La storia di Lawrence d’Arabia, l’ultimo eroe contemporaneo
L’epopea militare e umana di Lawrence d’Arabia, una storia unica anche a un secolo di distanza, che segnò per sempre la storia dei popoli arabi
Andrea Muratore –
“La sapienza ha costruito la sua casa e vi ha scavato i suoi sette pilastri”. A questa citazione biblica del Libro dei Proverbi, dopo la fine della Grande Guerra, Thomas Edward Lawrence avrebbe dedicato il titolo del suo libro contenente le memorie del suo impegno nella rivolta araba che giocò un ruolo decisivo nell’orientare a favore del Regno Unito le sorti del teatro mediorientale del primo conflitto mondiale, in cui Londra e i suoi alleati fronteggiavano l’Impero Ottomano.
Nel titolo stesso dell’opera c’è tutto Lawrence, è condensata la personalità profonda e unica nel suo genere di uno degli ultimi protagonisti romantici della storia contemporanea. Archeologo, agente segreto, comandante militare, scrittore: nella sua vita Lawrence ricoprì diversi ruoli e svolse attività complesse, ma la sua fama sarà per sempre legata a quei due anni tra l’ottobre 1916 e l’ottobre 1918 in cui divenne, per tutti Lawrence d’Arabia, il federatore delle tribù arabe in lotta contro la Sublime Porta d’Istanbul, il comandante guerrigliero capace di essere ovunque e in nessun luogo, il terrore dell’Hegiaz, flagello delle forze ottomane logorate dalle azioni mordi e fuggi e dalle cariche improvvise delle sue truppe a cammello.
Archeologo e appassionato della civiltà mediorientale, nato nel 1888 nella cittadina gallese di Tremadog e laureatosi nel 1909 a Oxford con una tesi sui castelli crociati, allo scoppio della Grande guerra nel 1914 Lawrence prestava da poco servizio nel reparto cartografico dello stato maggiore dell’esercito inglese in Egitto, protettorato di Sua Maestà alle porte dell’Impero ottomano.
Dopo alcuni fallimentari tentativi di sferrare un colpo decisivo alla Sublime Porta, come l’offensiva di Gallipoli del 1915 che si risolse in un disastro per le truppe dell’Intesa, l’esercito britannico iniziò a escogitare una strategia volta a garantire la massima pressione possibile sugli ottomani e a sfruttare le debolezze interne all’Impero e il malcontento delle minoranze arabe verso i dominatori turchi a favore della causa alleata. In particolare, risultò importante per l’esercito di Sua Maestà lo scoppio della Rivolta araba guidata, a partire dal 1916, dallo sharif della Mecca Husayn e condotta militarmente da Faisal, suo figlio. Essi proclamarono l’indipendenza del regno hashemita dell’Hegiaz nel cuore della penisola araba e in prossimità dei luoghi sacri dell’Islam, stipulando un’alleanza con le potenze dell’Intesa, guidate da Francia e Regno Unito.
Nell’ottobre 1916, dunque, Lawrence fu distaccato dallo Stato maggiore imperiale come ufficiale di collegamento presso Faysal e fin dall’inizio del suo mandato lavorò su due binari. Da un lato, coordinare la strategia araba con la volontà britannica di intrappolare nel pantano arabo il numero maggiore possibile di truppe ottomane, deviandole dall’impegno sui fronti della Siria e della Mesopotamia; dall’altro, ottenere la fiducia dei comandanti arabi e strutturare militarmente le bande e le tribù abituate al movimento nel deserto.
Faysal gli consiglia di cambiare modo di vestire per integrarsi totalmente con i suoi uomini: è così che nasce il mito dell’inglese in abiti bianchi capace di cavalcare a dorso di un dromedario alla testa di un esercito di 70mila uomini riorganizzato come efficace forza di guerriglia. L’attitudine delle tribù arabe alla conoscenza del deserto e la disparità di forze tra le truppe stanziate nella penisola e l’esercito dell’Impero ottomano spinsero Lawrence a individuare nella ferrovia dell’Hegiaz che collegava le province arabe al resto del territorio ottomano l’arteria più fragile del nemico. Analogamente a quanto accade nella guerra navale, la guerra condotta da Lawrence nel deserto non aveva in larga parte dei casi nell’occupazione del territorio la sua finalità. Piuttosto che puntare, come avrebbero preferito lo sharif e suo figlio, ad assediare un luogo dall’alto valore simbolico ma dallo scarso peso strategico come la città santa di Medina Lawrence consigliò gli arabi, di cui conosceva attitudini, lingua e costumi, a interpretare il conflitto in senso olistico, puntando su una guerriglia continua in cui avanzate e ritirate erano parte di un obiettivo più ampio, ovvero stremare gradualmente le forze ottomane, distruggerne le linee logistiche con il sabotaggio alla ferrovia dell’Hegiaz, abbatterne il morale e distruggerne le certezze.
