Fragneto Monforte festa di San Nicola

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DESCRIZIONE PERCORSO
IL CAMMINO DI SANTUNIKOLA da FRAGNETO MONFORTE (BN) a BARI
ROBERTO PELLINO – geologo

Il cammino di SantuNikola è un percorso storico-naturalistico che attraversa i territori della media-bassa valle del fiume Tammaro, dell’alta valle del Fiume Miscano, della Daunia, e del Tavoliere Pugliese, compresi nelle province di Benevento, Avellino, Foggia e Bari. La morfologia del territorio attraversato fino al valico dell’Appennino Dauno, è formata da dolci colline sabbiose-argillose con intervalli frequenti di grossi massi calcarei, contornata da una fitta rete di torrenti e valloni, tali da determinare una serie continua di creste e valli, facendo assumere al paesaggio interessato un carattere armonico. Superato il valico appenninico si presenta davanti al nostro cammino l’immenso Tavoliere delle Puglie, con una morfologia pressocchè pianeggiante.
Il percorso individuato è stato suddiviso in cinque tappe e misura circa 180 km.
Esso, si sviluppa seguendo le tracce di antichi tratturi e vie, come il Regio Tratturo “Pescasseroli-Candela” fino all’abitato di Casalbore; poi segue un tratturello fino alla località Tre Fontane e da qui segue l’antico percorso della Via Traiana, anche se con qualche variante nei pressi di Troia e in prossimità dei vari centri abitati pugliesi attraversati, dove, per effetto di una diffusa antropizzazione la traccia dell’antica via non coincide con gli attuali percorsi viari.
I centri abitati e le località attraversate sono: Fragneto Monforte, Fragneto L’Abate, loc. Monteleone (Pesco Sannita), loc. Scardalana (Pesco Sannita), loc. Santa Barbara (S.Marco dei Cavoti), loc. Calise (S.Giorgio la Molara), loc. Monte Chiodo (Buonalbergo), Casalbore, c.da Malvizze (Montecalvo Irpino), loc. Tre Fontane (Castelfranco in Miscano), Faeto, loc. Monte San Vito (Faeto), loc. Monte S. Trinità (Celle San Vito), Giardinetto (Troia), Castelluccio dei Sauri, loc. Ponte Nuovo (Ordona), Stornarella, loc. Pozzo Terranneo (Cerignola), Canosa di Puglia, Corato, Ruvo di Puglia, Bitonto e Bari. Altri territori comunali attraversati sono Andria e Terlizzi.
I tappa…… Fragneto Monforte (BN) – Faeto (FG)
Si parte dal centro abitato di Fragneto Monforte e si prosegue in direzione del vicino abitato di Fragneto l’Abate “detto Fragnitiello”, per poi giungere al “Ponte di Pesco” sul F. Tammaro (circa 6 km dalla partenza), si prosegue alla sinistra del ponte su una strada rurale, in lieve salita, fino a giungere in loc. Monteleone, un alto topografico che domina la sottostante valle del F. Tammaro. Da qui, con lo sguardo rivolto verso sud-est si riesce ad individuare la traccia del Regio Tratturo fino a Monte Chiodo, sono visibili il Toppo Santa Barbara e gli abitati di S.Giorgio la Molara, Pago Veiano e Pesco Sannita.
