Tratto dal libro “La leggenda della Ruzzola del Formaggio e altri racconti”
di Carlo Perugini
La statua di san Donato
Il carrettino con sopra la statua di gesso di san Donato, arrancava lungo la provinciale polverosa. Veniva da Solopaca e doveva trasportare la statua del santo alla diocesi di Morcone: a quei tempi sede del vescovo.
Quel giorno, era il sette di agosto, faceva un caldo torrido: il sole era accecante e il conducente del carretto, tutto sudato, si era seduto sul barroccino accanto al traino e teneva le briglia del mulo lente, mentre l’animale stanco, si muoveva a stento trascinando il pesante carico lungo la strada che dal Ponte Nuovo andava verso il paese.
Dietro al carrettino, in uno charriot a due posti trainato da cavalli, molto più comodo del carretto, c’erano il vescovo di Morcone e il suo assistente.
Il piano della comitiva era di raggiungere la Taverna di Settebellezze a Pontelandolfo, prima di mezzogiorno e fermarsi per rifocillarsi e far bere gli animali.
Avrebbero raggiunto Morcone, nel pomeriggio, che era la destinazione finale della statua.
La statua l’avevano comprata, i fedeli della diocesi di Morcone, per devozione, facendo una raccolta fondi volontaria.
Quando il piccolo corteo della statua e del vescovo si fermò al bivio della nazionale per Pontelandolfo ormai il caldo si era fatto insopportabile. Il vescovo si accomodò nella taverna con il suo assistente e il carrettiere staccò il mulo dal carretto per dargli agio di bere e mangiare un po’ d’erba fresca al lato della strada.
I tre si ritrovarono al tavolo e sarà stato per l’arsura, per il vinello fresco oppure per il sapido baccalà con le patate di cui ordinarono due piatti, esagerarono un poco con il vinello traditore.
Fuori dalla taverna, il carretto con la statua del santo non passò inosservato agli abitanti di Pontelandolfo.
A quel tempo, tra Pontelandolfo e Morcone la rivalità e la competizione era molto accesa e a qualcuno venne in mente di rubare la statua del santo, con tutto il carretto, per portarsela in paese.
L’idea ebbe rapida attuazione: mentre il vescovo, l’assistente e il carrettiere erano intenti a gustare le abbondanti libagioni, alcuni robusti giovanotti di Pontelandolfo, presero il timone della carretta e a mano, lo spostarono verso il centro del paese, nascondendo il tutto nell’androne della vecchia congrega, aperto per l’occasione dal solerte sagrestano del paese.
Il furto avvenne senza che l’arciprete di Pontelandolfo fosse informato. Ma quando lo venne a sapere, nulla fece per restituire il maltolto.
In realtà esisteva una vecchia questione perché a Pontelandolfo la Chiesa era di rito cattolico mentre la diocesi di Morcone era ancora di rito bizantino, e questo spiegava la forte rivalità tra le due comunità.
Infatti, la statua di san Donato rimase a Pontelandolfo e a nulla valsero le veementi proteste dei morconesi.
Da quel momento, la statua di san Donato, collocata in una cappella laterale della chiesa madre venne fatta cenno della massima reverenza dei fedeli e di tutti i cittadini di Pontelandolfo e san Donato fu consacrato come copatrono del paese, insieme a sant’Antonio da Padova.
Vicino alla locanda di Settebellezze, nel luogo dove era stata “prelevata” la statua venne eretta per devozione una cappellina, intitolata per l’appunto al santo.
La rivalità tra i due paesi divenne massima e per dispetto il sette di agosto venne istituita la festa di san Donato a Pontelandolfo.
Anche oggi, in questa occasione i devoti portano la statua in processione fino al bivio dove c’era la cappelletta, stando molto attenti a non superarlo perché, dice la leggenda, che ove la statua dovesse superare quel punto, essa diverrebbe di nuovo proprietà dei morconesi che avrebbero, allora, il diritto di riprendersela.Per sempre…