IL BACIO DEL BRIGANTE DI FRANCO LIMARDI
intervista a Franco Limardi. – f.parente@araldodellospettacolo.it
Scrivere un romanzo storico è un lavoro che richiede molto ricerca, una grande attenzione al linguaggio e ai costumi dell’epoca, ed accuratezza nei particolari. Tutte queste caratteristiche non mancano al romanzo Il bacio del brigante di Franco Limardi edito Mondadori.
Limardi, già finalista al Premio Calvino e autore di avvicenti noir, scrive una storia di briganti ispirandosi alla vita di Domenico Tiburzi il re della macchia, brigante che a fine Ottocento domino’ e terrorizzo’ la Maremma. L’opera di Franco Limardi colpisce per la fedele ricostruzione storica dell’Italia postunitaria, la bellezza della lingua accuratamente cesellata, la profonda delineazione dei protagonisti tra cui spicca il maggiore Carlo Carcano.
La trama: l’ufficiale Carcano riceve l’ordine di catturare Michele Pastorelli, il brigante piu temuto della Toscana. Per assolvere al suo compito l’ufficiale non esita con scaltrezza ed intelligenza ad usare sia l’antico braccio destro del brigante Luciano Fiorilli sia la bellissima moglie del Conte Sarzani. Ma la cattura di Pastorelli lascerà una scia di sangue che colpirà colpevoli ed innocenti. Tradimenti, passioni, duelli in questo romanzo che unisce un intreccio coinvolgente ad un superbo affresco storico.
Incontriamo Franco Limardi a Viterbo alla fine del festival di Caffeina di cui Limardi è direttore artistico per la sezione storica La memoria e il racconto.
Ciao Franco, parliamo del tuo ultimo romanzo “Il bacio del brigante”, edito Mondadori, come è nata l’idea di questo libro?
L’idea mi è venuta quando mi sono imbattuto nelle figure dei briganti della Maremma, e in particolar modo mi ha interessato il brigante Domenico Tiburzi, personaggio all’epoca molto conosciuto, tanto noto che in occasione della sua morte il dott. Lombroso ( il più noto criminologo dell’ Ottocento n.d.r.) esaminò i resti del Tiburzi. Mi aveva colpito il fatto che a Viterbo, alla fine dell’ 800 ci fosse stato un maxiprocesso al brigantaggio, forse il primo nel suo genere. Le autorità arrestano duecentosettanta persone nel tentativo di isolare il brigante. Finirono in carcere o indagate, individui appartenenti a tutte le classi sociali.
Questo servì a catturarlo?
Tiburzi fu catturato in maniera apparentemente del tutto fortuita e in circostanze mai del tutto chiarite. La versione ufficiale dice che dopo vent’anni anni di latitanza, in una notte di tempesta nella Maremma verso Capalbio, una pattuglia dei carabinieri lo sorprende in un casale. Nasce un conflitto a fuoco in cui il brigante Tiburzi muore. Partendo da questa storia ho cominciato ad elaborare il mio romanzo.
Come ti sei documentato per questo romanzo?
Ho ricercato diversi testi storici sul brigantaggio locale e consultato giornali dell’epoca nella biblioteca di Viterbo che è molto fornita. E ho studiato i libri di Alfio Cavoli che ha scritto molto saggi sulla Maremma e suoi briganti. Ho fatto anche ricerche sul campo recandomi sui luoghi del brigante, e ho percorso dei tratti del sentiero dei briganti.
Ci spieghi cos’è?
Il sentiero dei briganti è una sorta di “autostrada” che attraversa l’Italia, valica gli Appennini e finisce in Emilia Romagna. All’epoca precedente all’unità d’Italia, serviva ai briganti per cambiare aria quando la situazione si faceva difficile, grazie al sentiero erano in grado di cambiare Stato e non essere catturati dai gendarmi.
Nel tuo romanzo la ricostruzione storica è molto accurata, anche nel linguaggio e nella modo di pensare dei personaggi
Ho cercato di ricostruire il comportamento di questi uomini, la loro mentalità e il loro modo di esprimersi, cercando ne “Il bacio del brigante” di replicare l’italiano di fine Ottocento pur cercando di renderlo comprensibile al lettore contemporaneo.
Nei tuoi romanzi compreso l’ultimo si nota una costante che è l’estrema ferocia
Ho un amico regista teatrale che mi dice sempre che faccio “gli spiedini shakespiriani” un modo di dire che i miei finali sono come quelli di Shakespeare in cui muoiono quasi tutti i protagonisti. Io credo che la violenza sia un elemento della nostra società, anche se non è sempre visibile. Sono convinto che la violenza soprattutto in un certo tipo di letteratura sia il momento in cui il personaggio manifesta la propria indole. In certi momenti estremi come la morte il personaggio positivo può davvero esprimere se stesso. Questa è una visione un po’ orientale in cui la morte dà un senso alla vita ed è il momento della verità.