Ora il cammino procede in discesa prima su una strada asfaltata fino alla loc. Scardalana e poi su un sentiero in terra che costeggia il fiume Tammaro fino a giungere all’imbocco del Regio Tratturo “Pescasseroli-Candela”. Da questo punto, si segue la traccia del tratturo fino a Casalbore, su un tracciato in terreno misto a pietrame con un dislivello di circa 300 m. La prima parte del tracciato del tratturo si effettua in discesa, si passa nei dintorni di una masseria fortificata “il Casino con una piantagione di oliveto della Marchesa di San Marco” e alle spalle di questa, è visibile la “chiesa rupestre di Santa Barbara” posta sulla sommità dell’omonimo toppo in un punto dominante rispetto alle valli sottostanti. In questa area, sono stati ritrovati i resti di una cinta fortificata di mura megalitiche di origine sannita, e successivamente vi fu il primo insediamento di S. Marco (XII sec.) appartenente al feudo di S. Severo. Continuando a seguire l’evidente traccia erbosa del tratturo, ora su un percorso pianeggiante, si passa prima nelle vicinanze del “Mulino Jelardi” con un grosso pino che gli fa ombra, il mulino è una struttura semidiroccata e conserva ancora il suo aspetto fortificato con la caratteristica torre piccionaia. Si attraversa il T. Tammarecchia su un ponte carrabile e dopo un po’, sempre passando su un ponte carrabile, si attraversa il fiume Tammaro. Giunti a una biforcazione si prende la strada a sinistra, si giunge, così, in loc. Calise, qui sono ancora visibili i resti dell’Antica Taverna (punto di sosta sul “R.T.” ) che conserva ancora parti del carattere originario, specie in facciata. Attraversiamo la piana di Calise. Si nota la disposizione delle abitazioni e dei recinti in allineamento su entrambi i versanti con le linee di confine del tratturo. Si affronta, ora la parte in salita, si attraversa un corso d’acqua, il T. Sanzano, a forte carattere torrentizio e si continua a camminare raggiungendo un incrocio stradale, località “Taverna Soffocata”. Riprendiamo a salire e attraversiamo una zona in cui vari valloncelli tagliano perpendicolare il sentiero, dopo di che, il tracciato diventa di nuovo pianeggiante e giungiamo così, nei pressi di Buonalbergo in loc. Monte Chiodo. Passiamo accanto alla Taverna posta ai piedi del monte in un’area in cui probabilmente sorgeva un abitato di origine sannita. La struttura della Taverna conserva ancora la tipologia ricorrente dei manufatti posti lungo i percorsi fratturali. Infatti, era un tempo usata come luogo di sosta durante la transumanza, la facciata principale si distingue per la presenza di due torrette cilindriche angolari, di aspetto difensivo. Nella zona centrale c’è una loggia a tre archi. In corrispondenza del fronte laterale destro è collocata una fontana in pietra squadrata con relativo abbeveratoio, che raccoglie le acque di una sorgente. Infine, seguendo sempre la traccia del tratturo, che coincide con una strada asfaltata, si giunge dopo circa 5 km nell’abitato di Casalbore. L’abitato, risale all’anno 1000 in epoca normanna, furono allora costruiti il suo castello e le sue mura, attorno al castello è raggruppato tutto il borgo, che, in origine aveva ben cinque porte di accesso, tra cui porta Fontana ben conservata a doppio arco. Fra le contrade Spineto, La Guardia e Sant’Elia sono state ritrovate delle necropoli con tombe a fossa risalente al VI sec. a. C. . In loc. Macchia Porcara è visibile lo scavo un tempio italico ad una cella che rappresenta un edificio templare di età sannitica; era probabilmente dedicato al culto della dea Mefite ed è stato abbandonato durante la seconda guerra punica. Nei dintorni della chiesa di Santa Maria dei Bossi sono stati rinvenuti altri reperti di età sannita, romana ed altomedioevale. Dalla piazza del centro abitato, si lascia la traccia del R.T. e ci dirigiamo verso la valle del T. Ginestra e dopo averlo attraversato si giunge in loc. Malvizza, dove si rileva l’antica Taverna del Duca, la masseria di Stiscia, con l’annessa chiesa, il casino e la masseria di Manzella, un lungo abbeveratoio e altre costruzioni abbandonate che erano adibite a stalle o a depositi. La Malvizza è una sconfinata distesa di terre assolate d’estate e percosse dalla gelida bora nel periodo invernale. Terra di passaggio per la Puglia e