COSA HA DETTO IL SOTTOPREFETTO PIEMONTESE ENRICO PANIROSSI da ‘La Basilicata’ (Civelli, 1868)
Sulla drammatica situazione provocata nel sud dall’Unità vi sono diverse testimonianze, che provengono addirittura da autori piemontesi. Tra queste vi è quella del sottoprefetto Enrico Panirossi, il quale ne ‘La Basilicata. Studi amministrativi, politici e di economia pubblica’ (Civelli, 1868) scrive: “In Basilicata le imposte dirette e indirette assommano a ben 15 lire sulle scarse 50 di reddito.
Con 35 lire all’anno, il povero lucano dovrebbe nutrirsi, tener casa e famiglia, curarsi, far studiare i figli e, perché no?, sollazzarsi come gli pare. Ma le tasse sono le stesse che pagano tutti gli italiani! È questa l’estrema ingiustizia, perché quei tributi che appena sfiorano le ubertose pianure dell’alta Italia qui stremano e sfibrano una superficie in tanta parte alpestre, boschereccia e incolta, non irrigua e insidiata da tante intemperie. Lungo i cinque anni della Liberazione (*), si triplicarono addirittura le imposte, ma la terra non triplicò i suoi frutti né crebbe il suo valore.”Nelle Due Sicilie la pressione fiscale era pari al 20% circa del reddito prodotto, mentre nel regno subalpino raggiungeva quasi il 50% e poiché le leggi tributarie di quest’ultimo a partire dal luglio 1861 con decreti furono velocemente estese al Meridione, il dato indicato dal Panirossi sulla triplicazione delle imposte in buona misura risulta corretto. Per i coltivatori, però, il livello della tassazione, come fa notare il sottoprefetto, tutto sommato era sopportabile al nord, caratterizzato dai terreni altamente produttivi della pianura padana, mentre diventava intollerabile al sud, caratterizzato nella massima parte da terreni collinari, o addirittura montuosi, di modesta produttività.Nell’ex regno anche la giustizia divenne uno strumento della repressione e Panirossi nel suo libro ne descrive con estremo realismo lo stato disastroso. Ecco quello che, tra l’altro, il funzionario piemontese scrive: “I tribunali, arnesi di giustizia posticcia, frantoio che rompe le ossa e non consente riparo; un’ombra, un gesto, una parola sottoponevano gli incauti a un consiglio che, sebbene normalmente composto da galantuomini, li faceva complici ignari di odi, di amori, di vendette, di rancori, di calunnie che straziarono e capovolsero la giustizia … Tra le migliaia di reclusi ve n’erano di ogni età, sesso, stato civile e condizione; un ventesimo i fanciulli, altrettanti i decrepiti, un quarto le donne, un quinto coniugi strappati ai figli. Tra scatenio di passioni e furia d’accuse, fu prova sufficiente un testimonio solo e magari anonimo; per la maggior parte degli imputati valevano come confessione sicura di colpa le simpatie politiche del passato. Non vi furono interrogatori formali; fu soppresso l’inciampo superfluo della difesa; ma, se si fosse chiesto a moltissimi dei condannati il perché delle loro condanne, si può stare sicuri che non l’avrebbero saputo dire.” Parole, che non hanno bisogno di commento.*(strano modo di esprimersi: il Sud non era governato da una dinastia straniera e non aveva nessun bisogno di essere liberato)
Enrico Fagnano
Posted by altaterradilavoro on Mar 28, 2022