𝐂𝐡𝐞 𝐟𝐢𝐧𝐞 𝐡𝐚 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐢𝐥 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐥𝐞𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚?
Ma oggi vogliamo ricordarlo o no che il 𝟏𝟕 𝒎𝒂𝒓𝒛𝒐 del 1861 fu proclamata l’Unità d’Italia? Nessuno sa dire niente, la festa nazionale per la nostra benedetta e maledetta unità d’Italia resta italianamente nel mezzo, a bagnomaria. Se ricorderete, si pensò di dichiarare festa nazionale il 17 marzo del 2011, a 150 anni dall’unità d’Italia; tutto era partito da una mia proposta nel comitato dei garanti per gli anniversari nazionali che fu accolta. Ma si decise di istituire solo per il 2011 la festa dell’Italia, un anno e poi basta. Patriottismo una tantum… Poi si parlò di declassarla a solennità civile. Poi nulla. Ma di festa popolare e nazionale, festa nelle scuole e nei luoghi pubblici, manco a parlarne.
Ora io credo che un Paese debba avere la minima dignità di ricordare la data in cui si unì. Lo deve fare anche per ricordare il passato diviso, le pagine buie, le motivazioni di coloro che si opposero al Risorgimento e all’Unità. Motivazioni che sono veramente trasversali: leggetevi Gramsci e capirete le ragioni della diffidenza dei socialisti e dei comunisti anche nel nome dei contadini. Ma leggete pure le ragioni della contrarietà dei cattolici o dei meridionali, dei difensori degli Asburgo o dei Borbone. Ragioni rispettabili, a parte le esagerazioni revansciste. Ma ciò non toglie un paese adulto e civile abbia il dovere di ricordarsene. Ciò non toglie che l’Italia esiste e fino a prova contraria è la nostra Nazione, sancita dalla Tradizione e dalla Costituzione, dalla lingua e dalla malalingua. Aggiungete pure altre due considerazioni. La prima: non abbiamo una sola festa che celebri l’unità d’Italia, abbiamo la festa della Liberazione imperniata sulla dolorosa guerra civile e abbiamo la festa della Repubblica, impiantata sulla spaccatura a metà tra monarchia e repubblica. Il 4 novembre non è più festa da un pezzo. Non abbiamo una festa degli italiani e dell’Italia tutta. Una festa nata per unire, usando il bel motto del felice spot della Difesa per i 150 anni.
Allora dico al Presidente del consiglio, ai ministri della Difesa e dei Beni culturali, della Pubblica Istruzione e della Gioventù: che aspettate a rianimare l’istituzione della festa nazionale? Scuole chiuse, discorso alla nazione, festa popolare in tutta Italia.
Non dite che con i problemi che ci sono non è il caso di festeggiare, perché con questa logica dovremmo stare sempre in lutto stretto a piangere miseria sull’Italia. Se volete trovare una formula non lesiva di nessuno, nemmeno della Lega e degli antirisorgimentali cattolici, terroni e socialisti, ripartite da lontano, dall’Italia nazione culturale, cioè dall’Italia antica e medievale, dall’Italia della lingua e della letteratura italiana, dall’Italia primatista mondiale dei beni culturali e dall’Italia erede di una civiltà giuridica e un Impero che unì i popoli, e sede di un papato universale. Poi rendete omaggio anche a chi si oppose o patì l’Unità d’Italia, date spazio anche a letture critiche, siate inclusivi nelle celebrazioni d’Unità. Ma rifate la festa all’Italia, un sobrio amor patrio ci vuole ancora. Un paese che non si ama non si salva.