percorsa da vecchie e dismesse strade preromane e romane, nonché dal Regio Tratturo “Pescasseroli-Candela”, che conserva ancora quel tipico fascino che promana dalle terre che gli antichi ritennero sacre. Essa, è anche famosa per un tipico fenomeno di origine geologica, le “Bolle”, che più correttamente andrebbero indicate con il loro nome scientifico di “Mofete”, si tratta di una distesa di fango nella quale si aprono piccolissimi crateri dai quali fuoriescono acqua, fango e gas. I fanghi detti “freddi” (in realtà tiepidi, e comunque mai bollenti) nella cui composizione si alternano argille, calcare ed in minori quantità altre qualità di minerale. Naturalmente la tradizione popolare nei secoli ha dato una interpretazione diversa di questo fenomeno. La leggenda vuole che le bolle siano sorte laddove un terribile oste gestiva una taverna; la taverna aveva molti avventori, i quali tuttavia ignoravano che la carne servita dall’oste fosse carne umana, quella dei clienti che egli derubava ed uccideva. A questo punto il racconto assume una doppia versione di cui l’una vuole l’oste e la taverna distrutti dal Demonio, rivale nel male, e l’altra da Cristo o da San Nicola, offesi dal perpetuarsi di tanta malvagità. Nell’uno o nell’altro caso la terra si aprì, e la taverna sprofondò con il suo oste maledetto negli inferi, lasciando aperta una “via infernale”, appunto le bolle. La tradizione popolare vuole che il 15 agosto di ogni anno si odano ancora venir su, tra il rigoglio dell’acqua, i lamenti dell’infame sprofondato. Gli antichi abitanti di questo territorio, prima i Sanniti, poi i Romani, consideravano la Malvizza un luogo abitato da spiriti, alcuni amici della popolazione, altri avversi. Tra questi, in particolare era temuta e al tempo stesso venerata la dea Mefite, divinità presumibilmente di origine osca, il cui nome (Mefitis) significava “colei che fuma nel mezzo”. Inizialmente protettrice delle sorgenti, e allo stesso tempo dei campi, delle greggi e in generale della fecondità, in seguito venne sempre più spesso collegata ai fenomeni termali (acque e fanghi), probabilmente per i benefici che gli antichi ne ricavavano per la cura propria e degli animali. La dea Mefite era anche protettrice degli armenti, e sopratutto della transumanza che anticamente oltre a rispondere ad una necessità pratica aveva anche una marcata valenza rituale. E non è quindi un caso che molte aree sacre ubicate a ridosso degli antichi “tratturi” (appunto le vie della transumanza) fossero dedicate a Mefite. Si attraversa il “geosito”, e si percorre un sentiero in discesa fino al ponte Bagnaturo nella Valle del fiume Miscano e da qui si prosegue su un sentiero in salita fino alla Taverna Tre Fontane, che segna il confine amministrativo e non territoriale tra le province di Benevento, Avellino e Foggia e quindi tra la Regione Campania e la Puglia. La Taverna presenta una struttura a quadrilatero, l’interno è caratterizzato da un ampio cortile lastricato e vari ambienti tra stalle, cantina, forno e fontana, il tutto funzionale ad un tipo di vita autonoma, isolata rispetto ai centri urbani. L’origine della struttura risale al XVI sec. ed era adibita a stazione di posta, ubicata all’incrocio della Via Traiana con il tratturello Camporeale-Foggia. Da questo punto si procede sulle tracce dell’antica Via Traiana e dopo alcuni km si giunge prima al “villaggio turistico S. Leonardo” uno scempio di costruzioni e di malcostume degli anni 80-90, e poi nel centro abitato di Faeto. Il paese è arroccato sul fianco orientale del monte Perazzoni a 866 m slm, e insieme a Celle SanVito rappresenta una colonia francoprovenzale del 1300. Il centro storico presenta ancora un architettura medievale dove svetta su tutto la “Torre Campanaria” situata nei pressi di una delle antiche porte. Merita una visita il Museo Etnografico delle Comunità Francoprovenzali di Faeto e Celle San Vito, situato nella Casa del Capitano (XV-XVI sec.). Dal punto panoramico, subito dopo Palazzo Spinelli, è possibile vedere l’immenso tavoliere fino a Foggia, il Mar Adriatico, il m.te Cornacchia 1151 m slm (il monte più alto della Puglia) e il Promontorio del Gargano. Una curiosità particolare è rappresentata dalla toponomastica stradale bilingue, in virtù delle origini francoprovenzali del paese.
