Tratto dal libro di Carlo Perugini
“La leggenda della ruzzola del formaggio e altri racconti”
di prossima pubblicazione:
I fagioli della Regina
Il barone Saverio Golino, proprietario di vasti tenimenti sulla collina della Praianella, tra Pontelandolfo e San Lupo, aveva una fattoria a contrada Mezzoculo.
La fattoria era molto ricca e produceva un sacco di cose: più di cinquanta vacche, dodici coppie di buoi, tori da monta e tutto il resto.
Anche i terreni erano molto estesi e producevano cose buone.
Il barone, come s’addiceva al suo rango, era molto devoto al Re e alla Regina: veniva invitato a corte, al palazzo reale a Napoli, specie quando c’erano le feste o in occasione di qualche cerimonia importante.
In virtù di tale rapporto privilegiato con la Corte Reale, il Barone aveva, da tempo, inoltrato un appello al Re, per avere la concessione per la costruzione di un mulino ad acqua nella Lenticella su un terreno di sua proprietà.
Ma, avendo il Re altri fatti prioritari da sbrigare, erano trascorsi diversi mesi senza che il barone avesse alcuna risposta.
Fu così che, alla prima occasione che ebbe di essere ricevuto da Sua Maestà la Regina, il barone gentilmente e garbatamente le chiese di intercedere a suo favore, presso il reale consorte affinché la sua richiesta venisse accolta.
Il Re diede attenzione al sollecito della reale consorte e subito firmò la bolla di concessione. Il barone Golino ebbe così il permesso reale per la costruzione del mulino, nel tenimento di Pontelandolfo.
Il barone fu felice.
Decise di ringraziare sua Maestà Reale, con un dono adeguato ma che non sembrasse troppo appariscente.
D’altra parte,che cosa regalare ad un Re o a una Regina che possiedono già tutto?
Il Barone era in dubbio, gli venne in mente che la Regina, come era noto a,tutti, soffriva di un disturbo molto particolare.
Era una donna delicata e di classe e piena di tante virtù ma, purtroppo, aveva, talvolta, qualche piccolo problema con il suo reale intestino.
Come i comuni mortali, infatti, quando mangiava i legumi, soffriva di produzione in eccesso di gas nella pancia, e questo disturbo, sia pure tollerato nei comuni mortali, mal si s’addiceva ad una donna di rango come Sua Altezza Reale.
I micidiali legumi, che impropriamente fermentavano nelle nobili interiora, producevano gas che, spesso, dopo aver dato spasimi al reale apparato digerente, si trasformavano in inopportune flatulenze che creavano non poco imbarazzo alla sovrana e alla sua corte.
La situazione, già grave di per se, era peggiorata dalla passione smodata della Regina per i fagioli e, talvolta, degli umili legumi, doveva privarsi per evitare il peggio.
Il barone Golino, a conoscenza del fatto, decise di fare un dono speciale alla sua graziosa maestà.
Chiamò il suo fattore che gestiva il fondo alla Praianella e gli chiese di portargli un sacchetto dei fagioli speciali, che lui coltivava nel fondo.
Questi fagioli avevano una caratteristica particolare: a differenza degli altri, la buccia era sottilissima e molto digeribile e quindi non fermentavano nelle viscere e non creavano fastidiosi gas negli intestini.
Dapprima il barone fu dubbioso. Gli sembrava un dono troppo triviale. Ma dopo averci pensato bene, decise di rischiare e fu così che il barone fece dono alla Regina di Napoli di un bel sacchettino dei suoi pregiati fagioli.
La regina apprezzò tantissimo il dono. Prima di tutto li apprezzò al gusto e poi non ebbe, pur mangiandone in abbondanza, nessuna conseguenza.
Fu talmente contenta del dono ricevuto, che fece convocare a corte il barone, per ringraziarlo personalmente e chiedergli da dove provenissero tali gustosi legumi.
Il barone fu contento che il dono fosse stato apprezzato e le svelò che tali fagioli erano coltivati nel suo fondo a Pontelandolfo: che richiedevano cure particolari per la coltivazione e che non si trovavano in nessun altro posto del regno
La regina fu molto compiaciuta di avere nel suo regno tale prelibatezza e da allora, non mangiò alcun altro fagiolo se non quelli coltivati a Pontelandolfo.
Per questo motivo i fagioli furono chiamati i “ Fagioli della Regina” e ancora oggi, come allora, deliziano la nostra tavola.
Carlo Perugini