Novità Editoriale – Lorenzo Del Boca – Il sangue dei Terroni
Pubblicato il 6 maggio 2016 da Alessandro Romano
IL SANGUE DEI TERRONI
Lorenzo Del Boca, come scrive giustamente Pino Aprile nella prefazione, “è un grande cronista che scrive di storia: di quella stirpe di giornalisti capaci di rendere affascinante e comprensibile qualsiasi argomento trattino”. Con queste premesse seguiamo Lorenzo Del Boca fin da quando (tra i primi a farlo in epoca recente) trattò le questioni meridionali (dei classici, ormai, “Maledetti Savoia” e “Indietro Savoia”) diventando anche, con decine di incontri e convegni, un sapiente, efficacissimo e piacevolissimo “raccontatore di verità storiche”. Con queste premesse, del resto, aveva già affrontato il tema della prima guerra mondiale (“Maledetta guerra”). Ora approfondisce lo stesso tema vedendolo, però, da Sud. Ed è una prospettiva davvero nuova e interessantissima quella della grande guerra vista, a conti fatti, come l’ultima guerra di un “risorgimento” con e (soprattutto) contro i meridionali.
Da qualche mese ho scoperto una verità familiare che non conoscevo: il padre di mia nonna Giuseppina (Simone Balestrieri), è nel libro d’oro della guerra. Giovanissimo (era nato a Napoli nel 1891), fu arruolato nella Brigata Sele il giorno dell’onomastico di mia nonna. Ferito in battaglia, morì il 22 agosto del 1916 a 25 anni: la sua tomba è ad Ostrava nella Repubblica Ceca (era da quelle parti una fabbrica-lager). Quella di nonno Simone è una delle tante storie che potrebbero essere raccontate nel libro di Del Boca. E così si parte da quel Sud-colonia e da quelle tesi del famoso Lombroso (“che qualcuno arriva a definire scienziato”) per arrivare a fare dei meridionali “carne da cannone come l’Inghilterra faceva con i pakistani o la Francia con i marocchini” e se quella scelta non fosse stata pianificata sarebbe pure peggio perché, evidentemente, si trattava di un “atteggiamento implicitamente acquisito”. Così si raccontano gli scioperi contro la guerra delle coraggiose donne siciliane tra “miserere e invettive”. Si registrano i drammatici dati di una guerra veramente maledetta e ancora più maledetta per i meridionali (su 1000 uomini 105 non tornarono; 112 in Campania, 113 in Calabria, 210 in Basilicata). Su quasi 6 milioni di arruolati furono 677.000 i morti, senza considerare i morti in prigione o negli ospedali arrivando a superare il milione e mezzo di vittime (almeno un milione i meridionali). Fu così che al Nord, pur con vittime e danni gravi, a fine guerra si contarono centinaia di migliaia di operai più o meno specializzati nell’industria bellica (720.000 i “dispensati”) e al Sud solo lapidi (e spesso neanche quelle) nelle piazze dei paesi (solo 21.000 i “dispensati”). 400.000 i processi per reati commessi dai soldati (prevaleva il “disfattismo” anche solo per una lettera inviata ai propri familiari con qualche dubbio sulla utilità di quella carneficina), migliaia le “vittime sul posto” (anche solo per qualche “risposta vivace” ai superiori), migliaia le vittime delle “decimazioni” come quelle operate contro la Brigata Catanzaro (“i morti con la terra in bocca”). Eppure su 40.000 libri pubblicati, solo un paio di autori (compreso Del Boca) hanno trattato questi argomenti o hanno fatto ricerche sui documenti relativi a quei processi o a quelle ribellioni e molti conti sono ancora da fare o rifare nel nome di una verità storica che la cultura ufficiale non ha ricostruito o non ha voluto ricostruire (e qualcuno, aggiungiamo noi, precisamente dalle parti di Fenestrelle, dice di aver chiuso la questione magari dei soldati delle Due Sicilie deportati o uccisi al Nord dopo qualche mese di ricerca). Non mancano (è nello stile di Del Boca) notizie spesso tratte da diari, memorie, poesie o lettere oltre che da documenti inediti. Significativa la breve storia di Napoli da “emporio universale delle Due Sicilie” a “città dolente” con i passaggi su quel porto mai adeguatamente valorizzato (1900 i metri di banchina commerciale di cui solo la metà con binari, 14 i chilometri del porto di Genova e tutti con binari) mentre si consentiva alle Officine Meccaniche di Milano di ridurre stipendi e investimenti a Napoli dopo la concessione di