II Tappa…… Faeto (FG) – Stornarella (FG)
Da Faeto posto a circa 800 m s.l.m. ci si porta sul tracciato della antica Via Traiana e giunti presso il m.te San Vito si valica l’Appennino Dauno. Un passaggio obbligato sin dalla preistoria in virtù della bassa quota altimetrica del valico (circa 1000 m slm). Sul versante sud orientale, ai bordi della “Via” si erge un grande casale cinquecentesco e la cappella di San Vito. Il casale ha mantenuto nei secoli scorsi la funzione di ricovero dei viaggiatori con un osteria, ed ha perpetuato una mutatio, la “mutatio Aquilonis”. La mutatio prendeva il nome dal fiume Aquilone oggi Celone, che nasce ad ovest del monte ed appartiene già al versante adriatico. Sulla facciata del casale è murato un cippo con un iscrizione del 213 d.C. dedicata a Caracalla e che ne ricorda la località, (Imp. Caes. M. Aur. Antonino/Pio Fel. Aug., Parth. Max, Brit./max) Pontefic(i) max, /(tr.) pXVI, Imp II (II)/(p) rocos patri Patria (e)/ M.Aurelius Nigrinus (e)/vocatus Aug.n.impos(itus)/ordinibus in leg.II Tra. (de)/vocatus, numini eius eun (dem)/lucum Aquilonensem in (co) luit et consacravit IIIidus de (c)/ Aurelio Antonino Pio Felici Aug III cos – Un centurione M. Aurelio Nigrino che si era arruolato nell’esercito (evocatus) ed aveva avuto comando nella II Legione Traiana, ritiratosi poi a vita privata (devocatus) presumibilmente in questi paraggi aveva consacrato al culto imperiale il bosco (Lucum) che si estendeva attorno alle sorgenti del fiume (Aquilonensem).
Si cammina, attraversando lo spartiacque Tirreno-Adriatico tra gigantesche pale eoliche in un paesaggio brullo privo di vegetazione di alto fusto, si prosegue seguendo la strada semiasfaltata in direzione dell’abitato di Troia. Il nostro itinerario, non attraversa il centro abitato di Troia (la città romana di Aecae), infatti, subito dopo il monte Trinità si imbocca, a destra della direzione del cammino, un tratturello, abbandonando la traccia dell’Antica Via Traiana, mantenendosi alla sinistra idrografica del T. Sannoro, che ci conduce fino alla località “Giardinetto” SS 90 (Napoli–Foggia). Il tratturello, rappresenta una variante dell’Antica Via Traiana, esso si sviluppa su un percorso pianeggiante tra ampie distese di campi di grano e resti di antiche masserie fortificate e di strutture rurali. Siamo nel Tavoliere delle Puglie un immensa piana conosciuta nel passato come il “Granaio d’Italia”. Procedendo in direzione SE lungo la strada provinciale e oltrepassato il F. Cervaro si arriva nell’abitato di Castelluccio dei Sauri, da qui seguendo sempre la strada provinciale oltrepassiamo il F. Carapelle in località Ponte Nuovo e proseguiamo per una strada asfaltata che ci conduce su un tratturello nel territorio della antica città romana di Herdonia (Ordona). Herdonia, si sovrappose ad uno dei più importanti della Daunia, centro di un fertilissimo territorio e punto di convergenza di strade interregionali, quali quella per Ascoli Satriano, l’antica Ausculum, che permetteva come oggi un valico attraverso l’Appennino. I resti archeologici ne testimoniano una sua lunga storia urbanistica, che si chiude alla fine del Medioevo. Il tratturello presenta un fondo in terreno e pietrame e ci conduce fino alla Masseria Ferrante, attraversata la strada provinciale ci immettiamo di nuovo sul tratturello fino all’abitato di Stornarella.
