Riti Settennali tra leggende e polemiche spiegati da un guardiese
Ogni sette anni si celebrano a Guardia Sanframondi i Riti Penitenziali in onore della Vergine Assunta. Un’antica tradizione che ancora oggi desta in molti sospetti e diffidenze, non solo a livello religioso. Proponiamo di seguito dei versi dialettali che dovrebbero far comprendere la profonda devozione espressa nei Riti.
Sono ancora fresche le polemiche innescate dall’articolo del Corriere sulle presunte infiltrazioni malavitose nei Riti settennali di Guardia Sanframondi, sdegnosamente respinte dal primo cittadino Floriano Panza. Ma in cosa consistono i Riti? Ce lo illustra brevemente il professore, in pensione, Silvio Falato.
“La statua dell’Assunta porta in braccio un bambinello che tiene in mano una “spugnetta”, una sorta di sughero in cui sono conficcati una trentina di spilli. La Statua non può essere mossa se non accompagnata dai “Battenti”, incappucciati che si percuotono a sangue, con spugnetta appunto, il petto per tutto il corso della Processione, che dura sette o otto ore”, spiega il professore Falato.
Ma quali sono le origini di questa tradizione?
“E’ viva la leggenda che i Guardiesi, in gara con gli abitanti dei paesi vicini sulla destinazione da dare alla statua, trovata per caso da un agricoltore mentre arava il campo, riuscirono, battendosi a sangue, ad alleggerire la sacra icone, appesantitasi inspiegabilmente, e a portarla nel tempio del loro paese”.
Nella speranza che si possa capire il vero spirito che anima la Processione dei Battenti dell’Assunta a Guardia Sanframondi il professore ci fa dono di alcuni versi dialettali, tradotti in italiano, che riportiamo di seguito.
Il battente neofita
Pure colui che la Chiesa non se la sogna nemmeno
nel cuore tiene sempre la Madonna,
e, quando arriva il momento di cacciarLa,
non ci sono Santi! Solo a Lei dobbiamo pensare.
Appena fatto giorno, pronto è il fagottino,
con camice, crocifisso e spugnetta.
Con timore lo prendo sotto il braccio
e, uscendo, già faccio il segno della croce.
Zitto e solo, in un vicoletto,
che porta dritto alla bella chiesa,
mi faccio l’esame di coscienza:
“Sono pronto a fare questo (così difficile) tipo di esperienza”?
Penso ai peccati che ho fatto
e ai motivi per cui ci andiamo a battere;
ma sento, come pulce nell’orecchio,
una voce riecheggiante della vecchia nonna:
“Ricordati, tutte queste scalinate
del sangue del trisavolo sono macchiate
e che il padre del nonno e del bisnonno
si battevano con la Madonna in processione”.
Quanta forza mi danno queste parole,
e mi portano la pace nel cuore!
Mi convinco che pure io adesso devo fare
quello che è stato fatto da papà.
Risoluto, scendo vicoli e vicoletti
e incontro angeloni e verginelle,
guerrieri, principini e damigelle,
tutti pronti per i bei misteri.
Davanti alla chiesa due adolescenti
agitano e suonano due campanelle:
Ti passa per le orecchie, come vento,
un suono più squillante dell’argento.
Intorno c’è un’aria che ti incanta,
ti solleva fino al cielo e poi ti ammanta;
ognuno porta sulle labbra il sorriso,
ti sembra di stare con Dio in Paradiso.
Questo profumo di pace, fatto di tradizioni,
di Fede e di attaccamento al (proprio) Rione,
ti dà coraggio, insieme a tanta forza,
se il dolore ti stringe come una morsa.
Fermo e deciso, ascolti al momento clou:
(il grido) “Battetevi in nome dell’Assunta!”
E davanti agli occhi, come in una stella,
(appare e) sorride l’avo con la Bella Assuntina.