esenzioni fiscali e agevolazioni di ogni tipo (schema che conosciamo bene anche in tempi più recenti) fino a quella Cassa per il Mezzogiorno che, di fatto, aiutò “i capitalisti del Nord”. Ed è ancora più spietato, tornando alle trincee, il confronto amaramente ironico che Del Boca ci presenta tra le atrocità di una guerra fatta di “fango e sangue”, “cieli nuvolosi e paesaggi lividi” e le irresistibili (e tragicamente comiche) relazioni militari o le preoccupazioni “floreali” di Cadorna e degli altri generali carichi di medaglie ma impegnati nelle “rischiosissime” colazioni dei bar di Trento e ben lontani dal fronte a cui guardavano come oggi guardano gli schermi i ragazzi che giocano con la Playstation. Insomma, usando le parole di uno dei tanti “terroni” impegnati al fronte: “Questa disonesta patria ci ha fatto le promesse e non le ha mantenute. Disgraziata e cornuta”. No, “non ce l’hanno raccontata giusta” -scrive Del Boca- e continuano a farlo e dobbiamo ringraziare Del Boca se questa e tante altre pagine di storia ce le ha raccontate lui ma (finalmente) nella maniera giusta e meglio, molto meglio di tanti storici “ufficiali” stranamente silenziosi o pigri su temi delicati, complessi e attuali come questi.
Gennaro De Crescenzo
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Un saggio storico che riporta alla luce una verità dimenticata.
Lavarono con il loro sangue le pietraie del Carso e i dirupi dell’Altopiano.
Nel corso del conflitto più vasto e spaventoso della storia, diedero la vita per una patria che non avevano mai conosciuto se non con la maschera di un potere centrale lontano, arrogante e rapace. Ogni anno si celebrano con enfasi insensata le ricorrenze della Prima Guerra Mondiale, ma da nessuna parte si sente dire che l’assoluta maggioranza delle vittime era gente del Sud.
Un’intera generazione spazzata via.
Figli del Meridione, contadini poveri, braccianti, piccoli artigiani, quasi per metà analfabeti, giovani di vent’anni che furono strappati alle loro famiglie e alla loro terra e mandati a morire in lande remote, tra montagne da incubo e pianure riarse. Si sacrificarono per gli interessi di quelle élite economiche che sfruttavano la loro terra, succhiandone le energie e rapinandone le risorse, e per il tornaconto di una nuova classe politica che li trattava con ferocia o disprezzo.
Finirono a decine di migliaia nelle trincee, stretti nella morsa del fango e del gelo, sotto una pioggia perenne di bombe.
Diventarono carne da cannone, numeri da inserire nelle statistiche dello Stato Maggiore, bandierine che i generali spostavano sulle mappe con noncuranza. Vennero massacrati sull’Isonzo e a Caporetto, combatterono con disperazione e con valore sul Piave, lanciati da ufficiali balordi o criminali contro un nemico che non conoscevano e che non avevano motivo di odiare.
Conobbero la paura, la morte, l’eroismo. Erano i nostri nonni, i nonni del nostro Sud.
L’esercito dei terroni.
Scheda Tecnica
Editore Piemme
Data pubblicazione Aprile 2016
Formato Libro – Pag 214 – 15×21
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L’Autore – Lorenzo Del Boca
Lorenzo Del Boca (Romagnano Sesia, 24 giugno 1951) è un giornalista e saggista italiano. È stato presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti dal 2001 al 2010 ed è stato il primo ad essere stato eletto per il terzo mandato consecutivo.
Laureato in filosofia e scienze politiche, è giornalista professionista dal 1980. La sua carriera professionale è iniziata alla Stampa di Novara e nel 1989 è transitato a Torino nella redazione di cronaca di Stampa Sera. In questa veste ha concentrato la propria attività sugli eventi connessi al terrorismo. Nel 1996 è presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) fino all’elezione a presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti nel 2001.
La sua occupazione di storico e scrittore si è incentrata in particolare sul periodo risorgimentale con la pubblicazione di due saggi (Maledetti Savoia del 1998 e Indietro Savoia. Storia controcorrente del Risorgimento italiano del 2003), distintisi per l’intransigenza e l’irriverenza mostrate nei confronti di Casa Savoia e per il distacco realizzato dalla storiografia maggioritaria.