III Tappa…… Stornarella (FG) – Canosa di Puglia (BA)
Da Stornarella in poi il percorso si sviluppa su una morfologia pianeggiante con un dislivello pressoché nullo. Dal centro del paese ci si incammina in direzione SE attraversando, prima, la loc. “I Tre Perazzi”, la S.P. Candela – Cerignola, e la loc. “Pozzo Terraneo”. Da qui, su un percorso che segue la S.P. per Canosa di Puglia si giunge presso un’antica masseria e una chiesa rupestre in loc. “Le Torri”. Il paesaggio che si attraversa è caratterizzato da ampie distese pianeggianti occupate da oliveti, vigneti e grano e di rado si intravede qualche masseria che ne testimonia la presenza antropica su un territorio prevalentemente rurale. Si lascia la strada provinciale e si prende a destra una strada rurale in direzione SE fino alla loc. “Ciminiera Torre” e da qui ci volgiamo in direzione orientale su una strada prima in asfalto e poi si devia su un tracciato in terreno che ci conduce al Ponte Romano sul fiume Ofanto (Aufidus) costruito lungo il tracciato della Via Traiana tra la fine del I ed il II secolo d.C. e punto di passaggio obbligato al di là del fiume. Il ponte è stato rifatto nel Medioevo ma che ricalca l’antico, a schiena d’asino su cinque arcate disuguale, con potenti pile frangiflutti in opera quadrata ed è fornito subito dopo di altre tre arcate minori per aiutare il deflusso in caso di piena. Conserva nel letto la soglia originale, lastricata in opera quadrata di calcare, il ponte antico si vede a destra del ponte attuale. In questo punto, quindi, ci riagganciamo sull’Antica Via e dopo aver attraversato il ponte, si prosegue accanto a due opere pubbliche che ne hanno in parte occupato l’originaria area di sedime, ovvero il Canale scolmatore delle Murge e la strada statale 98. Il tracciato prosegue, rettilineo e pianeggiante verso Canosa, con la prospettiva della collina del castello sullo sfondo, fino a raggiungere, segnalato da alcuni pini, il Mausoleo Bagnoli, monumento funerario di epoca romana in laterizio policromo della seconda metà del II sec. d.C.. L’area attorno a questo mausoleo è allargata da scavi che fanno vedere tombe minori e basi funerarie, mostrando come tutta la zona fosse occupata in età imperiale da una vastissima necropoli. Segue un altro mausoleo, chiamato Torre Casieri, a due dadi sovrapposti in laterizio su zoccoli in opera quadrata, pure databile al II sec.d.C. Infine domina l’ingresso in città un grande arco trionfale, sempre in laterizio attraversato dal tracciato della Via Traiana (metà del II secolo d.C.), oggi l’arco si trova all’interno di una proprietà privata. Procedendo verso il centro abitato, l’antico tracciato risulta completamente cancellato dalle espansioni moderne, in quanto l’antico asse svolge oggi la funzione di asse portante della zona industriale di Canosa. L’importanza del tracciato risiede però, ancora oggi, nell’esistenza di numerose emergenze archeologiche ed architettoniche che si allineano lungo di esso. Siamo così giunti a Canosa, l’antica Canusium, fondata secondo la tradizione da Diomede, una delle città più famose della Puglia, posta sulle riva dell’Ofanto al confine della Murgia con il Tavoliere, si collocava in un territorio tra la Daunia e la Peucenzia, venendo a controllare tutti i traffici del versante adriatico dell’appennino, legati al commercio granario e con la transumanza, a quello della lana. Attraverso Barletta, l’antica Bardali, ebbe anche un proprio porto, mentre la valle dell’Ofanto permetteva, attraverso Venosa, un facile valico per il Tirreno. Canosa fu città federata romana già dal 318 a. C. ed è stata anche la più antica diocesi della Puglia. Uno straordinario monumento della sua età medioevale è la cattedrale, una delle interessanti costruzioni romaniche in Puglia, con influssi orientali.