Ho letto che ascolti molto musica mentre scrivi i tuoi romanzi, che genere di musica?
Durante la stesura del mio prima romanzo “l’età dell’acqua” (finalista Premio Calvino 2000, menzione speciale ndr ) ho ascoltato moltissima musica rock, rock molto duro e quel romanzo risente di questo ritmo. Nei “I cinquata nomi del bianco”, ho sentito molto jazz, ma soprattutto la musica dei Radiodervish. Nell’ ultimo romanzo “Il bacio del brigante” ho ascoltato molta musica popolare italiana e musica celtica; Bob Dylan, e gli album acustici di Bruce Springsteen perché diciamo che questo romanzo ha delle atmosfere un po’ western.
Da dove nasce l’esigenza di scrivere?
Sin da ragazzino sono stato affamato di storie. Ho letto tantissimo, ho mangiato quintali di carta, perche mi piace ascoltare storie, ed è venuta quasi da sé la voglia di scriverle le storie . Poi quando ero ventenne mi venne voglia di scrivere per il cinema e cominciai a frequentare corsi di scrittura creativa per il cinema. Scrivere per il cinema è sempre stato molto difficile, difficile trovare interlocutori, produttori; ho continuato finché un giorno un agente cinematografico mi consigliò di scrivere romanzi. In effetti quando scrivo penso per immagini, io vedo le scene, avendo iniziato come sceneggiatore mi è rimasto l’impriting.
Nei tuoi libri ci sono molto riferimenti e citazioni di film
Sì, mi diverto a spargerne, diciamo che è un gioco a cui invito i lettori, mi piacerebbe vedere poi quanti effettivamente ne vengono trovati. Comunque ne Il bacio del brigante per esempio, il Maggiore Carcano e la Contessa Eleonora si incontrano in un caffè per caso all’inizio del romanzo. Lui si rivolge a lei in maniera molto impudente e lei lo riprende con la stessa frase con cui Alida Valli in Senso di Visconti risponde al tenente austriaco suo futuro amante. Nel libro “Anche una sola lacrima” ci sono molti riferimenti al film noir anni 40 e al film Viale del tramonto.
Ci parli dei luoghi dei tuoi romanzi?
Nel primo la vicenda si svolge a Roma, negli altri la città è Viterbo ma io non do mai indicazioni dei luoghi e non la nomino mai, ho mescolato le strade i posti. Amo molto Roma, io sono nato nel quartiere di S.Giovanni, e anche se l’ ho abbandonata ormai da più di venti anni, quando torno sono sopraffatto dalla sua bellezza, la stessa che avevo smesso di notare quando ci vivevo.
Parliamo degli autori che ami leggere italiani e stranieri
Sono tanti, ma i primi che mi vengono in mente sono Pavese, Buzzati, Calvino, Pasolini, Edgar Allan Poe, Cormack McCarthy,Celine, Mishima, Carver, Conrad, Hammett, Manchette, Vargas Llosa e ancora tanti altri.
Tu pratichi da oltre dieci anni Aikido e sei cintura nera secondo Dan, in che modo quest’arte marziale influenza, se la influenza, la tua produzione letteraria ?
L’Aikido è una disciplina, come tutte la arti marziali dà rigore e metodo, è innanzi tutto educazione di se stessi e conoscenza dei propri limiti e delle proprie capacità; è anche però condivisione con gli altri praticanti, apertura verso il prossimo, diciamo così. Nel prossimo romanzo uno dei personaggi pratica Aikido. Però l’Aikido, le sue tecniche sono molto difficili da raccontare.
Hai curato la sezione La memoria e il racconto dedicata al romanzo storico del Festival di Caffeina che si è svolge a Viterbo, ci parli questa esperienza?
Una esperienza molto impegnativa ma anche molto positiva. Ho potuto presentare buoni ed ottimi libri, ho conosciuto molti autori interessanti e rivisto amici scrittori che ho invitato. Ho anche coinvolto musicisti e attori per dare una veste diversa e più interessante alle presentazioni.
Ora a cosa ti stai dedicando?
Sto scrivendo è un thriller contemporaneo che si svolge a Roma. Però per il futuro voglio dedicarmi ancora al romanzo storico, ma per ora, scaramanticamente, non posso dire di più.
Franco Limardi, nato a Roma nel 1959 si è laureato in Filosofia. Esperto di cultura cinematografica e sceneggiatore, autore di testi teatrali. Nel 1999 ha partecipato al premio Calvino con il suo primo romanzo, L’età dell’acqua (DeriveApprodi 2001), che ha ricevuto una menzione speciale da parte della giuria. Successivamente ha pubblicato Anche una sola lacrima , Marsilio 2005) finalista Premio Scerbanenco, Lungo la stessa strada (Perdisa Pop 2007), I cinquanta nomi del bianco (Marsilio 2009) finalista Premio Scerbanenco e Premio Azzeccagarbugli.
Il romanzo storico “Il bacio del brigante” è stato pubblicato da Mondadori nel 2013.
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