungo la strada con due amici
quando il sole tramontò
il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue
mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto
sul fiordo nerazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco
i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura
e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.

Autoreferenziale si considera, di conseguenza, la genesi del capolavoro e proiezione estetica dello stesso Munch ne è la figura protagonista. Nondimeno, superando qualsiasi ispirazione-motivazione contingente, il dipinto racchiude e promana archetipi psicologici collettivi, un carattere indefinito e universale, sublimando la scena ad allegoria del dramma collettivo dell’angoscia, del dolore e della paura. Segnatamente a motivo del suo brusco, rude e diretto cachet iconico-cromatico. L’iconografia icasticamente propone, come protagonista, una “entità” che urla. La scena è trasversalmente scissa dal parapetto del ponte (in realtà un sentiero in salita sulla collina di Ekberg, sopra la città di Oslo), evidenziato fino a chiudersi, fino a scomparire nella profondità di destra, rispetto alle spalle del protagonista. Sulla sua sinistra, diversamente, risalta una scenografia abnorme, insolitamente strana, tristemente priva di vita, inospitale. La volta è incisa con un rosso intensamente tormentato: lingue di fuoco in un cielo morente (In realtà una riproduzione accurata del cielo norvegese dopo l’eruzione del Krakatoa del 1883, avvenuta dieci anni prima). L’”entità” viene raffigurata psichedelicamente, ovvero con una dilatazione della coscienza, con un superamento allucinogeno della realtà. La figura è flessuosa, non lineare, flaccida. Richiama ad una larva, non ad un’entità biologica. Il capo è totalmente privo di capelli ed è simile ad un cranio rivestito di cute imbalsamata. Il naso è pressoché impercettibile. L’espressione degli occhi sembra un delirio psichedelico. La contrazione convulsiva della bocca è fuori dall’ordinario. La morfologia ellittica della bocca è l’ubi consistam fonico del dipinto. Da lì germinano e si propagano le vibrazioni acustiche che imprimono dinamica all’opera nel suo insieme: all’entità, alla scenografia circostante, alla volta striata. Rimangono in posizione verticale esclusivamente il ponte e le silhouette di entrambi gli individui nel background del cartone. I due individui (due uomini) non sentono l’urlo che agghiacciante prorompe dai più imi precordi di un labirinto plumbeo, dall’intimo dell’entità davanti a loro e permangono indifferenti, insensibili. I due uomini in questione sono gli amici di Munch (l’entità), glaciali ed imperturbabili verso il suo turbamento metafisico, quali icone dell’ipocrisia nelle umane relazioni. La deflagrazione della potenza mentale, tanto rappresenta “l’urlo” in questo dipinto. Urlo che esplode a voler emancipare dall’angoscia uno spirito tormentato. Nondimeno nel dipinto non vi sono indizi che tale emancipazione poi si realizzi. L’urlo altro non è se non un’esplosione interiore che non riesce a trovare egresso verso l’esterno. E’ necessità di autoanalisi, di metacognizione, di controllo dei propri pensieri.

Il significato del colore rosa
In psicologia il rosa è emblema di speranza. E’ un colore positivo che dona senso di sicurezza e di ottimismo verso il futuro. Un colore che placa le pulsioni primitive, mitiga i sentimenti di rabbia e di aggressività, come pure il senso di abbandono ed il desiderio di vendetta verso gli altri. Il rosa veicola serenità e desiderio di riflettere prima di passare all’azione. La virtù topica di questo colore è quella alleviare la mente e di repellere i pensieri negativi. Il rosa simboleggia pure la disponibilità ad aprirsi verso gli altri, ad un continuo ed equilibrato scambio tra il dare e il ricevere. Il rosa dona la capacità del perdono e rappresenta la mutua necessità di dare e di riceve tenerezza.