IV Tappa…… Canosa di Puglia (BA) – Ruvo di Puglia (BA)
Dall’abitato di Canosa si prende la S.P. n. 181 che coincide con il Tratturo dei Prugni fino all’incrocio con la S.S. 98 in loc. “Torre Lazzarelli”, da qui si procede lungo il tracciato dell’Antica Via Traiana che corrisponde con la S.P. per Corato. Si attraversa un immenso paesaggio rurale dove si rileva una diffusa coltivazione dell’olivo e della vite. Siamo in terra federiciana, infatti, si attraversa, il territorio comunale di Andria e in lontananza si scorge, posto sopra un colle la sagoma di Castel del Monte, noto per la sua inconfondibile forma ottagonale, per le suggestioni astronomiche e per essere il più misterioso tra gli edifici commissionati da Federico II di Svevia (intorno al 1240). Giunti nell’abitato di Corato, si evita il centro, per proseguire seguendo la direzione dell’antico tracciato della via Traiana, anche se con qualche difficoltà, in quanto le tracce sono del tutto scomparse occupate da una massiccia antropizzazione, comunque dopo circa 8 km si raggiunge il centro abitato di Ruvo di Puglia. Ruvo è posto su una collinetta con al centro la stupenda cattedrale romanica, corrisponde all’antica Rubi, uno dei più importanti centri della Peucenzia nel V e IV sec. A C., ad essa appartengono i famosi e i ricchissimi corredi della necropoli, specialmente le oreficerie, le importazioni di ceramica attica e la produzione di ceramica locale, diverse collezioni sono esposte al Museo Jatta. In età romana fu importante come Municipio ponendosi come tappa obbligata sulla via per Brindisi già prima della Via Traiana.
V Tappa…… Ruvo di Puglia (BA) – Bari
Da Ruvo ci si dirige verso l’antico tracciato della Via Traiana, posto a sud dell’abitato ai confini amministrativi con il territorio di Terlizzi, passante per Villa De Crescenzio. Il percorso presenta un fondo costituito da terreno e pietrame per una lunghezza di circa 15 km, fino ad incrociare la S.S. 98 nei pressi dell’abitato di Bitonto, l’antica Bisunti. La cittadina è priva di testimonianze monumentali evidenti per quanto si riferisce all’età antica, è però riguardevole per edifici di età medioevale ed in primo luogo per la bellissima cattedrale romanica. Da Bitonto, il percorso dell’antica via presentava un’alternativa, un percorso costiero che attraversava Bari e un percorso interno. Si attraversa il centro cittadino, la villa comunale e appena usciti dal perimetro urbano si cammina tra uliveti secolari fino a giungere nei pressi dell’aeroporto di Bari Palese, che occupa l’area attraversata dall’antica Via. Da qui si giunge in Viale Europa nel quartiere San Paolo alle porte di Bari, per poi proseguire lungo via Crispi fino al castello Normanno, e da qui ci inoltriamo nei vicoli della città vecchia fino alla Cattedrale di San Nicola. Il centro storico di Bari si è sviluppato in tempi antichissimi sul piccolo promontorio proteso ad oriente e raccolto intorno alla fortificazione del castello, la cattedrale e la basilica di San Nicola.

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