1. I Carabinieri nella lotta contro il brigantaggio
Con l’Unità d’Italia i Carabinieri dovettero sostenere la lotta al brigantaggio nell’Italia Meridionale, attività che si svolge in un arco di tempo che va dal 1860 al 1900 e oltre.
Tale fenomeno, che in primo tempo (1860-1870) ha carattere politico, va man mano scomparendo per prendere l’aspetto di delinquenza comune. I Carabinieri sostennero questa lunga campagna proprio quando “l’Arma regia” estendeva la sua organizzazione territoriale su tutta la penisola e subiva all’interno una profonda trasformazione.
Si è visto come per poter entrare a far parte dei Carabinieri fosse necessario saper leggere e scrivere, almeno mediocremente. Se si pone l’attenzione al fatto che in quel tempo in alcune regioni il 90 per cento della popolazione era ancora analfabeta, si può comprendere come nelle campagne e nei centri più sperduti della penisola i carabinieri, proprio perché sapevano leggere, divenissero, oltre che i «tutori dell’ordine», anche gli interpreti della legge. I Carabinieri affrontarono in questo periodo anche il fenomeno del banditismo, che assunse in alcuni momenti l’aspetto di una vera e propria guerra civile; particolarmente pericolosi erano gli ex-militari borbonici, che si erano dati alla macchia dopo l’unificazione della penisola.
Tali soldati godevano della omertà della popolazione, ma pur tuttavia, prima della fine del 1800, il banditismo venne sconfitto e tra le bande che vennero quasi distrutte si possono ricordare quella di Cosimo Mazzeo, detto «Pizziehicclúo» operò nelle Puglie, quella di Domenico Tiburzi, brigante maremmano, quella del bandito Giuseppe Mussolino, operavaa in Calabria, il brigante più famoso del secolo, per l’arresto del quale il Governo italiano spese la cifra record di un milione di lire e da ricordare infine, il famoso bandito Giuseppe Nicola Summa, soprannominato “Ninco Nanco” che spadroneggiava nella zona di Potenza.
Il Brigantaggio in breve tempo si diffuse nell’Italia meridionale, anche per gli aiuti in denaro ed in anni che gli venivano dallo Stato pontificio,nel quale si erano rifugiati i Borboni detronizzati. Alfredo Oriani ci ha dato una acuta analisi del sorgere di questo fenomeno sociale. «Le prime bande erano manipoli degli eserciti borbonici congedati da Garibaldi, che dalla condizione di gendarme, unico ufficio dei soldati sotto il governo di Ferdinando II e di Francesco II, passavano a quella di bandito. Il momento non poteva essere per loro più propizio; i municipi abbandonati a sé medesimi, disciolta la polizia, la guerra ancora accesa, il saccheggio facile, preti, signori e re complici del disordine per speranza di recupero. All’infuori delle più grosse città, ove la cultura delle idee aveva sviluppato l’italianità del sentimento, tutto il resto del paese si sentiva conquistato come da signoria straniera.
Infatti l’accentramento del nuovo governo in queste province abituate alla rilassatezza dell’antico regime, si annunciava al sentimento insubordinato delle masse come una servitù: il servire nell’esercito piemontese fuori dai confini del reame differiva troppo dal servire nella milizia borbonica, che non aveva in questo secolo mai dato vere battaglie; l’aumento delle imposte, inintellegibile allo spirito oscuro della moltitudine, diventava spogliazione; la guerra dell’Italia al papa si mutava nella superstizione popolare in guerra di religione; l’unità italiana minacciava d’annullamento l’individualità napoletana rimasta distinta da ogni altra in tutti i lunghi periodi della storia italica. Il popolo napoletano non era più affine ai piemontesi di Vittorio Emanuele che ai francesi di Murat; ma quelli, invece che mercenari ai servigi di una dinastia desiderosa di fondarsi nel paese, erano tutta l’Italia del Nord, che invadeva il Mezzogiorno preparandosi a mutarlo, battendogli già sull’intelletto e sul cuore col martello della modernità. La reazione scoppiò feroce, spontanea, simultanea». L’unità c’è, ma il popolo non vede nè benefici, né cambiamenti nell’ordine sociale, vede solo nuove leggi fatte osservare da funzionari settentrionali agiati ed onesti. Il «carabiniere» ed il «magistrato» sono per lui i simboli dell’unità d’Italia, alla quale continua a pagare il tributo di sette anni di servizio militare dì leva, in applicazione della legge piemontese. Il fenomeno del brigantaggio è imponente e può disporre di capi abili, capaci di esercitare autorità e prestigio, come il famoso Carmine Donatelli, di Rionero, detto Crocco e quel José Boriez di origine catalana, venuto volontariamente dalla Spagna con la convinzione di combattere una causa sacrosanta. Il brigantaggio si diffonde nella Campania e nella zona appenninica, che oggi fa parte delle province di Campobasso, Caserta e Benevento.
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