L’urlo rosa
In questo titolo del testo sembra essere un manicheismo esistenziale dell’Autrice. L’urlo di Munch, in sintesi, è necessità dirompente di esternare i propri sentimenti, le proprie angosce, etc. Il colore rosa, in sintesi, è speranza, ottimismo, abbandono del desiderio di vendetta, etc. Ne “L’urlo” di Munch, Rosanna Rivas denuncia la violenza. Nel colore “rosa” di cui lo tinge, Rosanna Rivas apre al perdono. In questo testo Rosanna Rivas magistralmente riesce a far perfettamente dialogare, a rendere cor unum, donne di diversa cultura, di diversa religione, abbattendo ogni confine. Il trait-d’union è vasto e articolato: sofferenza, solitudine, emarginazione, violenza psicologica e fisica (segnatamente infibulazione e lapidazione), onde si leva un grido di dolore, un “urlo rosa”, cioè al femminile. Rosanna Rivas si fa vessillifera di questo “urlo rosa”, in un modo a lei assai congeniale, vale a dire vergando, denunciando in versi e in prosa, i crimini e gli abusi perpetrati in qualsiasi latitudine, sia dove dominano religioni integraliste sia dove dominano confessionalismi che producono, appunto, lo stesso risultato. Pur rimanendo nel cachet di una linguistica sobria, ma incisiva, Rosanna Rivas, elicitata dal suo prorompente, incoercibile pàthos, minia un’iconografia drammaticamente vibrante di quella mostruosità chiamata “infibulazione”, un’operazione praticata nell’antichità da alcune popolazioni (sia su ragazzi sia su ragazze), ma ancora in uso in alcune aree afro-asiatiche (soltanto su ragazze). Evidente, in quest’ultimo caso, la concezione fallocratica della società. A suggello della fallocrazia, l’altra mostruosità chiamata lapidazione. Nell’antichità la legge mosaica ordinava la lapidazione delle adultere; Santo Stefano protomartire subì il supplizio della lapidazione. Oggi è rimasta quale sostanziale “esclusiva” delle donne. La letteratura di Rosanna Rivas è una schietta alchimia di dolore. Ogni singolo lessema è un rilievo plastico della realtà, un ologramma sinestetico all’interno del quale entrare per capire e dal quale uscire con il retaggio di indelebili engrammi nella coscienza, la propria, deflegmata, emancipata da qualsiasi strumentalizzazione mediatica. Ad ogni latitudine del pianeta viene perpetrata violenza contro le donne. Ne può cambiare la modalità, ma non l’essenza. La violenza sembra essere un anatema archetipico contro la donna, laicamente dalle fasi storiche. Anche a verso di una violenza contro un uomo c’è il dolore di una donna: madre, moglie, sorella, figlia … In questa temperie efferata, Rosanna Rivas intravede la solidarietà quale motivo di ottimismo (Il colore rosa). Una solidarietà, tuttavia, che non prescinda dall’amore e dal reciproco rispetto, ma che prescinda, per contro, da qualsiasi nefanda violenza.

Ambasciatrice di Gandhi
Mahatma, “GRANDE ANIMA”, è l’epiteto che il Sommo Poeta Rabindranath Tagore attribuì a Mohandas Karamchand Gandhi. Gandhi, tra l’altro, è storicamente immortale per la sua teoria del satyagraha, ovvero per la resistenza all’oppressione tramite la disobbedienza civile. Gandhi mutuò i postulati del satyagraha da un sincretismo teologico-filosofico che inglobava frammenti di induismo, buddhismo, zoroastrismo, cristianesimo e giainismo. Il satyagraha è fondato sulla satya (verità), sull’agraha (fermezza, forza), in euritmica osmosi con l’ahimsa (non violenza). Sia nella sua vita sia nella sua Estetica, Rosanna Rivas è satyagraha (“vera forza”, “forza dell’amore” o “fermezza nella verità”), un personaggio civilmente iconoclasta, ovvero un personaggio che, per molti versi ed in maniera aristocraticamente soft, naviga controcorrente, non accettando qualsiasi forma di oppressione e di abuso e lo fa con la sua ahimsa, cioè con la non violenza, con la sua satya, vale a dire con la verità e con la sua agraha, id est la sua forza, forza del pensiero, della ragione, della cultura, della civiltà.