Luigi R. Cielo “Insediamento e Incastellamento nella Valle del Tammaro”.

INSEDIAMENTO ED INCASTELLAMENTO NELLA VALLE DEL TAMMARO

A Circello (BN) nel salone del convento di S. Francesco, sabato 6 ottobre 2018 si terrà la presentazione del libro del prof. Luigi R. Cielo “Insediamento e Incastellamento nella Valle del Tammaro”. Oltre a Pontelandolfo, Morcone, Sassinoro, S. Croce del Sannio, Castelpagano e altre località che lambiscono il Molise, nel libro c’è un pezzo della nostra regione con l’insediamento di Caselvatico oggi frazione di Cercemaggiore (CB). Attendevo da qualche anno l’uscita di questa nuova pubblicazione a cui probabilmente non potrò essere presente, ma l’invito è aperto a tutti i cultori della materia, agli appassionati di storia medioevale molisana (e non)


IMG_2962Tratto da alcune paagine del libro: pag. 109/111

PONTELANDOLFO
Il documento principe dell’esistenza storica di Pontelandolfo (Tav. 2) e insieme di un casale nel suo tenimento (“in loco Pontis Landolfì”) è un atto di permuta di proprietà tra Alferio, figlio di Pietro, e l’abate Giovanni “una cum plures monachi” del cenobio di Santa Teodora. Il documento è datato nel novembre del 1064 secondo gli anni dell’era cristiana e del principato di Landolfo VI (1060-1077) e del figlio Paldolfo IV (rispettivamente nel ventiseiesimo e ottavo anno della loro carica), vale a dire al tempo del dominio della casata principesca del ramo beneventano. Alferio, abitante presumibilmente nel castello di Pontelandolfo, si dice pronto alla cessione di un suo terreno in “loco ubi dicitur Balle telesina” all’abate Giovanni, ottenendo in contropartita una vinea sita “in ipso pede de ipso castello”-668- (vedi Appendice Documentaria, doc. n. 16).
Messo in chiaro che negli anni ’60 dell’XI secolo il vocabolo castellum è generalmente adottato per indicare un castrum – di qui la risaputa interscambiabilità dei due termini -, cioè un abitato concentrato e fortificato, la rilevante dell’atto si riassume nella esistenza, da un tempo anteriore, di un borgo, Pontelandolfo, e insieme di un monastero a non molta distanza, castello e monastero che risulteranno accomunati nel seguito della loro storia. Nel centro abitato è attiva una organizzazione amministrativa con un notaio, Rainone, un gastaldo e giudice, Giovanni, e compare anche un fideiussore, Petrus Jocoliere.
Una completa organizzazione castrale dunque, che può essere riportata indietro nel tempo-669-, e ciò anche al di là di un leggendario fondatore longobardo, Landolfo-670-, rimasto a siglare il toponimo. Una osservazione di Gentile-671-, secondo il quale sarebbe stato più giusto che il fondatore lo chiamasse Castel
Landolfo – ma la vicinanza di un ponte è stata determinante – potrebbe alimentare un interrogativo: l’appellativo dato dai monaci di S. Lupo al castello di Ponte S. Anastasia può aver avuto influenza? D’altronde un castello pianificato prima degli anni del trapasso di potere dalle dinastie longobarde alle nuove signorie normanne, che nel 1053 nella confinante valle telesina registra un conte normanno, così come nello stesso anno a Boiano, e ai limiti della valle del Tammaro già nel 1051 un gruppo di conti e di domini normanni, che animano l’atto di fondazione del monastero di Decorata, come si è visto, può legittimamente riportarsi al X sec. Già Cilento colloca nell’ambito della proliferazione dei comitati autonomi nel decimo secolo la nascita di nuovi centri, come Pontelandolfo-672-. L’irradiarsi della nobiltà beneventana nelle terre non molto distanti dalla città con magnati che sono promotori di episodi di incastellamento tra la seconda metà del X-673- e i primi dell’XI secolo quali Fragneto, Casaldianni, Reino, Monterone (vedi alle rispettive voci), rende plausibile l’ipotesi di un magnate longobardo salito a fortificarsi sul poggio di Pontelandolfo alla confluenza di due ruscelli, Alenta e Alenticella, secondo un ormai collaudato modulo insediativo, e all’incrocio delle vie provenienti dal Molise, dalla Capitanata e dalla Terra di Lavoro con la possibilità di controllo delle stesse.

D’altra parte lo stesso documento adombra un tempo sia pure di poco anteriore, perché chiama in causa Alferio, figlio di Pietro e terre, sia del cenobio sia del proprietario laico, che appaiono alla ispezione di “nobiliorum et honorum hominum” del 1064 melioratas, cioè rese più produttive rispetto alle condizioni di qualche tempo precedente. Il territorio appare punteggiato da un monastero e da località ben definite come la Valle telesina e il Ponte telesino-674-, che, impliciti anche nel passo delle Audatie, in cui agli uomini di Pontelandolfo è concessa libertà di pascolo e di taglio della legna “in territorio diete terre Murconi, vidilicet a strata beneventana versus montem orfanum usque ad stra- tam qua itur ad civitatem Thelesinam”67” (vedi Appendice Documentaria, doc. n. 17), nell’aggettivazione sottintendono una comunicazione viaria e diretta, attiva già da tempo, se di recente in base alla distanza riportata nella Tabula Peutingeriana, risalente al IV sec. d. C., la statio di Sirpium è stata ubicata qui nella zona di pertinenza del monastero di S. Teodora a nord di Pontelandolfo, loalità Sorgenza, ricca di materiale archeologico-676-. Territorio messo, pur con terre ancora incolte (terra vacua), a coltura, come le due vigne, e con distinzione dei confini anche tramite muretti di pietre, e strutture produttive come la mola tornatoria (mulino) di pertinenza monastica. Quanto al monastero è ardua ogni ipotesi sulle sue origini, anche se è da pensare, assenti celle o proprietà del monastero beneventano di S. Sofìa, ad una vaga filiazione debordine bene¬dettino, in pendant con il S. Benedetto a Morcone. Va però detto che nel 1273 il casale di S. Teodora era “di ragione della chiesa beneventana” (vedi infra). Allo stesso modo sfugge ogni rapporto monastero-vicino castrum, come ogni punto fermo sulla data di nascita del centro, sul detentore del potere politico, fatta eccezione per un habitator, Alferio, patrimonialmente legato al territorio nel 1064, ma fermo con la proprietà in scambio ai piedi del castello. Mi limito a ricordare che una quindicina di anni dopo nella vicina Morcone ha potere un conte normanno, Gerardo di Buonalbergo, ma nessun indizio permette di ampliare il suo dominio al nostro centro.