Tra il 1861 e il 1870 si contavano 388 bande di patrioti meridionali che combattevano contro gli invasori piemontesi
- Le parole dell’ambasciatore del Regno delle Due Sicilie a Londra: “Non si fucilano sommariamente numerosi sudditi fedeli al loro re col pretesto che sono dei briganti?”
- Nel Sud Italia, tra il 1861 e il 1870 andò in scena una guerra civile che i pennivendoli italiani hanno nascosto definendo “briganti” i protagonisti di una grande rivolta popolare contro il ‘fango umano’ arrivato dal Nord Italia
Le parole dell’ambasciatore del Regno delle Due Sicilie a Londra: “Non si fucilano sommariamente numerosi sudditi fedeli al loro re col pretesto che sono dei briganti?”
“Le popolazioni delle Due Sicilie devono veramente rallegrarsi del nuovo regime al quale vogliono sottometterle contro le loro tradizioni ed i loro interessi? Non è stato occupato militarmente tutto il regno? Non si fucilano sommariamente numerosi sudditi fedeli al loro re col pretesto che sono dei briganti? Non ci si affanna ad imprigionare a centinaia gli individui che si pronunziano in una maniera qualsiasi contro l’annessione o in favore del loro sovrano legittimo?». Con queste parole nel febbraio del 1861 l’ambasciatore borbonico a Londra denunziava al governo inglese la precarietà della situazione nel Mezzogiorno. Nell’inverno 1860-61 inizia il grande brigantaggio; bande armate si andavano costituendo un po’ dappertutto, vi accorrevano ex soldati borbonici già congedati o “sbandati”, renitenti ai richiami, disertori, evasi dalle carceri, contadini e montanari ansiosi di libertà, di bottino e di vendetta. Qui inizia il racconto dettagliato di Franco Molfese, che ha potuto consultare archivi di Stato, biblioteche. E’ un susseguirsi di nomi di comandanti briganti e di località, di continui scontri con gli eserciti regolari provenienti dal Nord e con la Guardia nazionale. L’epicentro degli scontri è stata la Basilicata nei boschi del Volture e di Lagopesole, di Rionero, dove primeggiava Carmine Crocco con la sua nutrita banda ed il suo luogotenente Giuseppe Nicola Summa, detto Ninco-Nanco.
Nel Sud Italia, tra il 1861 e il 1870, andò in scena una guerra civile che i pennivendoli hanno nascosto definendo “briganti” i protagonisti di una grande rivolta popolare contro il ‘fango umano’ arrivato dal Nord Italia
Il Molfese, nell’appendice terza del suo libro, pubblica un elenco delle bande brigantesche attive fra il 1861 e il 1870 e ne individua ben 388 (trecentottantaotto), dalle piccole, composte di pochi individui (5-15), fino alle grandi, che raggiunsero e superarono talvolta i 100 uomini, con punte fino a 300-400. Molti sono nomi noti altri meno. In questo elenco di bande cita i nomi di Giovanni Piccioni, Luigi Alonzi (Chiavone), il generale carlista Rafael Tristany nella Terra di Lavoro, e Stato Pontificio; di Cipriano e Giona La Gala, Agostino Sacchitiello nell’Irpinia e Salernitano; di Carmine Donatelli (Crocco), Giuseppe Nicola Summa (Ninco-Nanco), Giuseppe Caruso in Basilicata; Sergente Romano in Terra di Bari e Terra d’Otranto. Crocco al suo comando aveva formato una vera e propria costellazione di bande guidate da risoluti ed astuti capi contadini. Queste bande arrivarono a minacciare anche i grossi centri del Meridione come Caserta, Benevento, Potenza. Scrive Molfese: «Le forze dell’esercito e le guardie nazionali sostennero il peso della lotta con non poca difficoltà. Il nemico agiva di sorpresa, mobilissimo, si ritirava fulmineamente dopo aver colpito, tendeva agguati continui, si batteva soltanto in condizioni favorevoli di tempo, di luogo e di forze. Le continue perlustrazioni non davano risultati apprezzabili; le piccole bande sfuggivano ad ogni rete: le bande più grosse, non appena strette davvicino, si frazionavano e si disperdevano. Gli scontri […] si riducevano in genere ad uno stillicidio di scaramucce con perdite esigue da ambedue le parti, ma che comportavano un grande logorio di forze fisiche […]». Meglio di così non si può descrivere la guerriglia ingaggiata dai briganti con i militari regolari.
Posted by altaterradilavoro
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