“Per anni abbiamo vissuto a stretto contatto tra di noi, nel deserto nudo, sotto un cielo indifferente”, scrisse Lawrence nel suo saggio divenuto un classico della letteratura del Novecento. Dal suo quartier generale nel deserto del Wadi Rum Lawrence dava fondo a entrambi i suoi obiettivi, cercando di federare le tribù arabe per fare causa comune con l’Impero britannico e cercando di comprendere al meglio le loro rivendicazioni nazionali.
La campagna di Lawrence riuscì ad ottenere risultati notevoli. Nel luglio 1917 le truppe ottomane stanziate nella guarnigione di Aqaba, in Giordania, i cui principali contrafforti difensivi erano rivolti verso il mare, in previsione di un assalto della Royal Navy, videro spuntare da Est i guerrieri cammellati comandati da Lawrence d’Arabia, che ne travolsero le difese e presero la città mettendo fuori gioco l’intera guarnigione; trasformando da allora in avanti Aqaba in una pistola alla tempia di tutte le comunicazioni ferroviarie ottomane con l’Hegiaz. Questo accelerò l’avanzata del generale Allenby in Siria tra il 1917 e il 1918, e l’agognata meta della capitale Damasco fu, nell’ottobre 1918, raggiunta definitivamente anche grazie al decisivo sostegno di Feysal e Lawrence, che entrarono trionfalmente in città nel mese di novembre. Nella marcia di avvicinamento a Damasco, gli irregolari arabi avevano dato splendida prova di sè in battaglia, catturando la città di Deraa e avevano sostenuto, con raid contro le ferrovie e i convogli logistici, gli sforzi che avevano condotto i britannici a vincere la battaglia di Megiddo. Le conseguenze a lungo termine dell’impresa di Aqaba, compiuta al termine di una folle cavalcata nel deserto bruciato dal sole estivo e da temperature che superavano i 50 gradi centigradi, furono decisive per le sorti del conflitto.
Lawrence era al settimo cielo, considerato un eroe dagli arabi per il contributo alla loro lotta per l’indipendenza. Era diventato per tutti semplicemente Aurans Iblis, Lawrence il diavolo. Davanti a lui si aprirono le porte di un futuro glorioso in patria: la Victoria Cross da ricevere dalle mani di Re Giorgio V, un posto nel governo britannico, il titolo di viceré dell’India. A tutto questo Lawrence, però, rinunciò. E tutti gli storici che hanno scritto della sua epopea, compreso l’italiano Franco Cardini, concordano nel dire che non ci fu alcun doppio gioco dietro la motivazione ufficiale addotta da Lawrence: il tradimento della causa araba da parte delle potenze alleate, che applicando l’accordo Sykes-Picot del 1916 avevano spartito le terre arabe dell’Impero ottomano alla Conferenza di pace post-bellica. Solo nel 1921 Faysal avrebbe, dopo lunghi scontri, ottenuto la corona dell’Iraq posto nell’orbita britannica, ma il sogno di una grande patria araba unita era svanito per sempre. E anche i sovrani hascemiti della penisola araba avrebbero dovuto lasciare il passo, negli Anni Trenta, alla forza unificatrice dei sauditi.
Lawrence da allora fino alla morte avvenuta nel 1935 in un tragico incidente in moto nella contea del Dorset, si ritirò a vita privata, volle occultarsi dal mondo così come in passato si era nascosto nelle profondità del deserto arabo. Fu aviere della Raf, scrisse le sue memorie, si fece chiamare Thomas Edward Shaw, volle cercare l’anonimato mentre nel Regno Unito e nel mondo la notorietà delle sue gesta cresceva in continuazione. Come un’ombra, senza preavviso e con sagacia Lawrence e i suoi si erano avventati su Aqaba. Allo stesso modo, nel silenzio e con discrezione Lawrence volle isolarsi da un mondo moderno contro cui si era trovato più volte in contraddizione e contrasto. Esperto del mondo classico e dell’antichità ai tempi della Belle Epoque positivista, in solidarietà con gli arabi nell’ultima fase dell’era coloniale, guerrigliero a dorso di cammello nella più brutale e moderna guerra combattuta fin’ora, Lawrence spicca proprio in quanto personaggio autenticamente romantico. E ancora oggi, leggendo le pagine da lui scritte e le cronache che parlano di lui, si ha l’impressione di essere di fronte a un personaggio senza eguali nella storia contemporanea. Una vera e propria folgore, la cui epopea, risolta nella sconfitta politica della causa a cui si era moralmente legato, resta una storia unica nel lungo susseguirsi di tragedie e sconvolgimenti del Novecento.