LA DISFATTA ITALIANA IN GRECIA 1940-1941
Il 26 novembre 1940 Joseph Goebbels scriveva nel suo diario: «I nostri alleati sono in rotta e corrono. Uno spettacolo vergognoso»; e il 6 dicembre: «I Greci costringono gli Italiani a ulteriori ritirate. La perdita di prestigio di Mussolini è colossale»; per aggiungere il 14 e 15 dicembre: «L’Italia spera in un intervento della Wehrmacht tedesca e alla fine probabilmente non avremo altra scelta», siccome «i Greci attaccano ferocemente e con forze massicce. I nostri alleati sono diventati un peso per noi. Come andrà a finire tutto cio?».
La campagna di Grecia rappresentò in gran parte l’inizio della fine per il regime fascista italiano. Mussolini l’aveva intrapresa volendo evitare di finire sotto l’ombra di Hitler, che stava conquistando l’Europa, e invece proprio a causa di essa l’Italia finì umiliata, derisa e definitivamente subordinata alla Germania sul palcoscenico internazionale, perdendo ogni credibilità. Ciò nonostante a mio avviso la scelta di fare la guerra non era folle o strategicamente insensata, se si tiene conto dello scenario strategico. Dal momento che l’Italia mirava a dominare il Mediterraneo, era difatti necessario mettere sotto controllo o nella propria sfera d’influenza la Grecia e il Mediterraneo orientale.
Se vogliamo invece individuare l’errore dei leader Italiani tornando al periodo che precedette l’invasione del 28 ottobre 1940, questo, a parte la sottovalutazione delle capacità militari greche, sarebbe che loro forse non avevano un pensiero geopolitico abbastanza acuto per capire che i buoni rapporti con la potenza dominante nel Mediterraneo rappresentano per la Grecia una condizione sine qua non. Quindi si esasperavano dell’atteggiamento greco, che seppur ufficialmente neutrale sembrava fare delle agevolazioni agli Inglesi, e non davano priorità al fatto che comunque la Grecia cercava sinceramente di evitare la guerra. In un senso l’atteggiamento greco era perfino favorevole all’Italia, dal momento che malgrado la Grecia fosse un alleato tradizionale della Gran Bretagna, non dava ai Britannici tutto l’aiuto che avrebbe potuto dare, a differenza di quanto era accaduto solo una ventina d’anni fa.
Il governo greco agiva così perché voleva a tutti costi stare fuori dalla guerra, al contrario di quanto era accaduto durante la prima guerra mondiale, quando aveva visto lo scontro fra le grandi potenze come un’opportunita per espandersi. Nel 1940 invece la Grecia era un paese in ricostruzione, senza ambizioni di espansione della propria influenza. L’Italia poteva valorizzare questa condizione. D’altra parte il governo greco ha anch’esso le sue colpe, nel senso che non chiarì con sincerità la sua posizione ma insistette che la sua politica fosse perfettamente neutrale, cosa sicuramente non vera.
Malgrado ciò, una leadership italiana più acuta avrebbe potuto cercare di coltivare dei rapporti piu stretti con le parti dell’establishment greco che esprimevano simpatia per l’Italia e la Germania. Senza l’invasione della Grecia, le forze armate italiane avrebbero concentrato tutte le loro forze alla guerra vera, cioè lo scontro con la Gran Bretagna per la supremazia nel Nord Africa e in genere nel Mediterraneo, senza sprecare uomini, risorse e tempo in un secondo fronte.
I suddetti punti sono estratti scelti dalla conclusione della mia tesi per il Master in Storia Militare dell’Università Niccolò Cusano di Roma, intitolata «Di fronte a due imperi. Come la Grecia cercò di contrastare l’offensiva italiana e tedesca 1940-1941».
Quando ho proposto questo argomento avevo già scritto su decine di guerre nei miei libri e studi, cercando di individuarne le cause e il significato, rimanendo sempre impassibile e distante. Ero dunque sicuro che non avrei incontrato grandi difficoltà, visto che conoscevo la storia base e potevo anche consultare direttamente fonti di entrambe le parti. Però mentre scrivevo la tesi mi sono gradualmente sentito sempre più pesante sentimentalmente, al punto che ho pensato di cambiare l’argomento. E se i miei relatori non fossero tanto interessati a leggere una tesi su quella guerra scritta da un Greco, probabilmente l’avrei fatto. Direi che si tratta dell’unica volta in cui non sono riuscito a osservare gli eventi con l’occhio distaccato dello studioso, ma invece mi sentivo addolorato, come se raccontassi un duro scontro fra me e mio fratello.
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