Gli Austriaci nel Regno di Napoli
Carlo II di Spagna salì nel 1665 ai troni dei Regni spagnoli e delle Americhe; e di Sardegna, Sicilia, Napoli e Milano. Senza eredi e malato, fu quasi un segno della decadenza del troppo grande “impero castigliano”, e la sua scomparsa, che si temeva imminente, suscitò l’attenzione delle diplomazie europee e dell’opinione pubblica più accorta. Si formularono diverse ipotesi, facendo leva sulle eventuali pretese alla successione e sui legami dinastici, il più ovvio dei quali era quello dei due rami della Casa d’Asburgo.
Come arrivarono gli Austriaci a Napoli
Nel 1555 Carlo V, abdicando, aveva lasciato il titolo imperiale al fratello Ferdinando, arciduca d’Austria e re di Boemia e di quanto restava dell’Ungheria; ma i troni iberici al figlio Filippo II, che, a onta delle titolature, ereditava il nerbo della potenza asburgica; ed esercitarono, egli e i suoi successori, una supremazia di fatto sui congiunti di Vienna. Questi con la Guerra dei trent’anni perdevano anche di diritto l’autorità imperiale, dovendo riconoscere l’autonomia dei moltissimi troni germanici; e, proprio per questo, ripiegando sopra una meno vasta ma più compatta identità danubiana, e stringendo attorno alla Casata i diversi popoli tedeschi, slavi e ungheresi dell’Europa Centrale. Praticarono una politica di matrimoni (“bella gerant alii, tu, felix Austria, nube”) e alleanze, che li condusse a riconquistare l’Ungheria e a pesare di più negli equilibri instabili del continente.
In più documenti della letteratura e storiografia meridionali del XVIII secolo troviamo cenni che fanno pensare a un dibattito in atto sulla successione; e mentre qualcuno come l’economista Giuseppe Serra si spingevano fino a propugnare l’indipendenza, pensatori come il padre Fiore o il gesuita Destito appaiono molto vicini a simpatie per gli Austria. Non si trovano simpatizzanti per i Savoia, che pure affacciavano pretese. Troviamo persino una sia pur vaga notizia di congiure antispagnole e probabilmente filoaustriache, tra cui un progettato attentato alle autorità nel teatro di Cosenza per mezzo di esplosivo!
Carlo II, nonostante la sua palese debolezza anche personale, non moriva; e quando ciò accadde addirittura nell’anno 1700, si apprese che aveva lasciato erede Filippo di Borbone, pronipote suo ma anche di Luigi XIV; questo così inopinato dono alla Francia non poteva essere sopportato, e scatenò la Guerra di successione spagnola, inizialmente a favore di Carlo d’Asburgo, che conquistò i troni italiani; ma quando per eredità, divenne l’imperatore Carlo VI, il problema dell’eccessiva potenza borbonica si rovesciò in eccessiva potenza asburgica, e si venne a un compromesso: Filippo di Borbone sarebbe stato re di Spagna e delle Americhe, ma avrebbe ceduto a Carlo VI i Paesi Bassi (attuale Belgio) e Milano, Napoli e la Sardegna; la Sicilia sarebbe passata a Vittorio Amedeo II di Savoia con titolo di re, ma nel 1720 venne scambiata con la Sardegna. Le paci del 1713 e ‘14 sancirono l’intesa.
Viceré e amministratori austriaci e milanesi tentarono con oneste intenzioni di riordinare un regno che da decenni era un po’ abbandonato a se stesso e in debolezza economica; ma erano troppo freddi, rigidi e burocratici, e non riuscirono a suscitare molta affezione di nobiltà e popolo. Ciò fece rinascere un partito spagnolo, che, come diremo un’altra volta, porterà al 1734.
Come se ne andarono gli Austriaci da Napoli
Abbiamo narrato come gli Austriaci arrivarono nel regno; ora narriamo come se ne andarono. L’eccessiva crescita degli Asburgo di Vienna, predominanti in Italia, suscitò la reazione dei Borbone di Francia e Spagna; qui Filippo V, vedovo di una Savoia, aveva sposato Elisabetta Farnese duchessa di Parma e ultima erede della Casata.
La Guerra detta di Successione polacca, di fatto per la ristrutturazione della nostra Penisola, ebbe, per quanto ci riguarda, questo esito: nel 1734, l’esercito spagnolo del conte di Montemar sconfisse a Bitonto gli Austriaci, e impose sul trono di Napoli e di quello di Palermo il figlio di Filippo V di Borbone ed Elisabetta, Carlo.
Ed è a Bitonto che, per la prima volta, compare il concetto di indipendenza dell’Italia, con la bella lapide dell’obelisco carolino e la dicitura “ITALIACAM LIBERTATEM”.
Autore: Ulderico Nisticò
In copertina è ritratto “Vista del porto di Napoli nel 1700”, dipinto di Gaspare Vanvitelli, fonte dalla rete
Ulderico Nisticò, saggista, docente di italiano e latino, studioso di tradizionalismo
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