Il Mattino, 125 anni nel segno indelebile di Matilde Serao
di Silvio Perrella
Un altro premio letterario? In Italia ce ne sono già molti. Troppi. Però un premio come quello che stiamo per raccontarvi, forse non c’è ancora. Un premio che coinvolge un intero giornale, mettendo a confronto redattori, editorialisti, collaboratori e così seguitando.
È così che sta per nascere il premio Matilde Serao; nascendo al crocevia tra un anniversario e la fisionomia intellettuale di una giornalista-scrittrice.
L’anniversario è quello de «Il Mattino»: centoventicinque anni dalla sua nascita, il 16 marzo del 1892. A fondarlo, insieme a Edoardo Scarfoglio, c’era proprio lei, la Serao.
Personalità poliedrica: inventrice dei famosi «Mosconi»; collezionista di racconti che con gli anni sono stati rivalutati e messi nel loro giusto rilievo dalla critica; forgiatrice del Grande Romanzo sulla Città come Il paese di Cuccagna; esploratrice delle ferite arrecate al tessuto urbano dalla cosiddetta modernità del «rettifilo» nel Ventre di Napoli.
Ebbene, l’incrociare un anniversario con la storia di una scrittrice, intitolandole un premio, è stato un gesto naturale. D’altronde un premio dedicato alla Serao esiste già e si tiene a Carinola ed è destinato a giornaliste. Bisognava onorare anche la scrittrice, non solo la giornalista.
Allora il direttore de «Il Mattino» ha pensato di radunare nella sala Siani la platea di chi il quotidiano lo pensa, lo scrive, lo intitola, lo riguarda il giorno dopo e lo condivide con i lettori che lo comprano il giorno dopo in edicola.
La domanda posta a tutti era: chi, tra scrive oggi. è assimilabile all’opera di Matilde Sera? Chi mette insieme tensione civile, desiderio di rivolgersi a un pubblico ampio, capacità di essere legata a un dato e specifico territorio, mescolanza dei generi, sguardo insieme analitico e ironico?
Ognuno è stato chiamato a indicare le sue preferenze, e da queste scelte è emerso con naturalezza il profilo della vincitrice. Non è certo l’obiettivo dell’articolo che state leggendo svelarvi chi sia.
Il suo nome lo si saprà lunedì prossimo, il 13, durante un’anteprima del premio che si terrà al teatro Mercadante, alla quale è stato dato titolo di «Era de marzo». Quel pomeriggio teatro e quotidiano si daranno la mano, e Mariano Rigillo leggerà il primo editoriale di Scarfoglio, e Cristina Donadio darà voce ad alcuni «mosconi» e Gaia Aprea intonerà due canzoni ispirate al Ventre di Napoli. E saranno Luca De Fusco e Alessandro Barbano a dare brio alla conversazione, invitando sul palco alcune delle «firme» de «Il Mattino».
Ma sul palco non ci saranno solo parole e suoni e persone; ci saranno anche le pagine «storiche» del quotidiano che adesso è a via Chiatamone, ma che all’epoca apriva i suoi battenti nell’Angiporto Galleria.
Quell’Angiporto che è stato fermato in pagine memorabili da Anna Maria Ortese ed Ermanno Rea. Un budello di strada dove il viavai delle persone si sommava al viavai delle notizie, dei giornalisti e delle redazioni.
Si tratta di pagine che i lettori de «Il Mattino» troveranno raccolte, con nuove riflessioni e nuove firme, in ben due supplementi nei giorni successivi all’anteprima del Mercadante: il 15 e il 16 marzo.
E sfogliarle sarà come fare un viaggio nel tempo; nel tempo post-unitario che si avviava a vivere la stagione della Belle Epoché, di recente narrata da Francesco Barbagallo. Una stagione ancora ignara delle due Grandi Guerre che sconvolsero il mondo, e dopo le quali nulla fu più lo stesso.
E oggi che tutto è ancora diverso e che i giornali cartacei sono costretti a un ripensamento radicale e continuo e che i generi si sono ancor di più ibridati, scavare nell’archivio di un grande quotidiano del Sud può essere l’occasione per vedere come si è combattuta la lotta con il Tempo nel recente passato.
Matilde Serao morirà nel 1927, proprio tra le due Guerre, in un momento in cui vedeva la luce quella che di sicuro è stata la generazione portante del secondo Novecento, quella che mi è capitato di chiamare degli «antenati».
Oggi che siamo in un altro secolo, la scrittura di questa donna va di nuovo interrogata, ed è quel che «Il Mattino» prova a fare dando vita a un premio che non vuole sommarsi a tutti gli altri, ma che aspira invece a far convivere scrittura giornalistica e letteraria nel perimetro delle stesse stanze editoriali: un giornale.